Dieci giorni or sono è morto lo scrittore Cormac McCarthy, uno degli scrittori americani più essenziali che molti anni fa mi afferrò con la sua narrazione straripante di un’umanità assetata di sangue, guidata da impulsi violenti e antisociali fuori scala, un annientamento delle cose e degli esseri oltre i codici del genere cui eravamo abituati.
In Blood Meridian, Or the Evening Redness in the West, pubblicato nel 1985 e da Einaudi nel 1996 col titolo Meridiano di sangue, l’opera sua maggiore, McCarthy ha dimostrato come la frontiera americana (non solo la frontiera, soggiungo) non fosse una incubatrice di uguaglianza e democrazia, ma un luogo di inesorabile dolore, di assoluta crudeltà e sofferenza, insomma un’apocalisse dell’orrore (così come poi in The Road, sempre tradotto da Einaudi). Si potrebbe tracciare un’analogia con il romanzo di Melville, con la differenza che invece di una balena bianca, McCarthy racconta di uomini bianchi che cacciano nativi americani da scalpare e uccidere (furono i bianchi ad insegnare agli autoctoni il barbaro rito dello “scalpo”).
Il periodo storico considerato dal romanzo di Melville e poi da McCarthy è il medesimo, ossia gli anni violenti e caotici dopo che gli Stati Uniti avevano annesso il Texas e invaso il Messico, conquistando la maggior parte dei territori settentrionali portando i propri confini occidentali nell’Oceano Pacifico.
McCarthy sapeva che gli Stati Uniti, prima di sostituirsi agli spagnoli nelle loro colonie, si sono fatti e disfatti al proprio interno, nelle terre di confine che condividevano con i francesi al Nord e col Messico. Quegli uomini, inviati per uccidere quanti più indigeni possibile per aprire all’insediamento il territorio conquistato, attraversano e riattraversano le stesse aride zone punteggiate da file di vulcani spenti; quel gruppo di assassini si sposta da est a ovest, poi da ovest a est, e mentre lo fanno la loro ferocia si intensifica ed essi diventano quasi indistinguibili dal paesaggio.
C’è un antiumanesimo in McCarthy che sconcerta e disorienta il lettore, espresso nell’unidimensionalità dei suoi protagonisti. In Meridiano il giudice Holden, o semplicemente “il giudice”, è un poliglotta e un pedofilo omicida, erudito, colto, ballerino: “La guerra è la forma più vera di divinazione”. Per certi versi mi ricorda il maggiore Dieter Hellstrom, oppure il colonnello Hans Landa nel pur mediocre film di Quentin Tarantino.
McCarthy, uno scrittore di innegabili capacità narrative, presenta la storia e la società americana come nient’altro che una lunga serie di atti insensatamente violenti messi in opera da dei sociopatici. La storia americana, così come altre storie, è stata sicuramente anche questo, ma non solo. Spero di non dover essere proprio io a dover difendere ciò che in essa è avvenuto di buono, anche se spesso in modo tortuoso.
Anch'io apprezzo molto Blood Meridian, e condivido il parallelo con Melville. Tocca purtroppo ricordare che la traduzione italiana contiene un clamoroso e famoso errore. Meridian non vuol dire meridiano, ma mezzogiorno.
RispondiEliminaMa sempre di sangue :)
EliminaMi hai fatto venir voglia di rileggerli tutti. Sarà un'estate di sangue.
RispondiEliminaPietro
O. T: https://www.occhisulmondo.info/2023/06/24/prigozhin-un-pazzo-o-un-esecutore-di-ordini-impartiti-da-altri/
RispondiEliminaLei cosa ne pensa, se è possibile saperlo?
Saluti!
non conosco i fatti, cioè i retroscena, così come non li conoscono tutti quelli che hanno scritto in queste ore
EliminaGrazie!
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