lunedì 1 maggio 2023

Il primo maggio di Meloni

 

Meloni si è già appropriata di questioni sociali, e ora gioca anche sul primo maggio per cercare di catturare nelle sue reti ciò che resta di un elettorato popolare che ancora non ha abbandonando la sinistra. Gioca sul velluto, poiché la sinistra, non da oggi ma da molti decenni, è passata da una strategia di classe a una strategia di “valori”.

Il progetto generale meloniano è quello di rifiutare idee liberal-libertarie nel loro insieme per tornare a una strutturazione della società secondo i valori tradizionali, considerando questa via l’unico mezzo in grado di garantire la trasmissione dell’identità, della cultura, del patrimonio e del modo di vivere italiani minacciati da elementi estranei.

In effetti, gli atteggiamenti risvegliati conferiscono una certa solidità teorica che incontra il sostegno di molte persone. Del resto non mi pare esista un dibattito teorico a livello di rappresentanze parlamentari sulle cause del “disallineamento” delle classi lavoratrici e della sinistra. In non pochi casi si è assistito, da parte del parlamentarismo e della élite di sinistra, a un atteggiamento di malcelato disprezzo verso le classi popolari.

Certo, a sua volta il divorzio delle classi popolari dalla sinistra va valutato nel suo contesto economico e sociale, quello della disgregazione della grande industria, delocalizzazioni, privatizzazioni e altro ancora, tuttavia ricordiamoci che c’è sempre stata una frazione non proprio minimale delle classi popolari, lavoratori compresi, che ha votato a destra sulla base di un apprezzamento ideologico di quella parte politica: il merito e lo sforzo individuale, una visione tradizionale della famiglia e del genere, un patriottismo che presto si trasforma in nazionalismo xenofobo, eccetera.

Già Marx ne era consapevole allora, quando scriveva: “Man mano che la produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione” (Il Capitale, I, VII, 3).

La cosa più tragica, per chi ha a cuore le sorti della sinistra parlamentare, è che questa, constatando l’emorragia del voto popolare che sta disertando le sue fila, continua a non abbandonare le sua posizioni e lascia che questo elettorato viri, inesorabilmente, verso Meloni.


4 commenti:

  1. “Man mano che la produzione capitalistica procede, si sviluppa una classe operaia che per educazione, tradizione, abitudine, riconosce come leggi naturali ovvie le esigenze di quel modo di produzione” (Il Capitale, I, VII, 3).

    Gli schiavi del salario, producono e riproducono la propria classedi sfruttati. I maggiori nemici della classe salariata sono essi stessi.

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  2. 2 mila lavoratori, studenti e disoccupati hanno
    sfilato in corteo a Napoli per il Primo Maggio. In
    corteo nonostante la pioggia.
    L’iniziativa di lotta è stata promossa
    dall’organizzazione sindacale indipendente Si
    Cobas Lavoratori Autorganizzati e dal
    Movimento di Lotta – Disoccupati “7
    Novembre” e Cantiere 167 Scampia, comitati di
    lotta in difesa del reddito di cittadinanza,
    studenti e studentesse in lotta.
    Eloquente il commento di Eduardo Sorge,
    portavoce del movimento dei disoccupati e
    sindacalista militante del SI Cobas: “Lo sponsor
    del concerto del primo maggio di CGIL CISL e
    UIL sarà Just Eat, la piattaforma famosa per le
    condizioni estreme di sfruttamento e la
    precarietà a cui costringe i suoi lavoratori –
    sottolinea Sorge – Tanti giovani della nostra
    generazione vivono condizioni di lavoro terribili
    e precarie, condizioni di cui questi sindacati
    confederali sono i responsabili. Ma noi non ci
    meravigliamo. Sono oltre dieci anni che
    lottiamo contro padroni e sindacati concertativi.
    Quelli che, piuttosto che organizzare scioperi
    generali per aumenti salariali e contro la guerra,
    invitano istituzioni ai loro congressi,
    abbracciano, stringono le mani ai Presidenti del
    Consiglio”.
    ARTICOLO COMPLETO https://www.ildesk.it/in
    -primo-piano/napoli-2-mila-in-corteo-per-il-1-
    maggio-contro-la-guerra-per-i-diritti-e-i-
    bisogni-primari/

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  3. L’organizzazione del processo di produzione capitalistico sviluppato spezza ogni resistenza; la costante produzione di una sovrappopolazione relativa tiene la legge dell’offerta e della domanda di lavoro, e quindi il salario lavorativo, entro un binario che corrisponde ai bisogni di valorizzazione del capitale; la silenziosa coazione dei rapporti economici appone il suggello al dominio del capitalista sull’operaio. Si continua, è vero, sempre ad usare la forza extraeconomica, immediata, ma solo per eccezione. Per il corso ordinario delle cose l’operaio può rimanere affidato alle ‘leggi naturali della produzione’, cioè alla sua dipendenza dal capitale, che nasce dalle stesse condizioni della produzione, e che viene garantita e perpetuata da esse. Altrimenti vanno le cose durante la genesi storica della produzione capitalistica. La borghesia, al suo sorgere, ha bisogno del ‘potere dello Stato’, e ne fa uso per ‘regolare’ il salario, cioè per costringerlo entro i limiti convenienti a chi vuol fare del plusvalore, per prolungare la ‘giornata lavorativa’ e per mantenere l’operaio stesso a un ‘grado’ normale ‘di dipendenza’. È questo un momento essenziale della cosiddetta ‘accumulazione originaria’” (“Il Capitale”, l. I, cap. 24, Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 800-801). I concetti qui espressi da Marx, pur essendo elementi costitutivi della sua analisi del capitale, determinano una situazione paradossale, poiché Marx qui ci dice a chiare lettere che la borghesia ha bisogno dello Stato solo nella fase di instaurazione del modo di produzione capitalistico, ma che per riprodurre il suo dominio di classe è sufficiente, nel “corso ordinario delle cose”, il funzionamento del meccanismo interno di questo modo di produzione. La domanda che sorge è allora questa: perché lo Stato politico non solo esiste, ma si è continuamente perfezionato fino a diventare nella fase monopolistica e imperialistica una funzione organica del dominio borghese?

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