Questo secondo il sito dell’agenzia ufficiale Anadolu (ore 5,15 italiane). Recep Tayyid Erdogan ottiene il 49,34% dei voti, Kemal Kiliçdaroglu il 45% e Sinan Ogan il 5,23%. Se lo spoglio è quasi completo in Turchia (99,95% delle urne), è ancora in corso tra i turchi all’estero (65,37%), ma sembra improbabile che l’attuale presidente raggiunga la soglia del 50% grazie a questi voti.
I 64 milioni di elettori dovevano anche scegliere i 600 deputati che siederanno nel parlamento di Ankara. L’Alleanza popolare guidata dall’AKP mantiene la maggioranza (322 eletti su 600) in Parlamento, ma il partito presidenziale avrà 266 seggi contro i 295 del 2018. L’AKP aveva vinto più seggi parlamentari di ogni altro partito nelle ultime quattro tornate elettorali del 2002, 2007, 2011 e 2015, con il 34.3%, 46.6%, 49.8% e 49% dei voti.
Qui il sito per seguire i risultati.
Le possibilità di Kılıçdaroğlu di vincere le elezioni al primo turno erano aumentate dopo che Muharrem İnce, fondatore e leader del Partito della Patria (CHP), si era ritirato dalla corsa giovedì scorso per le accuse di uno scandalo sessuale (un presunto video), che İnce ha negato e attribuito a Fethullah Gülen, il noto predicatore islamista da lungo tempo asset della CIA negli Stati Uniti.
Kılıçdaroğlu ha lanciato una raffica di accuse secondo cui il presidente russo Vladimir Putin avrebbe interferito nelle elezioni. Kılıçdaroğlu non ha fornito alcuna prova per queste accuse. A tale riguardo si ricorderà il fiasco dell’impeachment del Partito Democratico dell’allora presidente Donald Trump, dopo aver speso decine di milioni di dollari per l’inchiesta sulle presunte interferenze/connivenze russe che alla fine giunse alla conclusione che non vi era stata alcuna interferenza.
In politica estera le differenze tattiche dei due principali contendenti: mentre Erdoğan intende continuare a manovrare tra Stati Uniti da un lato e Russia e Cina dall’altro, Kılıçdaroğlu promette di servire meglio la NATO. Questo rappresenta un fattore decisivo del sostegno per Kılıçdaroğlu di Washington e delle capitali europee, che sono in guerra con la Russia in Ucraina e preparano la guerra contro la Cina.
Avendo in passato avuto molto a che fare con la Turchia, seguo con interesse la contesa, e non posso fare a meno di nutrire simpatie per l'avversario di Erdogan. Devo tuttavia notare che una percentuale così vicina al 50%, ma rimasta al di sotto, torna a onore di Erdogan. Se fosse successo in qualche swing state degli Stati Uniti, sarebbero sicuramente intervenuti i voti postali o i voti dei defunti a ristabilire la democrazia.
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