lunedì 12 giugno 2023

Come ormai tutto il mondo sa

 

È morto l’uomo più famoso d’Italia. Non il papa, l’altro. Dove avrà scelto – sì, è lui che sceglie – di trascorrere la sua eternità? Se, com’è probabile, avrà scelto il paradiso, finalmente sapremo il sesso degli angeli. Si è applicato tutta la vita per essere l’incarnazione del maschio latino in tutto il suo splendore e in tutta la sua arroganza. Se invece, non si può escludere, avrà optato per l’inferno, sarà meglio che Satana si aggrappi alla sua poltrona esecutiva Ikea perché sta arrivando un serio concorrente.

Berlusconi era capace di tutto e l’ha ampiamente dimostrato nel corso della sua interminabile carriera politica, iniziata nel 1994, all’indomani di Mani Pulite. Ironia della sorte, quella “ramazzata” giudiziaria, che aveva lo scopo di recidere il cordone ombelicale che legava i partiti politici italiani a un ramificato ed esteso sistema corruttivo, ha spianato paradossalmente la strada al più ... abile e al più disinibito di tutti. Imprenditore a tutto campo – immobiliare, televisione, cinema, editoria, finanza, pubblicità, telefonia, calcio – Berlusconi è diventato in un batter d’occhio il pilastro fondamentale della politica italiana degli ultimi trent’anni.

Da allora non ha mai lasciato il palco e furono in molti a sognare che lui potesse salvare l’Italia e restituirle il suo naturale buon umore. Qualcuno insinuava che aveva aiutato la mafia a passare al digitale, ma io non ci credo. Persino le capitali europee furono rassicurate: meglio lui e qualche scherzo innocente che la minaccia di una sinistra che allora non puzzava ancora di cadavere e riusciva a radunare un milione di persone nelle piazze.

Il suo ingresso in politica è stato di un ordine del tutto inedito, e con conseguenze che sono andate ben oltre i confini dell’Italia. È stato abilissimo nello sfruttare il fatto che media e politica sono due facce della stessa medaglia, a scolpire nel marmo l’dea che lo Stato è un business come un altro e che il cinismo può servire da moralità, aprendo la strada a una schiera di avatar. Soprattutto è stato il primo a sdoganare l’estrema destra. Ci mancherà? No. E tanto meno visto che oggi abbiamo molto a che fare con la sua eredità.

Ridiamo, è tutto quello che resta da fare.

9 commenti:

  1. A Silvia

    Silvia, rimembri ancora
    Quel tempo della tua vita mortale,
    Quando beltà splendea
    Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    E tu, lieta e pensosa, il limitare 5
    Di gioventù salivi?

    (Giacomo Leopardi)


    A Silvio

    Vita assaporata
    Vita preceduta
    Vita inseguita
    Vita amata.
    Vita vitale
    Vita ritrovata
    Vita splendente
    Vita disvelata
    Vita nova

    (Sandro Bondi)

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  2. Molto divertente :)
    Il pagliaccio è uscito di scena. È il momento dei trapezisti o dei domatori di leoni?
    (Peppe)

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  3. "Ci mancherà? No. E tanto meno visto che oggi abbiamo molto a che fare con la sua eredità."
    Si potrebbe scrivere la stessa cosa di tutta la nomenclatura di sinistra contemporanea di Berlusconi. E sarebbe assai più conforme alla realtà. Del tipo che fu Violalnte a equiparare i morti della Repubblica Sociale a quelli della Resistenza, tanto per fare un esempio.
    Berlusconi ha avuto almeno il pregio di essere molto più veritiero e verace dei tanti fantasmi che l'hanno accompagnato in Parlamento per decenni.
    Se per assurdo mi mettessero con le spalle al muro e dovessi scegliere con quale capo politico degli ultimi 30 anni andare a cena non avrei dubbi sulla scelta.

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  4. Una curiosità: https://www.adnkronos.com/liquidato-la-scritta-choc-sulla-foto-di-berlusconi-in-lista-nemici-di-kiev_4R98LgJnFuJtpduD5gWmPK

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  5. ipse dixit: l'italiano medio ha l'intelligenza di uno che ha fatto la seconda media, e nemmeno tra i primi banchi", ma evitò di aggiungere i 2 proverbi che sono il substrato culturale dell'italiano medio che lui rappresentava: "chiagne e fotti" e "futti futti, ca dio pirduna a tutti". l'arte dell'arrangiarsi, più la mafia laica e religiosa.

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  6. Steso in una teca dorata dai vetri trasparenti, come la mummia di un santo. Vestito con un completo blu e con la camicia azzurra sbottonata. Supino, la testa adagiata su un cuscino dorato con le frange e il volto cereo un poco inclinato e segnato da un sorriso sardonico frutto della tanatocosmesi. Con la cravatta blu punteggiata da pallini bianchi allentata e con la cintura slacciata. Con la mano destra su un foglio che reca le immagini della sua carriera di ‘venditore di sogni’ e con la mano sinistra sulla patta aperta. Con le gambe accavallate e con i piedi infilati in due enormi pantofole che hanno la forma di due Topolini.

    È Silvio Berlusconi in silicone (cfr. https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwj424Xutb7_AhXYR_EDHbhCDOUQFnoECA0QAQ&url=https%3A%2F%2Fcaffetteriadellemore.forumcommunity.net%2F%3Ft%3D51112497&usg=AOvVaw2waMludFl644q-U4o4DEDm): la parte per il tutto, la sineddoche che ha dominato l’immaginario di un popolo che ha perso la sua identità, la sua dignità e il suo futuro.

    L’installazione di Antonio Garullo e di Mario Ottocento, esposta a Roma, è un’opera d’arte potente che sul trentennio berlusconiano dice più di decine e decine di saggi politici. Quasi di colpo, a chi la guarda si rivela, sotto la luce spietata dell’arte contemporanea, la sostanza putrescente della mutazione antropologica di cui Berlusconi è stato l’artefice e, insieme, il simbolo. Ecco, dunque, la cruda realtà disvelata dal bisturi impietoso dell’intuizione artistica. Il ‘sogno degli italiani’ non era – non è - altro che questo: un dente cariato e marcio rivestito d’oro.
    Un sogno che si è rivelato, come era inevitabile, un incubo.
    L’incubo che stiamo oggi vivendo.


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