giovedì 14 settembre 2023

Non è semplicemente una lotta tra destra e sinistra

 

Hanno innescato reazioni le dichiarazioni di Tim Gurner, fondatore della società immobiliare Gurner Group, espresse durante il vertice immobiliare dell’Australian Financial Review.

Per l’amministratore delegato, il crescente tasso di disoccupazione è un fattore positivo in quanto i licenziamenti si traducono secondo lui in “meno arroganza nel mercato del lavoro”, auspicando più licenziamenti ancora. Il tasso ideale di disoccupazione dovrebbe raggiungere il 40-50%.

La sua azienda ha un portafoglio di 9,5 miliardi di dollari e il suo patrimonio personale ammonta a 677 milioni di dollari, collocandolo al 192° posto nella lista dei 250 ricchi australiani. “Dobbiamo ricordare alle persone che lavorano per il datore di lavoro, non viceversa. [...] Dobbiamo eliminare questo atteggiamento e questo deve avere conseguenze negative sull’economia, che è ciò che il mondo sta cercando di fare. I governi stanno cercando di aumentare la disoccupazione per ottenere una sorta di normalità”.

Esatto, è quello che i governi e le banche centrali dichiarano esplicitamente di voler fare: una recessione “controllata”. Il regime di tassi d’interesse elevati, avanzato nel nome della “lotta all’inflazione” e nel tentativo di organizzare un “atterraggio morbido”, è in realtà rivolto direttamente alle classi salariate, alterando le condizioni del mercato del lavoro a livello universale.

L’aumento della disoccupazione ha lo scopo di forzare verso il basso i salari e correggere l’“atteggiamento” dei lavoratori. È il vero volto del capitalismo e di chi lo sostiene a livello ideologico ammantandosi di “realismo”.

La tempesta che si sta addensando nel settore immobiliare non riguarda solo l’Australia, o la Cina, ma in tutto il mondo. È il risultato della bolla speculativa sviluppatasi sulla scia delle politiche di allentamento quantitativo (soldi a costo zero) perseguite dalla Federal Reserve americana e da altre banche centrali dopo la crisi finanziaria globale del 2008.

Molti dei miliardi immessi nel sistema finanziario sono finiti nel settore immobiliare. Insieme alla caduta dei tassi d’interesse ai livelli più bassi della storia, ha creato un boom per gli speculatori di ogni specie e categoria.

Gurner è uno di quegli speculatori. La sua ascesa da piccolo acquirente e venditore di case a magnate immobiliare non è stata il risultato di un duro lavoro e capacità come gli piace sostenere (la mitologia del self-made man). Dopotutto, milioni di lavoratori lavorano molto più duramente e in condizioni più onerose di quanto Gurner abbia mai sperimentato.

Nel contesto dell’economia capitalistica la cosiddetta “meritocrazia” non è altro che uno stereotipo colmo di ambiguità, fatto passare come orizzonte di aspettativa nella mal riposta ambizione dei “figli del popolo” di promozione sociale per i più “bravi”, spesso creando nei luoghi di sfruttamento un’atmosfera satura di carrierismo. In realtà siamo ben lontani dall’avvento di una società che realizzi un’autentica uguaglianza di opportunità.

Proprio non si vuol capire che la lotta ideologica è la forma di lotta più importante nella nostra epoca. La grande borghesia l’ha capito da tempo e il “pensiero liberale” questa guerra l’ha stravinta. Non è semplicemente una lotta tra destra e sinistra, come sostiene Pierluigi Bersani nelle sue recidive televisive nel disperante tentativo di rintracciare i favori di un elettorato che però è ormai lontano.

Senza nasconderci la profonda modificazione sociale e di aspettative maturate negli ultimi decenni, mi chiedo: che cosa s’è fatto, a sinistra, per contrastare l’habitus modellato dalla e per la competizione e da una preoccupazione e frustrazione nevrotica per il successo e il denaro? Perché stupirsi dello stato attuale delle cose quando ci si è accodati alla filosofia del “mercato”, incoraggiando le persone ad adottare il comportamento di un vincitore impegnato corpo e spirito nella lotta quotidiana per il primato?

“Scegliere” il proprio futuro può sembrare entusiasmante; è attraverso questo tipo di promesse che s’instaura negli individui lo spirito del capitalismo e si motivano le masse. Come se il numero di posti nell’autobus sociale non fosse predeterminato; come se si trattasse di reale uguaglianza di probabilità e non invece che gran parte di quei posti sono assegnati per cooptazione di rango familiare (provate a risalire “per li rami” degli alberi genealogici delle grandi famiglie dell’aristocrazia del denaro).

Non mi nascondo il rischio che la critica di tali aspetti legati al successo e al denaro si riveli inefficace a causa della sua esteriorità rispetto al significato comune. L’idea che l’individuo ha il diritto di derivare il beneficio personale dalle proprie capacità è insopprimibile in una società divisa in classi. Il carattere meritocratico della società porta anche chi non ne ha beneficiato a riconoscerne la legittimità di quest’ordine sociale.

La forza del merito, della selezione meritocratica, è stata fatta apparire come principio di legittimazione delle disuguaglianze, incrollabile al punto che è diventata una tautologia del senso comune. E ciò serve anche a disinnescare le tensioni sociali, poiché chi resta indietro nella scala sociale incolpa sé stesso invece di rifiutare un sistema che ha tutto l’interesse a creare e mantenere le disuguaglianze.

A chi oggi potrebbe sembrare incongruo dire: “A ciascuno secondo i suoi meriti”? E poi, diciamocelo chiaro, l’ideale meritocratico lusinga anche il sentimento dell’essere attore del proprio destino. Non c’è nulla di esaltante nel sentirsi oggetto di un processo di “antroponomia” distributiva, dimenticando però che in tema di bisogni la crudeltà del merito nasconde un abisso di barbarie, è una finzione necessaria al sistema di sfruttamento, come dimostra, da ultimo, un Tim Gurner.

Sono mancate le risorse intellettuali per opporsi alle conseguenze psicologiche della violenza (non solo simbolica) del “pensiero liberale”, a una simile destrutturazione ideologica e politica? Quel pensiero è diventato il pensiero di riferimento della sinistra nel connubio con quanto di peggio poteva offrire l’orbita radical-borghese (alla Emma Bonino, Calenda, eccetera, per intendersi) e del conservatorismo cattolico. Un Renzi, tanto per fare un nome significativamente negativo tra i tanti, chi l’ha sdoganato e permesso che arrivasse ad essere capo del partito? Sarebbero bastate un paio di domande per dichiararlo inidoneo anche solo ad essere iscritto al partito.

Non ci si è astenuti dal prendersi gioco in modo osceno dei propri elettori. E così la fuga dalla classe ha indebolito la coscienza di classe e l’azione collettiva, con i tragici risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Lungi dal contrastare direttamente la destra, la sinistra “liberale” in buona sostanza ha condiviso lo stesso progetto. I teorici del “socialismo liberale” per decenni hanno focalizzando il loro discorso per una “concorrenza libera e non distorta”, sull’adattarsi all’individualismo competitivo, lasciando intendere che il “merito” sia sinonimo di giustizia sociale. La vittoria a tutto campo del “pensiero liberale” è tale che adesso può liberarsi anche di questi ultimi lacerti di progressismo riformista.

Tornando a quel tomo di Gurner, la bolla speculativa che ha permesso a queste merde di ascendere al paradiso finanziario si sta sgonfiando sotto l’impatto di un regime di tassi di interesse elevati. Questo è il significato dello sfogo di Gurner. Non si tratta del delirio di un individuo ma dell’espressione delle discussioni in corso nei consigli di amministrazione delle aziende, nell’establishment politico e nelle organizzazioni finanziarie.

3 commenti:

  1. La Restaurazione volle ridurre la Rivoluzione a mera parentesi storica, pensando di poter rimettere il coperchio alla pentola che ribolliva. Così ora la classe dominante pensa di poter ridurre 150 anni di lotte e di rivendicazioni, che avevano portato la condizione dei lavoratori almeno alla decenza, a parentesi e ritornare al capitalismo arrogante dei tempi di Bava Beccaris.
    Purtroppo, come tu scrivi, i padroni hanno imparato la lezione e sanno che non bastano i cannoni per controllare le masse e allo scopo hanno costruito un sistema ideologico e di propaganda. La restaurazione potrebbe risultare vittoriosa stavolta, e dovremmo rassegnarci, ma la nostra rassegnazione è proprio uno dei loro obiettivi. Non rassegnamoci dunque, anche perché non si sa mai quali sviluppi possono avere i processi storici.
    Pietro

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  2. Post prezioso. Francesco

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