mercoledì 20 settembre 2023

Il nostro Toynbee a proposito dell'immigrazione

 

Ieri sera, in tema d’immigrazione, ascoltavo quello che passa per essere il nostro Toynbee, il quale proponeva che l’Europa, dunque in primis l’Italia, facesse come fecero gli Stati Uniti tra l’Ottocento e il Novecento. La conduttrice della trasmissione, di cui si può dire molto ma non che sia stupida, non gli ha riso in faccia solo per pietà.

Possibile che Paolo Mieli non si renda conto delle sproporzioni riguardo la situazione di allora degli Stati Uniti e quella odierna dell’Europa? Possibile non sappia che, a un certo punto, Washington introdusse leggi con rigide quote d’entrata sulla base delle nazionalità degli immigrati e accordi con Paesi che non esistevano solo sulla carta? E che lo poteva fare in quanto per attraversare l’oceano sono necessarie delle grandi navi mentre, al contrario, per arrivare a Lampedusa dalle coste nordafricane è sufficiente un gommone e poche ore di viaggio?

Possibile non sia chiaro che, proprio sulla base dell’esperienza storica americana, una reale integrazione tra popolazioni di cultura (e di pelle, finiamola con le ipocrisie!) così diverse può darsi come eccezione e non come pratica normale? Che, sempre appunto sulla base della storia americana, questo tipo d’immigrazione può comportare dei seri problemi di convivenza? E dunque, se Mieli voleva fare un esempio storico, sarebbe stato più opportuno che risalisse a quanto accadde nel 376 sul Danubio e ciò che seguì. Indagando le cause che produssero le crisi di allora, il nostro Toynbee scoprirebbe delle analogie di sicuro interesse per i suoi concioni televisivi, giornalistici ed editoriali.

Il maggior problema, anche a riguardo dell’immigrazione, è costituito dal fatto che la UE esiste solo come unione monetaria, con prevalenza dei grandi interessi delle consorterie economico-finanziarie e della grande borghesia, ma non come una reale unione politica (nell’accezione ampia e concreta del termine). Né mai esisterà come tale, anzitutto perché Washington non lo consentirebbe, poi perché ogni Paese europeo va per la sua strada, prevalendo il nazionalismo spinto e interessi contrapposti (vedi, tra mille esempi, che un accordo tra TotalEnergies ed ENI e tra Libano ed Israele per la spartizione dei giacimenti di gas è avvenuto solo sotto l’egida di Washington). Ed è un fatto normale ed ineliminabile quando dominano i grandi affari mentre il pubblico è distratto dalle chiacchiere. La vicenda jugoslava, quella libica e quella ucraina, da ultimo quella Gabon-Niger, ne sono prova. Per tacere di tante altre cose.

4 commenti:

  1. C'è un refuso Dottore'
    Con stima silente e imperitura
    Luigi

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  2. Però per secoli l'impero romano ha visto la convivenza di genti diverse per lingua, cultura, religione, colore. Quella del 376 è una storia di corruzione, disorganizzazione, e peculato da parte dei romani, e di disperazione ed esasperazione da parte dei profughi. Se qualcosa possiamo imparare da quella vicenda è che se uno è disposto a rischiare la vita per "cercare fortuna", non si ferma di fronte a nulla.
    Pietro

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