martedì 5 febbraio 2013

De che?



Vivessimo in un paese diverso da quello nel quale sopravviviamo, ci sarebbe da preoccuparsi, perciò tranquilli. Chiedo: sentita ieri sera su La7 una qualsiasi domanda posta a Bersani su scuola e università? Eppure i dati del Cun (Consiglio Universitario Nazionale) sono freschissimi: in meno di dieci anni, esattamente in nove, gli immatricolati sono scesi nelle università del 17%. Il 33,6 % degli iscritti, infine, è fuori corso mentre il 17,3% non dà esami.

E le cose non stanno andando meglio, poiché il calo delle iscrizioni sta accelerando. A farne le spese sono soprattutto certi atenei e certe regioni. Nella classifica Ocse siamo al 34° posto su 36. Una consolazione non essere ultimissimi. Ciò che dovrebbe ancor più preoccupare (ma chi?) è il tracollo d’iscrizioni negli istituti tecnici, mentre sembra che i licei tengano. Tuttavia, dopo che si è frequentato il liceo, in genere, è necessario iscriversi all’università. Ma le iscrizioni, come si vede, sono in calo. È evidente che si tratta di descolarizzazione, la quale colpisce soprattutto le classi sociali più deboli. Ed è il risultato di quanto è stato fortissimamente voluto, riforma dopo riforma, taglio dopo taglio. Il sapere è potere, si diceva un tempo. Ecco, appunto, un secolo fa.

3 commenti:

  1. Liquidazioni dette eufemisticamente "riforme", che passano attraverso devastanti derive aziendalistiche. A parte contrapporre solide forze katechoniche, non so bene cos'altro si possa fare al momento.

    RispondiElimina
  2. Quando il governo Berlusconi varava la "riforma Gelmini" dell'università, il PD che la approvò sostenne che fosse «buona cosa se emendata».

    Ora leggendo i dati del CUN, possiamo tranquillamente "ringraziare" la cricca del PD.

    RispondiElimina