mercoledì 27 settembre 2023

"L’inflazione venuta dal nulla"

 

“Il mercato del lavoro si sta finalmente adattando e probabilmente ci vorrà ancora un po’ di tempo per farlo [...] La creazione di posti di lavoro nel settore dei servizi si sta moderando e lo slancio generale sta rallentando”.

È un bene che con l’aumento dei tassi d’interesse, decisi dalla banca centrale europea, la gente perda il lavoro! Si possono sentire di queste cose in un sistema economico che non sia folle e gestito da sociopatici?

Epperò, dicono, non c’è altra soluzione che aumentare i tassi d’interesse. E grazie tante, ma come si è arrivati a questo punto? La politica monetaria degli anni dopo il 2008 è stata di un lassismo ed esuberanza senza precedenti. Senza credere che l’inflazione sia causata esclusivamente dalla politica monetaria, è ovvio che una politica di tassi d’interesse pari a zero, l’immissione di troppi soldi nel sistema, crea inevitabilmente molte bolle e causa l’inflazione.

Un esempio concreto è quello del mercato immobiliare americano, che rappresenta il più grande asset class globale di azioni e obbligazioni. Negli Stati Uniti, per la cronaca, il mercato immobiliare rappresenta tra le 2 e le 3 volte il Pil americano. In tre anni, tra il 2019 e il 2022, il patrimonio immobiliare americano, secondo dati presentati dal NYT, è aumentato del 45%. Quella politica monetaria, con un’eccessiva creazione di moneta, ha incoraggiato gli acquisti, spesso inutili o che non sono commisurati alle proprie possibilità di reddito (*).

Questo ci riporta con la memoria all’epoca del fallimento di Lehman Brothers. Negli Stati Uniti fu applicato il famoso quantitative easing (QE), un programma di riacquisto del debito da parte delle stesse banche centrali. Fu la risposta americana alla crisi dei mutui subprime: per salvare il sistema bancario, la Banca centrale dovette riacquistare essa stessa i debiti per garantire la liquidità come ultima risorsa e quindi la sostenibilità del sistema bancario.

In pratica, non è esagerato affermare che si trattava di salvare il capitalismo. Il rischio sistemico poteva giustificare queste misure eccezionali, ma non si è trattato solo di gestire la crisi finanziaria di allora o la crisi sanitaria causata dal Covid, cosa che poteva essere ammessa per la durata di un anno o due. Invece hanno continuato a utilizzare il quantitative easing praticamente fino a un’ora fa. E ciò ha ovviamente avuto conseguenze drammatiche sul comportamento di quelli che chiamano agenti economici e sui livelli di debito pubblico e privato.

Bilancio della Federal Reserve, 1914-2020 (in milioni di dollari)

Durante questo periodo, gli Stati hanno preso dalle banche centrali prestiti a tasso zero, ovvero allo 0,10%, allo 0,20%, cioè quasi per niente. Il denaro era praticamente diventato gratuito, una stimolazione monetaria senza precedenti e irrazionale volta a favorire la speculazione borsistica, ad arricchire chi di suo era già ben messo.

I dati del Fondo monetario internazionale, la cui rilevanza non è discutibile, mostrano che dopo il 2009, il debito pubblico mondiale in dodici anni passa dal 65-70% al 124%, ossia lo stesso identico picco post-seconda guerra mondiale.

Sarò demodé, ma la teoria monetaria che ha avuto largo corso negli ultimi decenni, la quale afferma che non c’è più limite sul livello del debito, che basta stampare moneta, e dunque che ciò che conta in definitiva è la prosperità e lo sviluppo, ci porterà verso una crisi che temo possa trasformarsi in uno tsunami economico-finanziario.

Le banche centrali sanno perfettamente di essere la causa di questa deriva e che la loro politica di denaro gratis non era né ragionevole né sostenibile. Di conseguenza, da circa un anno le banche centrali dei paesi che rappresentano circa la metà del Pil mondiale hanno adottato contemporaneamente la stessa politica: la riduzione drastica dei propri bilanci e l’aumento dei tassi. Ciò significa che stanno ritirando liquidità, creando rischi reali di un’inversione estremamente brutale del ciclo economico.

Naturalmente, altri fattori hanno contribuito all’inflazione: il confinamento, i problemi delle catene di approvvigionamento, la guerra in Ucraina con l’aumento del prezzo delle materie prime, ecc.. Cose note. Tuttavia i signori che hanno deciso di provocare la Russia sull’uscio di casa, quindi d’imporle sanzioni, sicuramente sono a conoscenza che la Russia è il principale esportatore di materie prime (un terzo, a quanto pare, delle materie prime). Perciò non possono pretendere di scoprire le conseguenze economiche solo dopo averle provocate e mascherandole con la propaganda mediatica dell’”aggressore” e dell’”aggredito”.

Christine Lagarde, in un’intervista dell’ottobre 2022, mentre descriveva Putin come un “uomo terrificante”, espresse la sua sorpresa dicendo: “l’inflazione è venuta fuori dal nulla”. Riescono sempre, sia pure maldestramente (eufemismo), a giustificare l’ingiustificabile. È quella stessa aristocrazia di censo e di scambi responsabile di aver scatenato una spirale di impoverimento e di distruzione del potere d’acquisto; la stessa timocrazia alla quale frega nulla che l’inflazione non colpisce allo stesso modo le diverse classi sociali, e che quando l’inflazione scende, per dire, al 5,2% rispetto alla stima fatta al 5,3%, parla di “una piacevole sorpresa”.

(*) « Existing home prices in the United States soared 45 percent from December 2019 to June 2022, when Covid emerged and then gripped the nation. That rate of increase over such a short interval had never happened in the history of the U.S. national home price index, dating back to 1987, which the economist Karl Case and I first developed». (Robert J. Shiller, FOMO Helped Drive Up Housing Prices in the Pandemic. What Can We Expect Next? NewYork Times, sept. 28, 2022.

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