La società a capo del Corriere della sera e di molte riviste periodiche, ha deciso di
operare dei drastici tagli e riduzioni, ossia di sopprimere numerose testate e
liquidare personale, giornalisti e grafici. Era nell’aria e ora ne abbiamo la
conferma più pregnante: siamo realmente a un cambio d’epoca che non può
lasciarci indifferenti anche perché ci riguarda direttamente. L’elettronica aveva
profondamente trasformato già dagli anni Settanta-Ottanta il settore della
grafica e perciò la produzione editoriale quando la fotocomposizione scalzò definitivamente il piombo e cambiò radicalmente tecniche di
stampa e metodologie giornalistiche. In tal modo venivano a essere abbattuti i costi riducendo i tempi di
lavorazione e aumentando la produzione, quindi mutando anche qualitativamente
il prodotto. Oggi la rivoluzione elettronica compie un altro passo decisivo e
può ben essere paragonata negli effetti presenti e in quelli prefigurabili alla rivoluzione che cinque secoli fa ebbe protagonista il libro a stampa e accompagnò l'espansione europea e la nascita del capitalismo.
La carta stampata, anzitutto il libro e il giornale, va
perdendo ruolo quale supporto materiale della comunicazione scritta, sostituita
da nuovi materiali e strumenti e da una concezione tutta nuova della
produzione, trasmissione e fruizione della comunicazione scritta. Nessun
altro mutamento nella sfera della comunicazione ha avuto un impatto sociale recente
così forte dopo il cinema e la televisione. E siamo solo agli inizi, le
potenzialità della comunicazione elettronica si aprono a prospettive quasi insospettabili meno di mezzo secolo fa, un cambiamento su scala globale che sta avendo, per
così dire, effetti antropologici e che interessa anche le nostre funzioni
psichiche e comportamentali: gusti, mentalità e morale, nuovi modi di
controllo individuale e sociale.
D’altra parte, osservava Marx qualche tempo fa, la produzione di plusvalore relativo
(dominio reale) richiede produzione di nuovo consumo, richiede cioè che il
circolo del consumo all’interno della circolazione si allarghi allo steso modo
in cui prima si allargava il circolo della produzione. In primo luogo
espansione quantitativa del consumo esistente; in secondo luogo creazione di
nuovi bisogni attraverso la diffusione d quelli esistenti in una cerchia più
larga; in terzo luogo produzione di nuovi bisogni e creazione di nuovi valori
d’uso. La formazione di tutte le qualità dell’uomo sociale e la produzione di
esso come uomo per quanto possibile ricco di bisogni perché ricco di qualità e
relazioni, tutto ciò è condizione della produzione basata sul capitale.
Nella fase del dominio reale totale, il capitale, avendo
ormai occupato tutto lo spazio geografico, per continuare a espandere e quindi
per allargare ulteriormente il mercato, deve rivoluzionare incessantemente la
sfera del consumo.
Le trasformazioni tecniche e tecnologiche nella sfera della
comunicazione non modificano solo il mercato e il lavoro, ma anche gli ordini
gerarchici, e inoltre creano inevitabilmente una nuova selezione degli elementi
tradotti in informazione, nuovi linguaggi e modellizzazioni, relegando sullo
sfondo tutto ciò che diventa estraneo ai nuovi interessi dei grandi trust che
controllano la comunicazione, in ultima analisi tutto ciò che è in opposizione
alla “cultura dominante”. Quanto è considerato “caos esterno”, non ufficiale e
“extraculturale”, perde traccia nello spazio della comunicazione laddove sono
fissati nuovi principi e canoni di ciò che è considerato “cultura”, in
definitiva l’immagine illusoria di questa società. È un po’ ciò che sta
avvenendo con il declassamento di molte lingue parlate e la conseguente
distruzione di memoria delle comunità.
Così come l’ultimo grande gerarca dell’ex Sant’Uffizio lascia
per la pensione, allo stesso modo se ne va in quiescenza la vecchia censura e
le brutali pratiche di bruciare i libri eretici o marxisti nelle piazze. Oggi
la censura ha assunto una nuova dimensione e pervasività, molto più sottili le
sue pratiche sotto le mentite spoglie della più ampia libertà comunicativa che apparentemente
sia mai stata data.
Proprio pochi giorni fa facevo un ragionamento affine: pensavo a quanto il XX secolo, seppur da ricordare come cruciale nei settori tecnologico e delle comunicazioni, sia stato paradossalmente (?) anche il secolo della diffusione delle più grandi menzogne di massa (una su tutte).
RispondiEliminaDa qui a rimembrare Orwell, il passo è breve:
"Nell'epoca dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionaro".
Grazie per i suoi atti rivoluzionari quotidiani, Olympe.
grazie per la tua e vostra attenzione
EliminaUna volta pensavo che urlando mi sarei fatto sentire, ero giovine....ora i tuoi sussurri esplosivi fanno tremare i potenti, sicura che non sia colpa tua se il papa si è dimesso? Un abbraccio e grazie di esistere.
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