mercoledì 10 maggio 2023

La legge più importante dal punto di vista storico

 

Conosciamo il ritornello, lo ripetono da decenni finché l’abbiamo fatto nostro: qualsiasi sciopero, qualsiasi movimento sociale viene ad un certo punto accusato di essere un arcaismo, una sorta di futile e irresponsabile ripetizione delle lotte del passato.

Contrariamente a quanto vorrebbero farci credere (e ci riescono benissimo), la Francia non è l’unico paese a sperimentare movimenti sociali di protesta, ossia di gente mai contenta, che stanno “paralizzando la crescita” (quella dei milionari e miliardari).

Negli Stati Uniti la scorsa settimana gli sceneggiatori di Hollywood hanno scioperato di nuovo. Il diritto del lavoro americano (non ridete) è tale che d’ora in poi l’unico settore che ha la possibilità di scioperare, perché si è dotato di un potente sindacato, il Writers Guild of America (WGA), è quello degli sceneggiatori. Il loro ultimo “ringhio”, nel 2007-2008, è durato 100 giorni ed è costato all’industria cinematografica 2 miliardi di dollari.

Certo, anche 520 lavoratori dello stabilimento di batterie Clarios in Holland, Ohio, hanno scioperato questa settimana, ma questo non fa notizia, tantomeno in Europa.

Lo sciopero di oltre 11.000 iscritti al sindacato WGA è entrato nella sua seconda settimana contro i grandi conglomerati dell’intrattenimento come Amazon, Disney, Fox, Netflix, Sony, Paramount e Warner Bros. Cosa chiedono gli sceneggiatori? La stessa cosa di tutti gli scioperanti del pianeta: aumenti salariali. E cosa rispondono gli studi e le piattaforme? Lo stesso di tutti i colossi industriali del pianeta: vaffanculo, dobbiamo tagliare i costi e aumentare i dividendi degli azionisti e gli stipendi dei dirigenti: 46 milioni di dollari nel 2022 per il CEO di Disney, 51 milioni per quello di Netflix ... .

Lunedì, il presidente Biden ha rotto il silenzio sullo sciopero degli sceneggiatori. Alla proiezione serale alla Casa Bianca del nuovo spettacolo Disney+ “American Born Chinese”, il presidente ha dichiarato: “Questa è un’industria americana, iconica e significativa, e abbiamo bisogno che gli scrittori, tutti i lavoratori e tutti i soggetti coinvolti raccontino le storie della nostra nazione, le storie di tutti noi”.

Lo scorso dicembre, l’amministrazione Biden, insieme a Democratici e Repubblicani al Congresso, ha votato per bloccare uno sciopero dei ferrovieri e imporre un accordo che i lavoratori avevano rifiutato.

La protesta e lo sciopero degli sceneggiatori hollywoodiani ha una specificità che potrebbe rapidamente diventare una generalità: la minaccia che l’intelligenza artificiale rappresenta per il loro lavoro (presto anche per i trader, statene certi). Tra le richieste della WGA c’è quella che riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale perché sia rigorosamente regolamentato.

Non si tratta del timore che l’AI sia utilizzata per scrivere sceneggiature originali o per riscrivere il lavoro degli autori: una sceneggiatura hollywoodiana che non è stata ritoccata, cancellata, riscritta da almeno una dozzina di persone non è degna di questo nome. Solo in questo modo la maggior parte dei film americani diventa spazzatura apprezzata dai consumatori di tutto il mondo.

Gli autori chiedono che le loro creazioni non vengano utilizzate per addestrare e alimentare i futuri elaboratori di script ChatGPT con i loro lavori. Esigenza respinta in blocco dai capi dei maggiori studi, che hanno ancora meno motivi per privarsi del ricorso massiccio all’AI rispetto alla maggior parte della loro produzione, che non è altro che rimaneggiamenti, rifacimenti, sequel, prequel, remake e cliché in sintonia con i tempi.

L’intelligenza artificiale, il culmine della fantasia transumanista dell’uomo “aumentato”, quando diventa una realtà tangibile incute paura a tutti, compresi certi suoi stessi progettisti. Colpisce nel mondo del lavoro categorie professionali finora risparmiate da tutte le successive “rivoluzioni”: meccanizzazione, delocalizzazione, smaterializzazione, ecc.. Questa sì che sarà una grande sostituzione, ma non sarà etnica, bensì robotica.

Quella contro l’impiego dell’intelligenza artificiale da parte del capitale è una battaglia in gran parte persa. La scienza e la tecnica sono al suo servizio, e agli azionisti non importa che cosa si produce e come. Sarà più facile sostituire gli amministratori delegati che non l’impiego di macchine che aumentano la produttività del lavoro e dunque dei profitti.

Tuttavia la lotta è l’unico mezzo di difesa, possibile in diverse forme secondo le situazioni e le epoche. Tuttavia non saranno le forme di lotta tradizionali come lo sciopero a poter cambiare la tendenza storica del capitalismo.

Dal lato oggettivo dei processi sociali, il fatto che il capitale tenda, per mezzo dell’innovazione tecnologica, a ridurre il tempo di lavoro a un minimo, mentre dall’altro pone il tempo di lavoro come unica misura e fonte della ricchezza, dimostra che è esso stesso la contraddizione in processo.

La stessa legge che produce per il capitale sociale un aumento della massa assoluta del profitto, determina una diminuzione del saggio del profitto. E ciò ha delle conseguenze decisive per il modo di produzione capitalistico e la società che lo rappresenta. Questa legge, ci ricorda Marx, è “sotto ogni aspetto la legge più importante della moderna economia politica [...] È la legge più importante dal punto di vista storico”.

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