«Una delle caratteristiche più terribili della guerra è che la propaganda militare, tutto questo ululato straziante, bugie e grida di odio sono inventati da persone sedute nelle retrovie» (George Orwell, dal documentario In Memory of Catalonia, 1938).
La scorsa settimana, è stato pubblicato un articolo di Sergej Karaganov, importante esperto russo di politica estera e di difesa, presidente onorario del Presidium del Consiglio per la politica estera e di difesa. Insomma, ha buoni rapporti con chi detiene il potere in Russia.
La sua argomentazione è la seguente: per “spezzare la volontà dell’Occidente”, la Russia “dovrà rendere nuovamente convincente la deterrenza nucleare abbassando la soglia per l’uso delle armi nucleari”.
“Il nemico deve sapere che siamo pronti a effettuare un attacco preventivo come rappresaglia per tutti i suoi atti di aggressione presenti e passati, al fine di impedire lo scivolamento nella guerra termonucleare globale.
“Ma cosa succede se non si tirano indietro? In tal caso, dovremo colpire una serie di obiettivi in diversi paesi per riportare in sé coloro che hanno perso la testa”.
È chiaro che questo modo di (s)ragionare non è unanime in Russia: la guerra, e in particolare quella nucleare, è un cattivo modo per risolvere i problemi. Tuttavia il presidente Putin, prevenendo ciò che potrebbe essere deciso prossimamente in ambito Nato, ha confermato che la Russia ha già dislocato un primo lotto di armi nucleari tattiche in Bielorussia, una mossa destinata, secondo il leader russo, a richiamare all’ordine chiunque “pianifichi d’infliggerci una sconfitta strategica”.
John Kirby, coordinatore per le comunicazioni strategiche presso il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato ieri: «Non vediamo – fatta eccezione per la burrascosa retorica – alcuna indicazione che vi sia alcuna intenzione di utilizzare armi nucleari in Ucraina. E posso anche assicurare che non abbiamo visto nulla che ci costringesse a cambiare l’allineamento dei nostri mezzi strategici, non abbiamo fatto passi del genere».
La sfera strategica nucleare implica che ogni detentore dell’arma abbia un sistema dottrinale coerente, che non è basato solo sulla nozione di deterrenza. Per quanto riguarda la Russia, se chiamata a difendere il proprio territorio, essa non rinuncerà a difendersi con ogni mezzo. Alle armi convenzionali si affiancherebbe l’utilizzo delle armi nucleari di teatro, e a queste, se necessario, seguirebbero le armi nucleari strategiche.
Non si tratta di una mera ipotesi, ma di ciò che è previsto dai protocolli operativi e dalle predisposizioni attive di difesa. Inoltre, dobbiamo tener presente che se è possibile controllare le armi, non sempre è possibile controllare le intenzioni. Oggi c’è Putin al comando (lasciamo stare che ci venga proposto come un orco), domani non si sa.
A fronte dell’impasse in cui si trovano le truppe ucraine, che dobbiamo fare? Mandare altre armi, più potenti e in grado di colpire direttamente la Russia e allargare la partecipazione diretta al conflitto a forze Nato? Un giorno i motivi che stanno in radice a questa guerra saranno più chiari anche a chi abitualmente crede di stare dalla parte dell’indiscussa “ragione”. Mai perdere la speranza.
L’atomo ha avuto nella guerra fredda un potere equalizzatore, ma qual è oggi l’effettiva soglia d’innesco per l’uso di armi nucleari? Sarà disposta Washington a rischiare un conflitto nucleare e sacrificare Boston per Kherson o Chicago per Poznań? E quando si dovesse scoprire che Washington non è disposta a tale sacrificio, come la prenderebbe l’Europa?
Non solo questa guerra e il rischio reale di un suo allargamento non sembrano trovare vie d’uscita, ma lo stesso scontro tra Occidente e Russia non è destinato ad esaurirsi con l’eventuale fine del conflitto armato in Ucraina. Tutto ciò era già contenuto in premessa con l’allargamento della Nato ad Est e con il sobillamento dello sciovinismo ucraino e degli ex Paesi aderenti al Patto di Varsavia.
La guerra in Ucraina finirà, ma non finirà mai il dopoguerra.
La vicenda – reale o simulata o anche in parte reale e in parte simulata – del rientrato putsch di Prigohzin ripropone ancora una volta la questione, per dirla con Max Weber, del monopolio statale della violenza legittima. Questo significa che le questioni relative al combattimento e alla sicurezza nazionale non possono essere gestite da equivalenti
RispondiEliminapost-moderni (ma in realtà pre-moderni) delle trecentesche compagnie di ventura. Le forze armate richiedono un’autorità indivisa e devono esistere e funzionare meccanismi di controllo sulle azioni di codeste organizzazioni, in modo che i loro rappresentanti non siano tentati di usarle per accumulare potere, ricattare l’esecutivo e intraprendere avventure. Sotto il profilo politico e strategico, prima ancora che etico, la realizzazione degli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale da parte della Federazione Russa richiede la rottura totale con il neoliberismo nella vita e nell’azione dello Stato. Con l’estendersi e l’intensificarsi delle operazioni militari al fronte non possono più esistere spazi liberi per una insurrezione militare nelle retrovie dell’esercito. A questo punto, quando la maggioranza dei Paesi del mondo guarda con comprensione, senza ostilità e spesso con favore lo sviluppo dell’azione armata a sostegno di una giusta causa, soltanto l’unità organica di tutte le forze attorno ad un gruppo dirigente convenientemente epurato può portare alla vittoria completa sul fascismo nell’area dell’Operazione Militare Speciale. Ancora una volta, non può non colpire il fatto che la Russia scuote con la sua azione tutti i rami dell’albero planetario e conferisce agli obiettivi della smilitarizzazione e della denazificazione dell’Ucraina una portata decisiva per il futuro dei popoli russo e ucraino, di tutti i popoli che vivono nel vasto spazio eurasiatico e, quindi, del mondo intero.
https://orazioparisotto.com/la-rivoluzione-globale-per-un-nuovo-umanesimo-2/regolamento-mondiale-per-la-civile-convivenza/
RispondiEliminao così, o ......