«Dopo mesi di attesa, le forze ucraine – recentemente addestrate su complesse tattiche di guerra e armate con miliardi di dollari in sofisticate armi occidentali – la scorsa settimana hanno lanciato operazioni su più fronti nel tentativo di cacciare le unità militari russe trincerate, una controffensiva che molti funzionari degli Stati Uniti e d’Europa dicono che potrebbe essere un punto di svolta nella guerra.
«Molto dipende dal risultato. Non c’è dubbio che la nuova spinta militare influenzerà le discussioni sul futuro sostegno all’Ucraina così come i dibattiti su come garantirne il futuro. Ciò che rimane poco chiaro, tuttavia, è esattamente ciò che Stati Uniti, Europa e Ucraina considerano una controffensiva “riuscita”».
Non è l’Izvestija a scriverlo, ma il New York Times il 10 giugno. Che così prosegue: «Pubblicamente, i funzionari americani ed europei lasciano qualsiasi definizione di successo al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per ora, il signor Zelensky non ha stabilito alcun pubblico obiettivo, al di là della sua richiesta spesso ribadita che le truppe russe debbano lasciare l’intera Ucraina. È riconosciuto come un maestro della comunicazione; qualsiasi percezione che stia facendo marcia indietro su quell’ampia ambizione rischierebbe di minare il suo sostegno in un momento critico».
Questo per quanto riguarda le dichiarazioni pubbliche, ma in privato cosa pensano i funzionari statunitensi ed europei? «In privato, i funzionari statunitensi ed europei ammettono che è altamente improbabile spingere tutte le forze russe fuori dal territorio ucraino occupato. Tuttavia, due temi emergono come chiare definizioni di “successo”: che l’esercito ucraino riconquisti e mantenga aree chiave del territorio precedentemente occupato dai russi, e che Kiev infligga all’esercito russo un colpo debilitante che costringe il Cremlino a mettere in discussione il futuro delle sue opzioni militari in Ucraina».
Più in dettaglio ancora: «Qualche successo sul campo di battaglia, decimando l’esercito russo, riprendendo una parte dei territori, potrebbe aiutare Kiev a ottenere ulteriori aiuti militari dall’Europa e dagli Stati Uniti. Inoltre rafforzerebbe la fiducia nelle capitali alleate che la loro strategia di trasformare le forze ucraine in un esercito di tipo occidentale sta funzionando. E, cosa più importante, un tale risultato creerebbe un maggiore sostegno in Europa per una sorta di garanzia di sicurezza a lungo termine per Kiev e rafforzerebbe la posizione dell’Ucraina al tavolo delle trattative».
Tavolo delle trattative? Si legge sempre nell’articolo: «Il successo non è garantito. Durante la guerra, l’esercito ucraino, con truppe profondamente motivate, operazioni militari creative e armi occidentali avanzate, ha superato l’esercito russo. Ma negli ultimi mesi gli ucraini hanno anche avuto difficoltà a sloggiare i russi dalle loro trincerate posizioni difensive, con le linee del fronte che si muovono appena. Tuttavia, l’Ucraina ha dimostrato di poter lanciare offensive vincenti, come quella dello scorso anno in cui ha conquistato una grande quantità di territorio a est di Kharkiv e, dopo un lungo combattimento, ha riconquistato la città meridionale di Kherson».
Tuttavia: «Le agenzie di intelligence americane hanno valutato che gli scenari più probabili sono piccole vittorie ucraine nella fase iniziale dei combattimenti, come la riconquista di alcune parti del Donbas o l’espulsione della Russia dalle aree agricole e minerarie nel sud- est dell’Ucraina».
Lo stato della guerra: «Controffensiva ucraina: le forze ucraine hanno intensificato gli attacchi nella regione meridionale di Zaporizhzhia in quello che secondo i funzionari statunitensi sembrava essere l’inizio di una controffensiva ucraina a lungo attesa. Inondazioni ucraine: le inondazioni hanno costretto alla fuga migliaia di residenti nelle comunità lungo il fiume Dnipro dopo la distruzione di una diga controllata dai russi nel sud dell’Ucraina, di cui Kiev e Mosca si sono incolpate a vicenda. I satelliti spia statunitensi hanno rilevato un’esplosione alla diga poco prima che crollasse, ma non è chiaro cosa abbia causato la sua distruzione».
L’obiettivo strategico: «Kiev rivendica la costa sud-orientale sul Mar d’Azov. Se l’Ucraina potesse guidare le sue forze verso la costa, tagliando fuori la Crimea, il signor Zelensky potrebbe considerarla una grande vittoria. Ma se le forze ucraine non raggiungessero il mare e prendessero invece città di medie dimensioni nel sud dell’Ucraina, ciò restringerebbe effettivamente il ponte terrestre.
«Da quelle posizioni – prosegue l’articolo –, le forze ucraine potrebbero usare l’artiglieria a medio raggio per minacciare i posti di comando russi in Crimea e qualsiasi convoglio di rifornimenti militari che la Russia invia lungo la costa. Mentre le forze russe in Crimea sono attualmente ben rifornite, hanno detto i funzionari americani, assediare il ponte di terra renderebbe loro l’inverno difficile. Riconquistare il territorio è una cosa, ma ciò che è cruciale, hanno detto i funzionari americani, è che le forze ucraine lo mantengano».
Sintesi dell’articolo: 1) di questa controffensiva Zelensky, buon propagandista, non ha stabilito alcun obiettivo, né minimo né massimo, perché sa di giocarsi il sostegno sia interno e sia quello dell’Occidente; 2) Washington e le capitali europee sanno che questa controffensiva vale come saggio per misurare la preparazione e la tenuta le forze ucraine anche in prospettiva futura; 3) ciò che gli Usa-Nato si aspettano, per avere maggior peso in eventuali future trattative, è anzitutto l’interruzione dei collegamenti terrestri russi con la Crimea e il mantenimento delle posizioni conquistate; 4) se questi successi verranno a mancare, ciò influenzerà le decisioni sul futuro sostegno all’Ucraina così come i dibattiti su come garantirne il futuro.
Considerazioni: questo è ciò che sostiene il NYT, ma la verità su cosa pensano e preparano a Washington potrebbe essere ben diversa. Gli Stati Uniti hanno la necessità anzitutto di non perdere la faccia e di raggiungere il loro obiettivo strategico, che è quello di liquidare Putin per poter controllare l’Asia centrale, soggiogare la Russia e metterla in condizione di non nuocere. Nessuno può onestamente dubitare che gli Usa-Nato, spingendosi fino ai confini della Russia, circondandola militarmente dal Baltico al Mar Nero, puntassero a un equilibrio pacifico con essa.
Le fabbriche di armamenti funzionano a pieno regime, tutti i progressi tecnologici si stanno trasformando in armi da guerra e tutto ciò sarebbe colpa di Putin? Se i due contendenti sul terreno volessero realmente mettere fine al conflitto, non sarebbe difficile trovare una formula. Gli Usa-Nato battono una strada diversa e il conflitto inevitabilmente si invelenisce sempre di più e non può avere altra prospettiva che la sua continuazione. Quanto ai media occidentali essi continueranno la loro sterile campagna a base d’insulti e di spropositi storici e geografici. A pagarne le conseguenze è il popolo ucraino. Chi invece trae vantaggio da tale stato di cose mi pare evidente.
Per quanto riguarda la controffensiva in atto, Washington ha bisogno di una vittoria tangibile da presentare all’imminente vertice Nato dell’11-12 luglio a Vilnius, in Lituania.
L’incontro di Vilnius è stato concepito come un vertice dei vincitori, in cui i successi sul campo di battaglia dell’Ucraina servirebbero come base per tutta una serie di ultimatum alla Russia, compreso un ritiro completo non solo dalle parti dell’Ucraina conquistate nel 2022, ma anche dalla penisola di Crimea. Se le cose non dovessero andare come auspicato, il vertice potrebbe diventare l’occasione per un’ulteriore massiccia escalation del coinvolgimento USA-Nato nella guerra, per esempio con la dichiarazione di una no-fly zone sull’Ucraina e il dispiegamento di truppe di terra da Stati membri (Polonia) della Nato in Ucraina (le dichiarazioni dell’ex segretario generale della Nato Anders Rasmussen in tal senso).
Forse non ce ne rendiamo ben conto, ma per la Nato, non meno che per la Russia, la guerra sta assumendo un carattere esistenziale (in tal senso leggo le esplicite parole, da ultimo, di Mario Draghi). I responsabili politici e i pianificatori militari americani temono la prospettiva di dover combattere due guerre contemporaneamente: con la Russia in Europa e con la Cina in Asia. Dunque qualcuno potrebbe decidere un azzardo strategico.
Io me ne rendo ben conto, e come me tanti altri.
RispondiEliminaIl problema è il senso di impotenza che ci prende a noi tutti. Perché cosa possiamo fare? Un bel niente!
Non abbiamo nessun potere per fermare tutto ciò.
evidentemente i "tanti altri" non sono poi così tanti.
Eliminacerto, il senso di impotenza su questo come su tante altre cose. tacere serve ancora meno e lascia campo libero al discorso dominante.
https://www.officinadeisaperi.it/eventi/linternazionale-pacifista-ce-presto-la-mobilitazione-mondiale-da-il-fatto/
RispondiEliminaÈ MORTO!
RispondiEliminaCondoglianze a Lei e famiglia.
Elimina😂😂😂
Eliminahttp://www.linterferenza.info/cultura/la-guerra-piace-non-la-conosce/
RispondiEliminaConsiderando ciò che hanno lasciato 33 anni di interventi umanitari occidentali si può tranquillamente affermare che il sistema di potere d'oltreoceano ("permanent Washington", come lo chiamano i suoi detrattori) non teme di perdere la faccia, che deve essere di bronzo. La guerra è un affare in sé, come nel 1918 molti sperano che duri il più a lungo possibile; deve essere noioso armare un caso bellico tra una campagna elettorale americana e l'altra.
RispondiElimina(Peppe)