L’esito delle elezioni tenutesi a vario titolo in
alcuni paesi europei conferma da un lato l’insofferenza per i costi della
crisi scaricati sulle classi salariate, dall’altro il persistere dell’illusione
di poter cambiare il corso delle cose con il voto. Ne è esempio la Francia,
dove il candidato dell’alta borghesia trafficona ha mandato a casa il candidato
della fazione borghese più conservatrice e reazionaria.
In Grecia, dove i redditi reali sono stati ridotti
fino a due terzi, la disoccupazione è triplicata e colpisce oggi oltre il 50
per cento dei giovani, la povertà e i “senza fissa dimora” sono situazioni
comuni, è l’esempio di un paese allo sbando totale ma dove ancora ci si
distrae andando a votare.
Un discorso a parte meriterebbe la situazione in
Italia, per mettere in chiaro come l’esposizione mediatica offerta al
“fenomeno” Grillo la dica lunga sulle operazioni in corso sottotraccia per
canalizzare il malcontento rendendolo compatibile e controllabile. Su questo
conto di ritornare.
Tutto questo nel carattere di classe dei partiti che
a vario titolo contendono il voto, come quelli di “sinistra” che accettano di
agire ancora e sempre in un quadro politico ed economico capitalista portando
sempre più al disastro le classi salariate e i ceti medi. Questi partiti sono
impegnati per la conservazione dell'euro e del capitalismo europeo, una tattica
che si scontra però con diversi ostacoli, quali la realtà della crisi
capitalistica mondiale, gli interessi di classe dell'aristocrazia finanziaria,
il conflitto per l’egemonia e dagli esiti incerti tra Cina e Usa.
In particolare per l’Italia si sono già avute
esperienze amare con i governi di "sinistra", ultima quella del
governo del 2006-2008 di Prodi che includeva Rifondazione comunista, laddove
questo partito ha sostenuto gli stessi attacchi contro le classi salariate come
variante di “sinistra” di una politica governativa di destra, votando a favore,
per esempio, delle spese militari e per gli interventi in Afghanistan e in
Libano. Anche per il futuro questi partiti di pseudo-sinistra, come il Sel,
aspirano a formare governi non dissimili unendosi al partito più subdolamente reazionario,
filoliberista e filoatlantico, cioè al Partito democratico che sostiene la
giunta Monti.
Nessun cambiamento sociale significativo è possibile senza rompere il potere politico
della borghesia e strappare l'economia dalle sue mani. Ciò richiederebbe una
strategia internazionale e la prospettiva di unire le classi salariate in una
lotta comune senza compromessi e tatticismi. E invece nella misura in cui
questi partiti propongono qualcosa, si tratta al massimo di politiche
neo-roosveltiane, fatte di appelli per le riforme e la stampa inflazionistica
di nuovo denaro. Si oppongono invece per un programma di lotta per il potere e
la prospettiva di un cambiamento radicale. La scusa è la solita: i tempi non
sarebbero maturi e ogni iniziativa in tal senso velleitaria.
ECCELLENTE!!!
RispondiEliminaUn solo appunto. "Ciò richiederebbe una strategia internazionale": sì, è vero, ma intanto iniziamo da "qui" e "adesso".
mi potresti indicare cortesemente un partito di vera sinistra?
RispondiEliminasulla colonna a dx del blog leggi cosa diceva a tale proposito luigi pintor
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