domenica 27 novembre 2011

Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare


«La formazione del governo spetta al presidente della Repubblica il quale, a termini della Costituzione, "nomina il presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri". Il governo così nominato deve ottenere entro pochi giorni la fiducia del Parlamento.
Il risultato di questo "combinato disposto" consiste nel fatto che nella formazione del governo il capo dello Stato tiene necessariamente conto della maggioranza parlamentare dalla quale l'esistenza del governo dipende, ma lo nomina senza trattarne la composizione con le segreterie e i gruppi parlamentari dei partiti.
Questo è lo schema del governo istituzionale e costituzionale. Chi non capisce che esso non confisca affatto la democrazia e non umilia affatto il Parlamento, al quale anzi affida piena centralità svincolandolo anche dalla sudditanza ai voleri del "premier" (com'è accaduto nell'appena trascorso decennio berlusconiano) e potenziando il suo diritto-dovere di controllare il governo e la pubblica amministrazione; chi non capisce queste lapalissiane verità è in palese malafede oppure mi permetto di dire che è un perfetto imbecille» (E. Scalfari, La Repubblica, 27-11-2011).

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Dal sito del Governo, presidenza del consiglio:

La fase preparatoria
Questa fase consiste essenzialmente nelle consultazioni che il Presidente svolge, per prassi costituzionale, per individuare il potenziale Presidente del Consiglio in grado di formare un governo che possa ottenere la fiducia dalla maggioranza del Parlamento.

L'incarico
Anche se non espressamente previsto dalla Costituzione, il conferimento dell'incarico può essere preceduto da un mandato esplorativo che si rende necessario quando le consultazioni non abbiano dato indicazioni significative. Al di fuori di questa ipotesi, il Presidente conferisce l'incarico direttamente alla personalità che, per indicazione dei gruppi di maggioranza, può costituire un governo ed ottenere la fiducia dal Parlamento. L'istituto del conferimento dell'incarico ha fondamentalmente una radice consuetudinaria, che risponde ad esigenze di ordine costituzionale. Nella risoluzione delle crisi si ritiene che il Capo dello Stato non sia giuridicamente libero nella scelta dell'incaricato, essendo vincolato al fine di individuare una personalità politica in grado di formare un governo che abbia la fiducia del Parlamento.

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«L’atto di nomina, che presuppone l’esito positivo dell’incarico in precedenza conferito per la formazione del nuovo Esecutivo, è controfirmato dallo stesso Presidente del Consiglio di cui sancisce l’investitura nella carica (art. 12 L. 400/1988), sicché la sua sottoscrizione viene a configurarsi più come atto di accettazione che come usuale controfirma. A differenza dei precedenti, quello di nomina dei Ministri non è un potere autonomo del Presidente della Repubblica, perché la scelta delle persone che entrano a far parte del Governo spetta al presidente del Consiglio. Le designazioni da lui proposte (quasi sempre in base ad indicazioni delle forze politiche che compongono la maggioranza) devono ritenersi vincolati nel merito per il Presidente della Repubblica, il quale esercita su di esse un controllo di sola legittimità» (Valerio Onida e Maurizio Pedrazza, Compendio di Diritto Costituzionale, Giuffré, pp. 217-18).

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In conclusione, è vero che lo schema illustrato da Scalfari rispetta la Costituzione, anche perché le sue parole sono tratte pari pari da essa. Significa che il presidente della Repubblica interviene, eccome, nella formazione del governo, ma la nomina del presidente del Consiglio deve sottostare ad alcuni requisiti (la maggioranza enunciata da Scalfari) e tuttavia non significa che il presidente della Repubblica eserciti tout court i poteri tipici di una Repubblica presidenziale, come invece vorrebbe far credere Scalfari. Del resto – continua il costituzionalista Ovidia – “il ruolo costituzionale del presidente della Repubblica è di garanzia e di controllo, di equilibrio e di coordinamento, non d’indirizzo politico né di perseguimento immediato dei diversi obiettivi a cui tende l’attività statale”.

Domanda: chi può affermare onestamente che Giorgio Napolitano si è limitato a esercitare, nel corso e nell’ambito dell’ultima crisi di governo, le funzioni di garanzia e di controllo, di equilibrio e di coordinamento, e quindi non d’indirizzo politico né di perseguimento immediato dei diversi obiettivi a cui tende l’attività statale? Altra domanda la quale riguarda espressamente l'art. 94 della Cost. (Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni): il capo dello Stato ha tenuto “necessariamente conto della maggioranza parlamentare”, come dice anche Scalfari, visto che il governo dimissionario aveva senz'altro la maggioranza al Senato e la Camera non si è mai espressa con un voto di sfiducia? Ultimo: le dimissioni del precedente governo sono state determinate da pressioni provenienti anche dall’esterno, da esponenti politici e istituzioni straniere come gran parte dei media hanno reiteratamente adombrato? Vi è quindi almeno il sospetto che vi siano state pressioni dirette o indirette poste in essere anche da private organizzazioni economiche e d’interesse con sedi in Italia e all’estero? Il nuovo governo nominato da Giorgio Napolitano conta tra i suoi esponenti, in primis il presidente del Consiglio, persone in qualche modo riconducibili a quelle organizzazioni economiche e d’interesse con sedi in Italia e all’estero che possono aver influito nella crisi e nelle dimissioni del precedente governo?

Quindi, caro Scalfari, secondo lei un cittadino che pone queste domande è in malafede o un imbecille. E rispondervi nel modo come fa lei?

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