giovedì 14 dicembre 2023

La soluzione tecnica non esiste

Un mio nonno faceva il portiere di notte al Des Bains e laltro si mangiava il patrimonio al casinò. Rincasavano allalba

Agli eco-ansiosi che imbrattano musei e basiliche per attirare l’attenzione sul “tema” ecologico e della sostenibilità, si oppongono coloro che non nutrono alcun timore del futuro: questi ultimi credono nella tecnologia come altri credono in una dimensione metafisica, cioè in Dio (*).

Credono nelle tecnologie come forza suprema che ci salverà dall’apocalisse annunciata. Saranno facilmente in grado di arginare il riscaldamento globale e fornire energia più economica e pulita secondo necessità.

La creazione infinita di nuove tecnologie ha come principale scopo quello di trovare nuovi prodotti per nuovi profitti. In seconda battuta porta soprattutto a legittimare i nostri stili di vita, cioè di consumo, e, soprattutto, a non cambiare nulla.

Dire: “dobbiamo reinventare gli stili di vita”, è un modo per sviare il discorso dalla questione centrale: il mondo del capitalismo. Pensiamo solo alla globalizzazione dello stile di vita occidentale. L’omogeneizzazione degli stili di vita ha rafforzato l’impressione di vivere in una società senza classi, dove il lusso, più che il semplice comfort, costituisce un’ambizione molto diffusa.

Il “consumismo”, oltre che un fatto economico, produce la pacificazione dei conflitti tra le classi sfruttate e padronali, dunque corrisponde alla strategia di far scomparire le contraddizioni di classe e che non vi sia alcun bisogno d’immaginare un’altra società.

In un post del 18 marzo 2019, scrivevo: «Puntano falsamente e ipocritamente il dito accusatore verso i consumi, come se nella società dell’economia sovrasviluppata i consumi costituissero una variabile indipendente della produzione capitalistica, quando invece tutto è diventato bene economico e la funzione essenziale, confessata, dell’odierna economia sviluppata, è la produzione di consumatori, laddove il lavoro ha perso centralità e visibilità e prevale la liturgia del consumo nelle forme che si sono stabilite a seguito delle grandi trasformazioni intervenute negli ultimi decenni.»

Che cosa abbiamo interiorizzato a livello ideologico? Non siamo tutti perfettamente uguali, ma tutti abbiamo pari opportunità di “perseguire la felicità”. Questa immagine è costruita sulla convinzione che questa teoria corrisponda alla realtà.

Anche la cosiddetta scienza del clima sta acquisendo un posto centrale nella ricerca, è coinvolta nel nuovo business del tecno-soluzionismo. Poiché non possiamo ridurre le emissioni di carbonio, inventiamo miraggi tecnologici per continuare come prima.

C’è da attendersi un boom di investimenti in tutte le tecnologie di riduzione e cattura della CO2, incluse anche le tecnologie per flaring e emissioni fuggitive di CH4, cioè del metano. Seminiamo gli oceani, catturiamo il carbonio, iniettiamo zolfo nell’atmosfera. Ciò non argina molteplici fenomeni come l’acidificazione delle piogge, l’esaurimento del suolo e la distruzione della biodiversità, e soprattutto non ci permette di cambiare il modo di produrre e le nostre abitudini di consumo, alimentate da réclame palesi e occulte, con conseguenze molteplici e irreversibili.

Migliorando l’efficienza delle macchine, aumentiamo le opportunità di produzione di ciascuna di esse. Alla fine, quindi, il consumo energetico aumenta, nonostante i miglioramenti apportati a ogni singola apparecchiatura. È un fatto oggettivo, fattuale, statistico.

Questo è quello che è successo con l’auto: negli anni ’70, i produttori di automobili promettevano che, entro il 2000, non ci sarebbe stato più il problema del consumo di combustibili fossili perché i motori sarebbero stati estremamente efficienti, avrebbero consumato solo 1 litro ogni 100 km, ecc. Oggi però consumiamo più petrolio di prima, perché le auto sono più pesanti, più veloci, le distanze si sono allungate e il numero di veicoli è esploso.

Possiamo sperare di più dalle energie rinnovabili? Queste tecnologie dovrebbero supportare le transizioni e le politiche economiche, sociali e culturali. Da un lato, la quantità di energia prodotta dalle energie rinnovabili non consente di sostituire i combustibili fossili. D’altra parte, è stato notato che si aggiungono più di quanto si sostituiscono.

Anche se riuscissimo a raggiungere l’obiettivo della fusione nucleare (peraltro lontano e assai improbabile, checché ne dicano quelli della rivista Le Scienze), anche se una sorta di miracolo ci inondasse di energia pulita, gratuita e sicura, sarebbe comunque la cosa peggiore che potrebbe accaderci. Certamente decarbonizzeremo l’economia, almeno in parte, ma faremmo esplodere tutti gli altri consumi. L’inquinamento si moltiplicherebbe, con rifiuti di ogni tipo. Questo sarebbe il tecno-soluzionismo definitivo. La soluzione tecnica non esiste.

La scienza e la tecnica sono il prodotto di questo sistema, così come l’ottimismo scientifico e, per quanto paradossale possa sembrare, le paure indotte dalla rivoluzione digitale. Scrivevo nel citato post del marzo 2019: «Il progresso tecnico è anzitutto avanzamento delle tecniche capitalistiche e in tal guisa ogni effettiva feticizzazione della tecnica è fuori luogo. [...] Il progresso delle tecniche capitalistiche di produzione non ha lo stesso significato per le classi lavoratrici e per i loro sfruttatori, poiché per entrambi diverge il significato di progresso sociale. L’esempio della disoccupazione di massa o dell’inquinamento e del repentino cambiamento dei cicli naturali rappresentano degli esempi pertinenti.»

In grandissima misura scienza e tecnica rispondono, anche quando la ricerca è finanziata dagli Stati, agli interessi del grande capitale. Soprattutto a partire dagli anni ’70, le modalità di finanziamento della ricerca sono state essenzialmente controllate dal settore privato; gli stessi ricercatori sono obbligati a rispondere a bandi per progetti sempre orientati al tecnosoluzionismo. Accade che gli scienziati inventano false soluzioni tecniche per giustificare il loro lavoro. Se non mantengono le loro promesse miracolose, non ottengono i finanziamenti.

Ogni innovazione capitalistica porta a nuove forme di consumo distruttivo. Tutti i guadagni di efficienza ottenuti negli ultimi decenni grazie alle nuove tecnologie digitali sono stati assorbiti da nuovi usi e nuove forme di consumo, moltiplicando le difficoltà ecologiche, dai rifiuti all’energia consumata.

Tenendo ferma una sorta di continuità negli atteggiamenti umani, pur nella evidente differenza delle situazioni, che si afferma con l’assimilazione di determinati codici, è un fatto che nessuno può elevarsi sopra il livello tecnico della propria epoca. E dunque va preso atto che il capitalismo non agisce secondo razionalità e pianificazione, assecondando le leggi di natura volgendole a nostro vantaggio. La sua condizione mediana non è l’equilibrio, bensì la crisi a livelli sempre più complessi (che poi a livello scientifico non si voglia riconoscere il motivo fondamentale di tali squilibri, trascendente la sfera delle apparenze, è un altro fatto che la dice lunga sul condizionamento ideologico). Il capitalismo (lo vediamo ancora una volta nelle Borse in questi giorni) agisce secondo un sentimento euforico e lineare dello sviluppo delle forze produttive. Non produce solo merci, produce instabilità e follia. Pertanto la soluzione non è tecnica (quantomeno non può essere solo tecnica), e i rimedi terribili del futuro (che non è una continuazione meccanica del presente, esprimibile con una semplice curva su un diagramma) verranno imposti di volta in volta dalla necessità, dalla maturazione delle crisi.

(*) Gli uomini dalla loro attività hanno tratto il principio di causalità, quindi creato anche dei meccanismi sociali sulla base di tale principio, ma poi hanno compiuto l’errore infantile di attribuire alla natura le proprie creazioni. È stato un errore inconsapevole, che però continua ad accompagnarci, favorito da un’altra nostra creazione: la religione. Potendo produrre solo una parziale conoscenza della natura, viziata dall’ideologia, gli uomini devono necessariamente accontentarsi del proprio progresso tecnologico, a fronte di una natura in parte incompresa e in gran parte fraintesa.

12 commenti:

  1. Io non sono così apocalittico. Che la creazione di nuove tecnologie porti a non cambiare nulla mi pare affermazione azzardata. La radio sarà pure servita a qualcosa di utile dal Titanic a oggi. E così l'applicazione dei raggi X, il motore a scoppio, la luce elettrica, la stampa...e tutte le diavolerie moderne.
    E se mi sentissi male non vorrei aspettare che, dopo un'ora di clessidra, arrivi lo speziale su una carrozza a cavalli ad applicarmi le sanguisughe, consultando alla luce di una candela il Corpus Medicorum Graecorum di Ippocrate copiato da un amanuense.

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    1. «Ogni cosa oggi sembra portare in se stessa la
      sua contraddizione. Macchine, dotate del
      meraviglioso potere di ridurre e potenziare il
      lavoro umano, fanno morire l’uomo di fame e lo
      ammazzano di lavoro. Un misterioso e fatale
      incantesimo trasforma le nuove sorgenti della
      ricchezza in fonti di miseria. Le conquiste della
      tecnica sembrano ottenute a prezzo della loro
      stessa natura. Sembra che l’uomo, nella misura
      in cui assoggetta la natura, si assoggetti ad altri
      uomini o alla propria abiezione. Perfino la pura
      luce della scienza sembra poter risplendere solo
      sullo sfondo tenebroso dell’ignoranza. Tutte le
      nostre scoperte e i nostri progressi sembrano
      infondere una vita spirituale alle forze materiali e
      al tempo stesso istupidire la vita umana,
      riducendola ad una forza materiale»:.
      Karl Marx
      Discorso per l’anniversario di «The People’s Paper», 1856.

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  2. Caro anonimo lei non e' apocalittico, ma secondo me non ha capito niente di quello che ha scritto Olympe.

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    1. Caro collega, che io non abbia capito niente non solo è possibile ma anche probabile. Devi riconoscere però che lasciare Olympe senza parole non è impresa da poco :)

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  3. Buongiorno Olympe questo del naturale/umano non mi entra;
    siamo natura anche nell'errore di fraintenderla, nell'illusione di dominarla;
    un teraformicaio più caotico e autodistruttivo con la presunzione della consapevolezza;
    Chiedo per capire senza intento polemico, siccome torna in tante cose che sto studiando, questa separazione natura/cultura, scava scava sembra una scappatoia tassonomica antropocentrica;
    A mia parziale discolpa c'è da dire che in vita mia ho studiato male e poco.
    Luigi.

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    1. Tu te la sei cercata: "manine rattrappite! manine rattrappite!"
      Pestarcele dovevi quelle dita...
      Luigi.

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    2. un caro amico che bazzica il blog mi ha detto che sono una persona troppo buona

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    3. No cara.
      Puntigliosa, preparata, ironica , assai determinata e talvolta vagamente permalosa.
      Buona proprio mai.
      Ciao cara

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  4. http://tinyurl.com/4n569kua -- http://tinyurl.com/4hphezx3

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