Dato che si chiedeva al signor Kenner che cosa bisognava
intendere esattamente per "rovesciamento di prospettiva", egli
raccontò l'aneddoto seguente: due fratelli molto legati l'uno all'altro avevano
una mania curiosa. Essi indicavano con una pietra gli avvenimenti della
giornata: una pietra bianca per i momenti felici, una pietra nera per i momenti
d'infelicità e i dispiaceri. Ora, scesa la sera, quando confrontavano il
contenuto del loro orcio, l'uno non trovava che pietre bianche, l'altro che
pietre nere. Incuriositi da una tale costanza nel modo di vivere
differentemente la stessa sorte, furono d'accordo di chiedere consiglio ad un
uomo reputato per la saggezza delle sue parole. "Voi non vi parlate
abbastanza" disse il saggio. "Che ciascuno spieghi le ragioni della
sua scelta, che ne ricerchi le cause". Così essi fecero da quel momento.
Come constatarono presto, il primo restava fedele alle pietre bianche e il
secondo alle pietre nere, ma, in entrambi gli orci, il numero delle pietre era
diminuito. Invece di una trentina, se ne contavano appena sette o otto. Poco
tempo era trascorso che il saggio vide ritornare i due fratelli. I loro volti
esprimevano una grande tristezza. "Non molto tempo fa", disse l'uno,
"il mio orcio si riempiva di sassi color della notte, la disperazione mi
abitava in permanenza, ero ridotto, lo confesso, a vivere per inerzia. Ora,
depongo raramente più di otto pietre, ma ciò che rappresentano questi otto
segni di miseria mi è intollerabile a tal punto che ormai non posso vivere in un
simile stato". E l'altro: "Quanto a me, io ammucchiavo ogni giorno
delle pietre bianche. Oggi ne conto soltanto sette o otto, ma queste mi
affascinano tanto che non mi succede mai di rievocare quegli istanti felici
senza subito desiderare di riviverli più intensamente e, per dire tutto,
eternamente. Questo desiderio mi tormenta". Il saggio sorrideva
ascoltandoli. "Suvvia, va tutto bene, le cose prendono forma. Perseverate.
Ancora una parola. All'occasione, ponetevi la domanda: perché il gioco dell'orcio
e delle pietre ci appassiona in tal modo?".
Quando i due fratelli
incontrarono di nuovo il saggio, fu per dichiarare: "Ci siamo posti la
questione; nessuna risposta. Allora l'abbiamo posta a tutto il villaggio. Vedi
l'animazione che vi regna. La sera, accovacciati davanti alle loro case, delle
famiglie intere discutono di pietre bianche e di pietre nere. Solo i capi e i
notabili si tengono in disparte. Nera o bianca, una pietra è una pietra e tutte
si equivalgono, essi dicono sfottendo". Il vecchio non nascondeva la sua
soddisfazione. "La faccenda segue il suo corso come previsto. Non
v’inquietate. Ben presto la questione non si porrà più; essa è divenuta
senza importanza, e forse un giorno dubiterete d'averla posta". Poco
dopo le previsioni del vecchio furono confermate nel modo seguente: una gran
gioia si era impadronita della gente del villaggio; all'alba di una notte
agitata, il sole illuminò, conficcate sui pali affilati di una palizzata, le
teste tagliate di fresco dei contabili e dei capi.
Confesso timidamente di non afferrare tutto il senso dell'aneddoto del signor Kenner. Il finale, inquietante, mi fa porre questa ingenua domanda: quanto siamo sicuro che, tra i tagliatori di teste dei contabili e dei capi, non vengano fuori altri contabili, altri capi?
RispondiEliminaquesto è un racconto che ho postato anche un paio di anni fa.
RispondiEliminarileggerlo mi fa scoprire ogni volta nuovi tesori di senso. anche questa volta è stato così.
una pietra è una pietra e tutte si equivalgono, eppure una gran gioia si era impadronita della gente del villaggio. Disse il saggio: Ben presto la questione non si porrà più; essa è divenuta senza importanza, e forse un giorno dubiterete d'averla posta
Sembra così semplice, ma il rovesciamento di prospettiva non è un concetto facile per chi, dietro il processo di “emancipazione”, sapientemente celato nel vecchio, si porta dentro convinzioni guidate da una costruita forma mentis di cui non ci si vuole, o non si ci riesce a liberare. Impresa ardua sabotare il circuito mercantile che paralizza i muscoli e spezza i nervi, che ha tolto ogni desiderio in nome del lavoro, del dovere, della costrizione, dello scambio, del senso di colpa, del controllo intellettuale, della coscienza della forza di una società. Splendida metafora, ma difficilmente applicabile. In genere per “rivoluzione” la massa intende un’azione bellica improvvisata, senza rendersi conto che sarebbe una falsa rivincita che annienterebbe ulteriormente il pensiero.
RispondiEliminaBuon fine settimana, cara Olympe :)