Provo
dare una lettura un po’ diversa di quanto è successo nelle urne sulla falsariga
del post di ieri, laddove rilevavo come l’andamento della
spesa pubblica subisca l’andamento dello sviluppo contraddittorio del modo di
produzione capitalistico e della lotta tra le classi. Tale assunto, mi pare sia necessario per guardare e
riassumere in modo corretto il riflesso che le politiche economiche inevitabilmente
producono anche sotto il profilo elettorale. Infatti, le forme più o meno
“democratiche” di gestione politica, rilevano un aspetto non marginale del
circolo vizioso in cui si dibatte la borghesia soprattutto nelle situazioni
nazionali ove essa è costretta a svelare troppo sulla natura camuffata della
sua dittatura reale.
Noi
veniamo da un periodo nel quale gli sfruttatori politici degli sfruttati e
degli ingenui, ambiziosi pescecani ai quali la borghesia imperialista ha
affidato il compito di suonare il piffero della democrazia borghese, hanno
fatto di questo paese un baraccone della burocrazia parassitaria, dello spreco
più sfacciato, delle scorribande più incredibili tra banche, fondazioni,
partecipate, eccetera. Il tutto nel quadro travisato della cosiddetta
“integrazione europea”, un processo che ha la pretesa di creare un’interdipendenza
tra Stati diseguali, sotto l’egemonia del capitale tedesco-americano.
Tale
progetto d’ingegneria istituzionale e politica è realtà ben consolidata che
risponde agli interessi economici esclusivi della borghesia imperialistica e
anzitutto dei suoi segmenti più forti, a cominciare, come detto, da quello
germanico. La dominanza politica
degli Stati più forti su tutta l’area, sostenuta dalle istituzioni europee – in
primis la Bce – , si traduce in una interdipendenza economica sotto il
dominio del capitale più forte, quindi
con la gerarchizzazione e funzionalizzazione dei ruoli dei singoli Stati
all’interno della UE. Ora ne prendono atto in molti e anche gli sciocchi amano
ripetere cose simili.
Sennonché,
la nuova fase del ciclo economico capitalistico, che chiamano globalizzazione, ha
prodotto una nuova gerarchia nell’ambito della divisione internazionale del
lavoro, con quello che ne è conseguito e che ben conosciamo; quindi ha avuto
via libera dai governi, dai parlamenti e dalle organizzazioni economiche
internazionali, un imponente fenomeno speculativo favorito anche dai nuovi
sistemi telematici. Per farla breve, ciò si è tradotto nei fenomeni della crisi attuale, alla quale si è risposto con piani di
austerità che invece di allentarne la morsa finiscono inevitabilmente per
stringerla ancor più e soffocare l’economia, soprattutto nei settori produttivi
medio-piccoli e meno protetti.
In tal
modo, in Europa, invece di ottenere l’unità – non dico dei proletari, giammai –
ma anche solo dei “cittadini” e dei popoli, si è ottenuto il rafforzamento del
grande capitale multinazionale. Per non tirare in lungo il post, diciamo che a
livello politico, nei contesti nazionali, stanno sorgendo dei movimenti di
protesta popolare che mirano a scalzare i vecchi e putridi partiti politici
mandando i loro esponenti all’ospizio. Ecco quindi che abbiamo presente un
movimento, nato per iniziativa di un ex attore comico, che agisce come
catalizzatore della sofferenza e della protesta provocata dalla crisi e dalle
risposte demenziali che ad essa sono state date da un’accolita d’intemerati imbecilli (*),
e ottiene alle elezioni un pieno di voti. Si dirà che si è votato uno show, e
questo in parte è vero. In proposito vedrò di dire qualcosa nel merito in un
altro post, anche perché questa mattina ho letto sul sito di Grillo cose che
hanno attinenza con una concezione della politica di natura marcatamente
autoritaria, per non dire altro. Cosa che ovviamente è sfuggita a molti, ma non c’è da sorprendersi.
(*) Da Berlino, il ministro dell’Economia tedesco, Philipp Roesler, ha sottolineato che «non c’è alternativa alle riforme strutturali già in corso, che includono il consolidamento del bilancio e lo stimolo della competitività» e ha aggiunto di «aver immaginato un risultato migliore per i partiti riformisti».
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