giovedì 3 novembre 2011

La merce è stanca



La réclame borghese di ogni orientamento ci mette in attesa, ogni giorno e ogni ora, di cosa decideranno i mercati. Sono questi che determinano la scena economica e sociale, non meno di quella politica. Chi sono i “mercati”? Anzitutto la terminologia: mercato è sinonimo di capitale finanziario. Il capitale che agisce tramite le banche e i centri finanziari e specula su qualcosa come 600mila miliardi di dollari l’anno, dodici volte il Pil mondiale. Poche decine di banche e di centri finanziari decidono anche per tutti gli altri.

Pensare di poter colpire questi centri d’élite del potere finanziario con le marcette significa anzitutto non aver ben chiara la natura di questo sistema e non aver compreso che esso rappresenta la più subdola e sofisticata dittatura di ogni tempo. Non quella degli apparati burocratici di partito come ha immaginato il mediocre Orwell, bensì la dittatura del denaro, il grande capitale che domina incontrastato su tutto il globo e la vita dei suoi abitanti, i cui input viaggiano alla velocità della luce e le conferme di “eseguito” sono istantanee. Questo sistema è democratico come i paesi dell'Est erano comunisti.

Questo per quanto riguarda il vertice. Alla base della piramide stanno gli schiavi addetti alla produzione e ai servizi, mentre a un livello intermedio trovano posto i propagandisti, il cui compito è di illustrare le sorti magnifiche e progressive del sistema, di considerare lo status quo come definitivo e di screditare come empia e folle qualunque ipotesi alternativa all’eden della merce. Essi vogliono far passare l’idea che il capitalismo, nonostante le sue contraddizioni, possa solo riprodursi all’infinito. Per questa gentaglia il massimo del movimento e del cambiamento è dato dall’aumento o diminuzione del volume delle quantità, la loro arma più efficace è la glaciazione del pensiero.

Qualunque manovra di aggiustamento o escamotage finanziario, qualsiasi trucco contabile, non salverà il sistema dalle sabbie mobili delle sue contraddizioni.

4 commenti:

  1. www.paolobarnard.info/
    "Il più grande crimine". Se non ha già avuto modo di leggerlo le lascio il link. Mi interesserebbe la sua opinione al riguardo, l'analisi fatta è del tutto coerente con il contenuto del suo post. A presto, spero, sull'argomento.

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  2. Meglio, "Il capitalismo e la crisi", scritti scelti di Marx,con un ottimo saggio introduttivo di V.Giacchè.
    In questo volume, si sottopone ad analisi critica, il modo di produzione capitalistico, e si deduce (sia dal saggio introduttivo di Giacchè, e sia sopratutto dagli scritti scelti di Marx) che la crisi, non è un infortunio del nostro sistema economico, ma il prodotto necessario delle sue leggi di funzionamento più elementari.
    Ecco il link del libro:
    http://www.deriveapprodi.org/2009/09/il-capitalismo-e-la-crisi/

    P.S.
    Citazione di Marx, dal libro:
    L'equilibrio stesso - dato il carattere primitivo di questa produzione - è un caso.
    Il Capitale II libro, cap.21

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  3. Trovo condivisibile la teoria di V. Giacchè.
    Grazie per il link del libro.
    Riguardo all'equilibrio,invece, difficile credere sia un caso, quando rappresenta lo stato di legittimazione del sistema stesso, il momento di maggiore speculazione. direi piuttosto che lo stato di equilibrio non esiste, ma fatto credere, con tutti i mezzi. Esiste il momento in cui la realtà non può più essere nascosta, viene chiamato "crisi", parola che ancora mistifica, al fine di credere nuovamente al raggiungimento ideale di equilibrio.
    ...ma non ho certezze di tutto ciò.
    ...non ho le prove...

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  4. ...o meglio, le prove sono davanti agli occhi di tutti, ma sembra per questo che nessuno le veda.
    "Cosa hai fatto in testa?" Chiedeva mia madre a mio fratello che si copriva inusualmente i capelli con un berretto. "Quale testa?" Aveva risposto lui nel limite di ciò che non poteva essere più nascosto. Ma era un bambino.
    Che importa se abbiamo massacrato centinaia di migliaia di persone in Iraq, ..., non c'erano le armi di distruzione, ma la massa, quella si.
    Potrei riempire un'enciclopedia di fatti da me ritenuti prove della completa malafede del sistema economico cosiddetto democratico, e senza alcun problema di coscienza taglierei la testa con le mie mani a Bush se pensassi che questo metta le cose a posto e risolva tutte le ingiustizie sociali.
    Sappiamo che non è così.
    Esiste un filo che ci indica il nostro grado di responsabilità.
    La classe più istruita, la classe intellettuale, La classe guida per l'emancipazione dell'essere umano ha le maggiori responsabilità.
    Se alcuni di questi ora, forse, hanno voglia di cavalcare le proteste, devono prima lavarsi le mani per bene, togliersi le scarpe per sempre, dare via tutti i loro beni e forse potranno essere credibili.
    Il crimine è che la maggior parte di questi signori sono diventati dei burattini di se stessi dentro il conveniente teatrino della finzione politica.

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