giovedì 22 giugno 2023

Sonni tranquilli tutte le notti

 


La vicenda del mini sommergibile Titan, disperso da domenica nel Nord Atlantico a quasi mille chilometri a sud di Terranova e a una profondità di 3.800 metri, è seguita da milioni di persone in tutto il mondo.

È inevitabile che un tale evento, in cui c’è una corsa contro il tempo e gli elementi, attiri l’interesse e la preoccupazione di decine di milioni di persone per coloro che sono intrappolati in condizioni di pericolo di vita.

Nel 2018, il direttore delle operazioni marittime della società, David Lochridge, presentò quello che viene descritto dai media come “un severo rapporto sul controllo della qualità” del sommergibile, e manco a dirlo fu licenziato.

Anche se il sommergibile fosse localizzato, gli sforzi per salvare i passeggeri sarebbero ostacolati dal fatto che praticamente non esistono attualmente capacità di salvataggio adeguate.

Nel 1960, la Marina degli Stati Uniti vantava nove navi di salvataggio sottomarino dedicate e due rimorchiatori della flotta attrezzati per il lavoro di salvataggio sottomarino. Oggi, il servizio non dispone che di un’unica nave di soccorso sottomarino a ciò dedicata. Anche il salvataggio sottomarino è diventato oggi un’impresa ampiamente privatizzata.

Cinque i passeggeri del Titan che hanno intrapresero l’immersione per vedere il relitto del Titanic, il transatlantico che affondò nell’aprile del 1912: Stockton Rush, CEO di OceanGate Expeditions (la società che gestisce i tour del Titanic); il ricco uomo d’affari e avventuriero britannico Hamish Harding; il direttore aziendale pakistano Shahzada Dawood e suo figlio, Suleman; l’esperto di immersioni francese Paul-Henri Nargeolet. Probabilmente sono già morti o stanno morendo (*).

Ironia della sorte sta nel fatto che due ricchi pakistani sono passeggeri del Titan, mentre centinaia di uomini, donne e bambini pakistani impoveriti sono morti nel Mediterraneo, e salta all’occhio che la copertura mediatica (soprattutto anglosassone) dell’episodio del Nord Atlantico è molto diversa dal trattamento riservato alla tragedia della scorsa settimana al largo della costa greca. Là le persone, pakistani, egiziane, siriane, afgane e palestinesi, sono morte senza che il loro nome fosse citato nei notiziari, ed è improbabile che alcuni di loro saranno mai identificati.

I motivi e le circostanze dei due eventi sono molto diversi, così come la frequenza degli episodi, e dunque in certa misura è anche comprensibile il diverso impatto mediatico. Tuttavia non posso fare a meno di notare come in realtà delle migliaia di morti affogati nel Mediterraneo importi poco a livello di istituzioni e di governi (non molto mediamente anche presso l’opinione pubblica europea, diciamoci la verità), così come le decine di morti giornalieri di quella follia che è la guerra in Ucraina.

Eppure per qualsiasi governo o forza navale lo desiderasse, sarebbe molto più facile salvare un natante in difficoltà in mezzo al Mediterraneo che un sottomarino sul fondo dell’oceano. Così come sarebbe ora di dire: basta con questa follia della guerra, sediamoci attorno a un tavolo e non ci alziamo fino a quando non s’è raggiunto un ragionevole accordo. E invece in tutti questi casi a dettar legge è un ordine mondiale e sociale disfunzionale e criminale. Politici, funzionari e noi brava gente dormiamo sonni tranquilli tutte le notti.

(*) Il Titanic, vale la pena ricordarlo, trasportava solo 20 scialuppe di salvataggio, in grado in teoria di ospitare 1.178 persone, poco più della metà delle 2.200 persone a bordo, e molte di quelle messe in mare furono utilizzate solo per metà della loro capacità d’imbarcare naufraghi.

L’affondamento del transatlantico, come hanno dimostrato varie indagini, era evitabile e il bilancio delle vittime poteva essere più contenuto. Il disastro fu il risultato combinato d’innumerevoli errori e di semplice stupidità, ma soprattutto della volontà della società armatrice di pubblicizzare le prestazioni della nave.

Dei circa 709 passeggeri del Titanic di terza classe, circa 537 morirono, mentre solo il 3% delle donne di prima classe subì quel destino. Come è stato ben documentato, i passeggeri di terza classe a bordo del Titanic erano confinati nella loro area nei ponti inferiori da cancelli grigliati, alcuni dei quali non venivano mai aperti.

1 commento:

  1. mi meraviglio della meraviglia vista la qualità della "merce":
    https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/il-nulla-la-noia-il-degrado-labbrutimento-sociale-e-umano-da-interferenza/

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