giovedì 4 maggio 2023

Una vera testa calda


Non è fantastico il presidente Macron, l’uomo provvidenziale né di sinistra né di destra, con la sua faccia da primo della classe e la sua arroganza all’occhiello? È riuscito davvero a far incazzare una parte dei francesi. Non tutti, ovviamente, perché ci sono anche quelli come lui, e non sono pochi.

Grazie a Marcon una parte dei francesi hanno riscoperto il gusto di cantare, gridare, ballare, inventare azioni e slogan, occupare le strade giorno e notte, tenere duro e non solo per la riforma delle pensioni. Emanuel è nella merda.

Il governo è passato a un livello di repressione politica che non si vedeva da più di mezzo secolo. Nel corso di poco più di un anno, 10.000 persone sono state fermate o arrestate. Solo il 1° maggio gli arresti ufficiali sono stati 291.

Sei anni dopo la sua prima elezione, la narrazione è sempre la stessa: “la politica diversamente”. Il problema è che per fare politica in modo diverso, devi già imparare a fare politica, punto.

È stato rieletto l’anno scorso grazie al solito trucco, lo spauracchio del candidato fascista.

Noi, in Italia, ce ne freghiamo degli spauracchi fascisti. Ne abbiamo installato uno presidente del senato, un altro come suo vice, ma soprattutto una fascista a capo del governo. Non sono semplicemente conservatori o reazionari. Non deve ingannare il loro dilettantismo sfumato di dilettantismo. No, sono proprio fascisti. Non solo per scelta, ma per tratto caratteriale. Fascisti dentro, insomma, come dicono a Roma.

Gianfranco Fini sognava di far uscire il suo partito dal solco in cui la storia lo aveva costretto, ossia diventare un grande partito nazionale e conservatore. Fu lui a metà degli anni ‘90 a teorizzare il post-fascismo, cioè i fascisti che si sono evoluti. Niente di tutto questo è presente oggi.

A capo ci hanno messo, non a caso, una giovane donna di un quartiere povero e alleata dell’internazionale post-fascista (americana, polacca, ungherese, francese, spagnola ...), spudoratamente sostenuta dai media ex antifascisti (la Meloni è più antifascista che postfascista, spiegava testualmente Aldo Cazzullo) e dai partiti conservatori. Una vera testa calda, come visto durante il comizio elettorale di Vox in Andalusia.

Non è Giorgia Meloni a insistere sulla propria coerenza e sul fatto di essere “orgogliosa” della fiamma tricolore (che Fini aveva tolto dal simbolo) e di “non rinnegare nulla”? “Non restaurare, non rinnegare” era la parola d’ordine di Almirante, il padre putativo di Meloni & camerati e a capo per decenni del più forte partito politico neofascista in Europa.

Il leitmotiv è noto: scindere la deriva del regime mussoliniano avvenuta con l’alleanza della Germania, le leggi razziali del 1938 e poi la guerra, dagli esiti positivi (le “cose buone”) del ventennio che in qualche modo e in parte modernizzò il Paese.

Il loro è un immaginario retrogrado dove la storia è costantemente strumentalizzata al servizio dell’ideologia. Ma, non potendo presentarsi apertamente come fascisti, usano un linguaggio camuffato, un’imbiancatura per l’eterno fascismo che torna al potere, rivestendo altre vesti e altre sembianze. Il prodotto della lunga banalizzazione di fascismo e antifascismo.

Sarebbe tuttavia un errore considerarli fascisti per il loro razzismo, la xenofobia, il populismo. Tutto ciò è compatibile con la “democrazia”, non per nulla uno dei paesi più fascisti sono proprio gli Stati Uniti. Discorso questo che ci porterebbe per le lunghe.

Le dinamiche della guerra accelerano l’involuzione dell’Europa, e l’Italia è sempre stata il primo dei laboratori politici. Dopo il ventennio berlusconiano e quasi un decennio di alternanza tra tecnocrazia e teste di minchia, i neofascisti, una volta riconosciuta la Nato e le priorità padronali, sono perfetti per gestire la nuova eccezionalità, elemento portante dell’asse Roma-Budapest-Varsavia. Come piace a Washington.

Quanto alla Francia, non facciamoci illusioni. Ricordiamoci del maggio 1968 e della repentina e decisa svolta gollista. 

6 commenti:

  1. A conferma di tutto ciò vi è il ritardo di oltre due anni nella designazione di un nuovo ambasciatore statunitense a Roma.
    Il rischio per gli oligarchi d'oltreoceano è che i loro funzionari d'Europa siano troppo zelanti.
    (Peppe)

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  2. «Dopo il ventennio berlusconiano e quasi un decennio di alternanza tra tecnocrazia e teste di minchia»... sintesi perfetta della storia contemporanea d'Italia.

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  3. https://www.wired.it/article/fascismo-ur-fascismo-umberto-eco-25-aprile/

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  4. A me non pare che Fini abbia tolto la fiamma. Ma potrei sbagliarmi. Dove non credo di sbagliarmi è sul rigetto della definizione di "quartiere povero" a proposito della Garbatella. Lo conosco perché ci ho abitato. A differenza dei veri quartieri poveri, che sono le orribili borgate tutt'intorno alla capitale, questo ha una sua grazia cementifera. A me non piace, a dire il vero, ma i prezzi al metro quadro non sono bassi. Tu mi puoi dire che forse quando è nata la Meloni era un quartiere operaio, ma ho i miei dubbi: forse prima della guerra.

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  5. Insomma, non abbiamo scampo!
    Ah tante grazie signora!
    Au revoir!

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  6. a me pare irrilevante siano fascisti, perché il governo è inconsistente. Per procedure incredibili, per quantità sempre più scarsa di elettori e per loro qualità sempre più scarsa. Italia è già altro da quello che vorrebbero difendere o da quanto vanno dicendo alle celebrazioni.
    Personalmente vedo continuità con berlusconismo, estrema continuità, ma più che laboratorio del peggio (la guerra la stanno perdendo) è un esperimento per vedere fino a che punto possano legittimarsi queste istituzioni con sola propaganda e retorica. E pagando pensioni.

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