giovedì 3 maggio 2012

L'evergetismo del vescovo - manager



Avevo creduto alla pochezza di questi bricconi, ma non a tanta pochezza. È come se una banda di rapinatori di banche, professionisti di casseforti, fosse stata assunta per il furto del secolo e poi si dedicasse a scippare i pensionati in uscita dall’ufficio postale con pistole di plastica. Il loro spessore morale si può riassumere nel confronto vanaglorioso che essi fanno tra il numero dei casi di suicidio nostrani e quelli greci. Non hanno idea, pur piccola, di quale sofferenza e tormento può spingere una persona a togliersi la vita per motivi economici.

Anche oggi, per l'ultimo poveraccio, si legge e si sente: “soffriva da tempo di depressione”. Con questo giudizio i ribaldi dei media liquidano il caso. Invece per i tecnici delle università e delle banche la causa di queste morti è l’aver vissuto, da parte delle vittime, sopra i loro mezzi. Invece il livello di vita e di reddito del manager-furfante che guadagna come 400 o 1000 volte i suoi schiavi, è adeguato al contributo di pensiero che egli offre magnanimamente alla società per azioni.

Per i borghesi, che pontificano a bordo dei loro giornali sussidiati dallo Stato, la sorte del disoccupato, del cassintegrato, del precario a vita, è la giusta punizione per l’aver violato le sacre leggi del mercato, per non essersi dimostrato abbastanza “flessibile” e competitivo, mai troppo schiavo. Il torto di centinaia di milioni di salariati europei, generazioni di “cittadini-sovrani”, è di aver creduto alla favola del benessere infinito, dei consigli per gli acquisti prima dei pasti e di Carosello dopo cena.

Che si doveva fare, vivere con la pellagra e il cesso in mezzo ai campi, il ritorno al bel tempo antico di cui vaneggia tal Fini Massimo? Viviamo in una società che produce merci, non semplici valori d’uso, dove lo scopo è il valore non l’utilità. E anche nelle società dove si producevano valori d’uso tal quali, si trovò ben presto il modo di dire che quello che è tuo è mio e il resto di conseguenza. Per volere divino fu detto, e non si rompa il cazzo al vescovo-principe.

Quale alternativa? Di migliore finora non ne ho vista e comunque al punto in cui siamo non bastano rattoppi. Se decidessimo da subito che il lavoro non è un mezzo per ingrassare alcune decine di migliaia di porci pubblici e privati, sarebbe già un buon punto di partenza. Ma già su questo ci si divide e si resta pur sempre nell’ambito dei buoni propositi, del “seme di speranza”, dato che non possiamo decidere per referendum. Anche la povertà uguale per tutti non va bene e quindi viene di conseguenza la questione di chi deve decidere e in base a quali criteri. Su questo punto ci sono più idee che teste (e non sempre è un bene), e tuttavia s’è vero che l’esperienza non serve solo per allacciarsi le scarpe, la storia del Novecento qualcosa l’ha pur mostrato, ma figurati se ce ne curiamo.

Non sono previste istruzioni per l’uso, ma per fortuna c’è la "working memory". E vai alla grande.


3 commenti:

  1. Non per difendere Massimo Fini - è ovvio che i bei tempi antichi non sono mai esistiti - ma secondo me sarebbe un errore proiettare all'indietro su tutta la storia situazioni di miseria endemica che, in parte, vanno ricondotte a fattori storici ed economici determinati nel tempo e nello spazio. Il relativo impoverimento rispetto ad epoche precedenti delle classi medio-basse, rurali e urbane, in Italia tra Sei e Settecento - non piccolissima matrice della miseria bestiale delle campagne e anche della plebe urbana fino a non molto tempo fa - è un fatto abbastanza bene identificato. Quanto a Fini, a parte le mitizzazioni dell'età dell'oro, non ha tutti i torti quando dice che nella società di ordini dell'Ancien Régime c'era meno totalitarismo burocratico e una maggiore, magari solo potenziale, possibilità di decidere il proprio destino, che non oggi. Se non altro perché la tecnologia di allora non consentiva ai regimi e ai loro squadristi con o senza uniforme di spiare, condizionare, irreggimentare e/o terrorizzare tutto e tutti in tempo reale. Del resto forse non è un caso che il regime di allora abbia partorito la rivoluzione che sappiamo, mentre oggi non ne esistono nemmeno i presupposti mentali.
    mauro

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  2. caro Mauro, nelle società alle quali ti riferisci qualunque bischero investito di un titoletto, nobiliare o clericale, ti poteva far bastonare di santa ragione, quando non appendere a un albero. lo sappiamo che esistono molti sterotipi sui cosiddetti secoli bui, ma non credere che nascano dal nulla.finire la propria vita su una galera a remare per aver forse commesso un reato da nulla, era cosa molto frequente.

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  3. Dell'Ancien Régime apprezzo una sola cosa: che si possa parlarne come Ancien. Questo post lo condivido ovunque.

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