Ieri, rispondendo a un commento di un lettore, citavo Soros,
il quale teme una “ribellione” in Europa, segnatamente nei paesi in grave
difficoltà. La parola rivoluzione è tabù, guai a pronunciarla, si rischia di
farsi ridere dietro. “Ribellione” è più soft. Tanto più che c'è Rivoluzione civile, la quale si presenta alle elezioni con un programma da far tremare i polsi, alla borghesia che ha perso il sonno. Sì, a causa delle troppe bollicine stappate in occasione del carnevale elettorale.
Il tempo storico ormai ha la cadenza dei programmi
televisivi. Proprio stasera guardavo la prima puntata della riedizione dello sceneggiato
ispirato alla vita di Gramsci, della cui qualità posso dire “ben poco”. Anche
nel 1919 ci si lamentava del fatto che il soggetto della rivoluzione, il
proletariato, fosse assente dalla scena. Tranne che in Russia e per le note
ragioni. I servizi segreti occidentali – obbedienti alla parola d’ordine
leniniana – avevano trasformato la guerra imperialista in guerra civile,
complice il gelo che bloccò nel febbraio 1917 quasi tutte le locomotive e i
relativi rifornimenti per il fronte. Lenin e Trotzkij non se lo fecero ripetere
due volte, rientrarono in Russia e dopo alcune vicissitudini, in novembre –
secondo il calendario gregoriano – decisero che sopra il cielo di Pietroburgo
la confusione era giunta al punto giusto. Una pattuglia della polizia fermò
Lenin poche ore prima dell’insurrezione per un controllo. Non lo riconobbe
sotto le mentite spoglie o forse non se la sentirono di smentire la storia.
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* *
In settimana si terrà a Mosca – ma non ditelo in giro – la
prima riunione del G-20 che vedrà raccolti i ministri delle Finanze e dei governatori delle banche
centrali dei Venti sotto la presidenza della Federazione Russa. C’è da scommettere
che si parlerà di cambi. La coperta è corta e ognuno la vuole tirare dalla sua
parte. A rappresentarci ci sarà un Carneade, e del resto noi non contiamo nulla
sulla scena internazionale nonostante l’ottavo posto (470mld) nella classifica
dei paesi esportatori (la Francia è di poco avanti, la GB inesistente e il
Canada indietro).
La Germania invece conterà molto perché rappresenta il Reich e
cioè l’Europa continentale, Francia inclusa. E perché potrà vantare per il 2012
un surplus commerciale di 188 miliardi di euro (centottantottomiliardi). L'export
tedesco ha toccato il record di 1.097 miliardi di euro, il secondo più alto
negli ultimi sessant'anni. A Mosca, l’Italia potrà sfoderare un saldo positivo
di 2 (due) 11 miliardi. Tenuto conto che l’anno prima segnava meno 20 miliardi,
c’è da stare allegri. Ma solo un po’, perché in parte il modesto saldo attivo
del 2012 è dovuto alla forte contrazione dei consumi, quindi al calo delle
importazioni (-3,9), soprattutto di beni intermedi (-17,2). Aumentano le esportazioni italiane anche grazie all’accentuata diversificazione dell'industria (diversificata ma poco “complessa”) e ai prodotti petroliferi
raffinati (+30,7%), perciò è opportuno svendere ciò che resta dell'industria petrolifera nazionale.
Il capitale fa profitti e noi tiriamo la cinghia e ci
accapigliamo sull’Imu e sul voto in-utile.
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