(aggiornamento del 3/12 con link statistici)
A Gaza per gli islamici la musica è considerata ḥarām, ossia proibita da Dio. Ciò non toglie che esiste un Conservatorio di musica dove i giovani studenti vanno a suonare, dapprima annidato all’interno della sede della Mezzaluna Rossa palestinese (sede bombardata nel 2009). Quindi qualcosa di diverso dalla paura delle bombe e dall’ansia della relegazione spaziale, economica e sociale controllata dalle forze armate israeliane. C’era un pianoforte, l’ultimo pianoforte a coda di Gaza, sopravvissuto ai bombardamenti israeliani di nove anni fa, ritrovato in un teatro in rovina, e che una ONG belga aveva salvato. Tre anni dopo Daniel Barenboïm aveva finanziato il suo restauro. Ci sarà ancora quel pianoforte da qualche parte?
Quante cose sono così poco note di quelle che per noi sono lontane realtà (più facile il tifo per l’una o l’altra parte in causa).
Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica israeliano, sono circa 2 milioni gli arabi israeliani sui quasi 9 milioni di abitanti che popolano la cosiddetta “terra promessa” (qui le tabelle storiche aggiornate al 2022). Questa cifra include arabi musulmani, cristiani, drusi e beduini (da non confondere con i cittadini palestinesi in Israele). Ma non quelli ebrei. Espulsi dai Paesi arabi, gli ebrei iracheni, siriani, libanesi, egiziani, libici, marocchini, tunisini, algerini e yemeniti, per nascita o origine, sono 2,5 milioni. E così un israeliano su due è arabo (qui un altro sito di Tabelle ufficiali in PDF).
Alcune forze speciali dell’esercito israeliano sono composte esclusivamente da combattenti non ebrei. Potrei stupire sciorinando altri dati sulla composizione dell’esercito israeliano, ossia che una crescente aliquota di loro ha in tasca un Corano con la copertina di percalina blu decorata con arabeschi dorati (i musulmani costituivano nel 2019 il 17,9% della popolazione israeliana). La stragrande maggioranza dei soldati musulmani dell’IDF osserva le usanze dell’islam. I giovani militari pregano cinque volte al giorno e molte donne soldato indossano l’hijab, anche durante l’addestramento, sotto l’elmetto. Il battaglione da ricognizione 934 o Gadsar Nahal è l’unità delle forze speciali della Brigata Nahal. L’unità è tutta araba. E tuttavia tra i soldati di Daesh non c’è nessun giovane musulmano palestinese.
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C’è qualcosa di malsano in questa ossessione per la Palestina! Quante volte abbiamo subito questa invettiva, tale da far pensare che l’antisemitismo abbia qualcosa a che fare con questa insistenza di denunciare la criminale politica coloniale e il razzismo dello Stato ebraico.
Un piccolo esempio delle gratuite angherie alle quali sono sottoposti i contadini in alcuni villaggi della Cisgiordania. I contadini si alzano alle tre del mattino per raccogliere frutta e verdura prima che faccia troppo caldo. Ma i coloni israeliani li provocano e li bloccano per ore per poi lasciarli accedere ai loro campi intorno alle 11, quando il sole picchia.
La generazione palestinese più giovane non nutre più speranze di quella più anziana. Non si fida più di Fatah, che accusa di essere troppo conciliante con Israele. Credono che gli accordi di pace o di condivisione della terra siano solo parole vuote. Il mancato rispetto di questi accordi non comporta alcuna sanzione contro Israele. Per loro, che non hanno più nulla da perdere, la violenza è l’unico modo per farsi sentire. Questo chiaramente non è il modo più umano, ma è l’unico che è stato lasciato loro.
Ecco dunque il successo di Hamas, che a suo tempo aveva vinto le elezioni parlamentari (dopo aver vinto quelle municipali) ma, sotto la pressione di George Bush e degli israeliani, i risultati furono dichiarati nulli. Tuttavia Hamas aveva chiaramente indicato all’epoca che non avrebbe ostacolato i negoziati con Israele, che restavano dominio esclusivo del presidente Mahmoud Abbas (88 anni).
Dopo il triste fallimento del colpo di stato a Gaza, fomentato dal capo dei servizi segreti palestinesi Mohammed Dahlan, con l’appoggio americano-israeliano, si instaurò una sorta di status quo: la Cisgiordania a Fatah, Gaza ad Hamas, perpetuando così il sogno israeliano di una separazione di questi due territori, dove Gaza è la Palestina, la Cisgiordania un’estensione di Israele, cogestita con un’amministrazione palestinese e forze armate supervisionate e finanziate dall’UE e dagli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’illusione di un’indipendenza in costruzione, essa era svanita con i governi israeliani sempre più all’estrema destra e che affermavano apertamente di non avere intenzione di negoziare la fine dell’occupazione. Anche i palestinesi più moderati persero ogni speranza su un ritiro israeliano. Credevano a ciò che vedevano: una colonizzazione accelerata e massiccia da un lato, e una comunità internazionale complice ed estremamente codarda che prende atto, con un grande sospiro stanco, del disordine globale che si va intensificando.
Intanto, scrive il Sole 24ore, nella Cisgiordania gli israeliani stanno attualmente arrestando più palestinesi di quanti ne stiano liberando in cambio degli ostaggi.
Tutto questo spiega il massiccio sostegno ad Hamas.
https://www.officinadeisaperi.it/materiali/relazioni-pericolose-storia-dei-rapporti-tra-netanyahu-e-hamas-da-valigia-blu/
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