Gli Stati Uniti, scriveva Kissinger, propagandano l’idea che «le altre nazioni hanno “interessi egoistici” mentre loro hanno “principi” e un “destino”». È questo l’eccezionalismo americano: hanno la tentazione di imporre la propria egemonia di “valori” ovunque, tra l’altro violando l’assioma westfaliano di non interferenza, tano caro a Kissinger.
Questa presentazione apologetica del ruolo degli Stati Uniti nel mondo, laddove la leadership americana è presentata come ovvia e necessaria, è paternalistica (per usare un termine tornato in auge): descrive la potenza militare americana come «uno scudo di sicurezza per il resto del mondo, che i suoi beneficiari lo abbiano richiesto o meno», e dunque consiste nel presentare questi beneficiari come bambini, inconsapevoli del pericolo ma protetti, che lo vogliano o no, da un padre premuroso.
Con l’allargamento della NATO e il crescere delle tensioni che ciò ha provocato, con il riarmo del Giappone e le alleanze con Australia, Sud Corea e Filippine, forse quella con l’India, con lo scoppio delle guerre locali, Washington voleva rilanciare il suo vantaggio strategico militare con la Russia e la Cina, ma anche nei riguardi dei suoi alleati concorrenti in Asia e in Europa, vedi la faccenda del Nord Stream 2. Ci è riuscita parzialmente (*).
L’incontro di San Francisco tra Joe Biden e Xi Jinping, ha stabilito una tregua temporanea, ma ciò non significa che Pechino rinunci a rivendicare la revisione del vecchio ordine mondiale, la denuncia della parzialità di istituzioni e assetti definiti dai vecchi equilibri postbellici. Israele, sopprimendo ogni presenza araba indesiderata, sta completando il suo progetto di Grande Israele, di potenza atomica medio orientale e mediterranea, non sempre docile ai desiderata di Washington.
Quanto alla Germania e all’Europa, anch’esse vincitrici della catastrofe e disintegrazione dell’Urss, sono ora le vere sconfitte della strategia americana. L’Europa unita è sempre rimasta qualcosa di ibrido, in un’eterna e irrisolta fase di introspezione, dunque non deve sorprendere la crisi del suo modello e della sovranità condivisa, il progetto di difesa europeo finito nel dimenticatoio assieme alle ambizioni di una maggiore autonomia strategica: l’Europa, nonostante le grandi potenzialità del suo progetto unitario, non si è mai data i mezzi del potere reale: forza armata, solidità economica (l’Europa continentale (27) è passata dalla quota maggiore del PIL mondiale del 1990, pari al 28,4, a quella minore del 16.6, rispetto a Usa, 25,4 e Cina, 18.1), sistema fiscale, demografia, ricerca e istruzione, frontiere comuni, da cui dipende il resto (**).
Ancora una volta siamo a un bivio della storia, quello tra socialismo da ripensare e costruire, da un lato, e la barbarie presente e che si annuncia dall’altro. Ciò non sembri retorico, tantomeno antistorico. La domanda che in fondo ci rode e che si può cogliere negli allarmi lanciati sia dal Papa che del presidente della Repubblica è molto semplice: la guerra e la catastrofe può coinvolgere direttamente anche noi e la Vecchia Europa?
La guerra è dietro l’angolo. È vicinissima a noi e non coinvolge semplicemente etnie nazionalistiche contrapposte come nella guerra jugoslava. L’unico vero grande “complotto” è quello che vede la crisi del vecchio ordine mondiale e la lotta per affermarne uno nuovo. Da ciò emerge l’incoerenza tra l’economia globalizzata che ignora i confini e le politiche che rimangono nazionali (lo si vede bene sulla questione del clima). È una lotta di vita o di morte tra una molteplicità di potenze, che non condividono la stessa concezione dell’ordine mondiale e che però nessuna delle quali è abbastanza forte da sconfiggere tutte le altre, molte delle quali aderiscono a filosofie e pratiche interne contraddittorie.
Lo scopo dei poteri che ci sovrastano, mentre preparano le condizioni di un conflitto universale, è quello di dividerci e di mantenerci nella confusione, a discutere di piccole e insignificanti cose, a prendere posizione sul nulla, oppure mantenerci nel disinteresse e nell’apatia, facendoci sicuri che ciò ci consentirà di vivere una vita relativamente tranquilla, malgrado tutto ciò che accade e ci schifa profondamente. Ma per quanto ancora riusciremo a non essere inghiottiti dalla guerra? Serve una forte e reale opposizione di massa alla brutta piega che stanno prendendo le cose. Non c’è alternativa.
(*) Se si vuole riconoscere l’integrità territoriale dell’Ucraina, si dove tenere conto anche della particolarità storica della Crimea. Quanto alla strategia stealth basata sulla trilogia droni-forze speciali-cyber, quindi l’idea di “guidare dalle retrovie”, è un chiaro segnale di evoluzione delle tattiche e degli strumenti bellici, ma ciò non significa necessariamente un disimpegno e la fine dei grandi dispiegamenti terrestri, come dimostrano le guerre in Ucraina e a Gaza.
(**) Percentuali sui valori in dollari ai tassi di cambio correnti (fonte: Banca Mondiale. Conti nazionali).
Invece, a parità di potere d’acquisto, le percentuali di caduta dell’Europa continentale (27) è analoga: dal primato della quota sul PIL mondiale pari al 23,5 del 1990, al 17,4 del 2008 e infine al 14,9 del 2022; anche gli Usa declinano: 21,5 (1990), 17,5 (2008), 15,6 (2022); balzo della Cina: 4,0 (1990), 11,8 (2008) e 18.5 (2022). Fonte: FMI, Word Economic Outlook, annate varie.
Da notare che l’euro raggiungeva il suo massimo storico nel 2003 sul dollaro, mentre la moneta americana raggiungeva il suo minimo contro l’euro nel 2008 (1,4708 dollari per euro), ma nel 2022 l’euro toccava il suo minimo sul dollaro da vent’anni (1,0530). Queste sono le cifre politiche dell’unilateralismo americano, che sfrutta le differenti crisi e difficoltà delle potenze concorrenti, inclusa la UE.
Non c'è alternativa.
RispondiEliminaPietro
Scrive Peter Sloterdijk:
RispondiElimina"Dal punto di vista di Todtnauberg la democrazia è una parola in codice per l'individualismo cittadino, per l'orientamento dell'esperienza vissuta, per l'usura di tutte le cose - in breve per la maschera politica del nichilismo.
...La democrazia forse è davvero un nome in codice per una tendenza generale della modernità, che affonda in profondità nella storia europea: l'individualismo moderno. Questo tuttavia ha forse un senso completamente diverso rispetto all'idea di una latente insurrezione "diabolica" contro le ingiunzioni dell'essere.
Se oggi gli Occidentali non hanno problemi a dirsi democratici, ciò accade per lo più non perché essi abbiano la pretesa di contribuire alla comunità nelle fatiche quotidiane, ma piuttosto perché essi considerano giustamente la democrazia come la forma sociale che permette loro di non pensare allo Stato e all'arte della convivenza."
Sarebbe ora che si recidesse definitivamente questo supposto cordone ombelicale che vuole unire la democrazia all'industrializzazione, al capitalismo.
"La consapevolezza che l'alleanza tra società industriale e democrazia non è affatto così inscindibile come gli ideologi occidentali vorrebbero, è da qualche tempo ragione di irritazione e apprensione per i teorici liberali dell'epoca industriale. È irritante quella cattiva società in cui il probo capitalismo sembra cadere, come accade in modo evidente, quando esso si conserva così perfettamente in società feudali e dittature."
Lungi da me sposare del tutto i pensieri di Peter Sloterdijk, ma è proprio nei suoi pensieri che trova conferma il mio "complottismo".
Ciò che si evidenzia dalle scelte politiche degli ultimi quattro anni e che oggi ha raggiunto un livello di non ritorno è proprio la credibilità del sistema statunitense, dal "fastidio" cinese a oggi, Washington, è riuscita a infilarsi in una strada senza uscita, con e sopratutto il contributo dei criminali israeliani, non credo quindi che Israele abbia ancora molta storia da scrivere in medio oriente, anche loro seguono una strada senza uscita.
Purtroppo gli affari sono affari, e arabi, persiani, turchi e russi continuano e continueranno a farli con gli israeliani insieme a tutti gli altri democratici.
Per l'Europa ci sarebbe ancora uno spiraglio di ragionevolezza, ma sembra prevalere la psicosi israelo-statunitense lanciata da tutti i media. Si potrebbe sempre non contaminarsi. Una nuova via di insularizzazione.
bonste
Sul fatto che Israele non abbia ancora molta storia ho molti dubbi.
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=VsAAts1kGA0 lascio qui per fare un dispetto :)
RispondiEliminanessun dispetto, anzi.
Eliminanessun determinismo, come dice Boldrin, al quale penso sfugga la dinamica intrinseca dell'imperialismo (che non è una "politica", ma il modo di esprimersi del capitalismo)
http://tinyurl.com/3b5rjwwn
RispondiEliminahttp://tinyurl.com/2rnvrfyz