sabato 9 settembre 2023

C/2023 P1

 

Questa mattina stava lì, immobile nel cielo, verso est, dove in questo periodo brilla luminosissimo Venere. La si poteva vedere anche dopo l’alba, ma in tal caso senza la sua coda verde. Un puntino luminoso quando tutto il resto eclissa alla luce del giorno. Nulla a che vedere, però, con la Hale-Bopp del 1997, davvero straordinaria per luminosità e permanenza nel nostro cielo. Chi si fosse persa C/2023 P1 in questi giorni, per rivederla basterà si alzi all’alba nel 2455.

Lo spazio non smette mai di entusiasmarci, e questo è un bene. Sulla terra è un disastro. Per risolvere i problemi non c’è niente di meglio che puntare più in alto, in attesa che gli emissari di Elon Musk trovino un preservativo usato su Marte.

Tuttavia, nonostante i nostri sforzi, gli alieni rimangono disperatamente invisibili e muti. Tra ipotesi fertili e trovate pubblicitarie, la ricerca di E.T. dice più sulla nostra voglia di credere che sui nostri possibili coinquilini nello spazio siderale.

Di certo c’è che nell’ottobre del 2017 uno strano oggetto ha attraversato il nostro sistema solare. Proveniente all’incirca dalla direzione della stella Vega nella costellazione della Lira, ha raggiunto il perielio, punto di massima vicinanza al Sole (38 milioni di km), il 9 settembre 2017 e la minima distanza dalla Terra, circa 24 milioni di km, il 14 ottobre 2017, quattro giorni prima di essere scoperto dal telescopio Pan-STARRS 1, alle Hawaii.

Classificato con la sigla 1i/2017 u1, lungo circa 200 metri, altamente riflettente, aveva la forma di un disco o di una “vela” (91% di probabilità). Quando gli fu trovato il nome ʻOumuamua, che significa “messaggero da lontano, che arriva per primo” in hawaiano, si trovava già a più di 30 milioni di chilometri dalla Terra. Tanto che gli scienziati hanno potuto osservarlo solo per due mesi, prima che scomparisse per sempre.

Questo visitatore dallo spazio ha mostrato una mezza dozzina di anomalie rispetto a comete o asteroidi di passaggio vicino al Sole. Aveva un’orbita iperbolica e la sua eccentricità non poteva giustificarsi con l’incontro di pianeti, anche eventualmente sconosciuti nel sistema solare: se mai dovessero esistere, non potrebbero spiegare la traiettoria di ʻOumuamua, né aumentare la sua velocità relativa a quella osservata (fino a 315.756 km/h). Per questi motivi, ʻOumuamua non può che essere di origine interstellare (che si sappia è la prima volta di un oggetto compatto).

Inoltre, un’eccessiva spinta in allontanamento dal Sole che gli avrebbe richiesto di perderne circa il 10% della sua massa se causata dall’effetto razzo derivante dalla normale evaporazione di una cometa, e del resto avremmo assistito alla famosa fuoriuscita di gas che forma la coda dell’astro. Da osservazioni spettroscopiche è stato ipotizzato che sulla superficie di ʻOumuamua sia presente uno strato di materiale organico spesso circa 50 cm (ma ciò contrasta con altre osservazioni in relazione al suo spessore).

Tra le spiegazioni date sulla sua origine (un frammento di un pianeta simile a Plutone proveniente da un altro sistema planetario), ha destato sorpresa quella dell’astrofisico Avi Loeb, professore ad Haward. Mica pizza e fichi. Loeb, dopo aver considerato i modelli di origine naturale (comete e asteroidi) e viste le anomalie comportamentali e di proprietà di ʻOumuamua, ha suggerito la possibilità che tale oggetto potesse avere effettivamente un’origine artificiale, per esempio una specie di “vela”, con una grande area per unità di massa, sospinto dalla pressione della radiazione solare, condividendo tale qualità con l’artefatto 2020 SO, il razzo Centaur della missione lunare Surveyor 2 della NASA, lanciato il 20 settembre 1966.

Un dato di fatto: ʻOumuamua ha iniziato ad accelerare mentre attraversava il sistema solare (accelerazione non gravitazionale), e questa spinta potrebbe essere spiegata come effetto della radiazione solare se ʻOumuamua avesse uno spessore compreso tra 0,3 e 0,9 mm, ovvero fosse effettivamente una “vela solare” artificiale come ipotizzato dal professor Loeb (*).

Infine la domanda che Loeb si è posto: chi ha prodotto Oumuamua?

Personalmente non azzardo risposte, e però un oggetto simile, se le descrizioni corrispondono alla realtà, è davvero strano, quasi inverosimile. Tuttavia, dobbiamo tener presente che noi umani siamo simili a una colonia di formiche su un marciapiede che cerca di dare un senso ai ciclisti che passano velocemente (e delle cui qualità intellettuali ignoriamo tutto), per di più gravati come siamo da una dissonanza cognitiva che riflette il nostro disagio mentale quando certe cose non sono in linea con le nostre convinzioni.

Un incontro con una tecnologia aliena molto più avanzata della nostra ci porterebbe a riconoscere questa tecnologia come complessa, ma avremmo difficoltà a darle un senso. Un po’ come se un antico greco o romano vedesse sfrecciare nel cielo un nostro drone. Che penserebbero? Tutto quello che possiamo immaginare si basa su ciò che abbiamo sperimentato sulla Terra, nulla di più.

(*) Secondo il Comando Spaziale degli Stati Uniti i dati implicano che si tratti di un oggetto interstellare. Un oggetto che ha rivelato una velocità maggiore del 95% di tutte le stelle nelle vicinanze del Sole rispetto allo standard locale del resto della Via Lattea, e inoltre quell’oggetto doveva avere una forza materiale maggiore di tutte le 272 rocce spaziali nel catalogo CNEOS del Jet Propulsion Laboratory della NASA.

4 commenti:

  1. Insomma, gli eventuali alieni vengono, ci danno un'occhiata, ci schifano e se ne vanno
    Pietro

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  2. " siamo simili a una colonia di formiche su un marciapiede che cerca di dare un senso ai ciclisti che passano velocemente" sembra una citazione del famoso romanzo https://it.wikipedia.org/wiki/Picnic_sul_ciglio_della_strada dove si paragona l'umanità ad una colonia di formiche che esplora i resti di un Picnic al bordo di una strada. Da questo romanzo Tarkowskj trasse il film "Stalker",

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