mercoledì 9 maggio 2012

L'esito inutile del voto



L’esito delle elezioni tenutesi a vario titolo in alcuni paesi europei conferma da un lato l’insofferenza per i costi della crisi scaricati sulle classi salariate, dall’altro il persistere dell’illusione di poter cambiare il corso delle cose con il voto. Ne è esempio la Francia, dove il candidato dell’alta borghesia trafficona ha mandato a casa il candidato della fazione borghese più conservatrice e reazionaria.

In Grecia, dove i redditi reali sono stati ridotti fino a due terzi, la disoccupazione è triplicata e colpisce oggi oltre il 50 per cento dei giovani, la povertà e i “senza fissa dimora” sono situazioni comuni, è l’esempio di un paese allo sbando totale ma dove ancora ci si distrae andando a votare.

Un discorso a parte meriterebbe la situazione in Italia, per mettere in chiaro come l’esposizione mediatica offerta al “fenomeno” Grillo la dica lunga sulle operazioni in corso sottotraccia per canalizzare il malcontento rendendolo compatibile e controllabile. Su questo conto di ritornare.

Tutto questo nel carattere di classe dei partiti che a vario titolo contendono il voto, come quelli di “sinistra” che accettano di agire ancora e sempre in un quadro politico ed economico capitalista portando sempre più al disastro le classi salariate e i ceti medi. Questi partiti sono impegnati per la conservazione dell'euro e del capitalismo europeo, una tattica che si scontra però con diversi ostacoli, quali la realtà della crisi capitalistica mondiale, gli interessi di classe dell'aristocrazia finanziaria, il conflitto per l’egemonia e dagli esiti incerti tra Cina e Usa.

In particolare per l’Italia si sono già avute esperienze amare con i governi di "sinistra", ultima quella del governo del 2006-2008 di Prodi che includeva Rifondazione comunista, laddove questo partito ha sostenuto gli stessi attacchi contro le classi salariate come variante di “sinistra” di una politica governativa di destra, votando a favore, per esempio, delle spese militari e per gli interventi in Afghanistan e in Libano. Anche per il futuro questi partiti di pseudo-sinistra, come il Sel, aspirano a formare governi non dissimili unendosi al partito più subdolamente reazionario, filoliberista e filoatlantico, cioè al Partito democratico che sostiene la giunta Monti.

Nessun cambiamento sociale significativo è possibile senza rompere il potere politico della borghesia e strappare l'economia dalle sue mani. Ciò richiederebbe una strategia internazionale e la prospettiva di unire le classi salariate in una lotta comune senza compromessi e tatticismi. E invece nella misura in cui questi partiti propongono qualcosa, si tratta al massimo di politiche neo-roosveltiane, fatte di appelli per le riforme e la stampa inflazionistica di nuovo denaro. Si oppongono invece per un programma di lotta per il potere e la prospettiva di un cambiamento radicale. La scusa è la solita: i tempi non sarebbero maturi e ogni iniziativa in tal senso velleitaria.

3 commenti:

  1. ECCELLENTE!!!

    Un solo appunto. "Ciò richiederebbe una strategia internazionale": sì, è vero, ma intanto iniziamo da "qui" e "adesso".

    RispondiElimina
  2. mi potresti indicare cortesemente un partito di vera sinistra?

    RispondiElimina
  3. sulla colonna a dx del blog leggi cosa diceva a tale proposito luigi pintor

    RispondiElimina