Se ne trovano sempre nel mondo di persone più o meno instupidite, anche tra persone di alto livello che, viste da vicino, sia pure televisivamente parlando, non sono ciò che si potrebbe credere.
Ieri sera, per la prima volta in questa stagione, ho ascoltato una trasmissione televisiva dove dovrebbe svolgersi dibattito e approfondimento sui temi correnti. Breve notazione di costume: gli ospiti erano tutti bruniti di una tintarella recente. Muratori e braccianti, senz’altro. Si parlava del mondo d’oggi, ovviamente, perfino di “povertà”, però come se essa dipendesse dal malvolere degli dèi. Anche in questa occasione non s’è sentita pronunciare una certa parola, che ormai sembra estinta: “capitalismo”.
Hanno ragione, il capitalismo narrato è roba vecchia, la nuova economia ha messo tutta la società a valore, vi sono laboratori di tutto il mondo che intascano miliardi grazie alle cellule prelevate settant’uno anni fa da una paziente di colore, a sua insaputa, senza averle pagato un solo centesimo.
Nessuno di quelli che passa la televisione ha interesse a mostrarci con che tipo di legna e a che prezzo ci dobbiamo scaldare nei prossimi inverni. Hanno l’elettrico sotto il culo, e a noi ci raccontano il ritorno ai piaceri semplici. A guardarli bene, ci si accorge che il primo dei loro organi sessuali non si trova sotto la cintura ma al centro del viso.
Questi critici della borghesia morente non possono che negare di essere il prodotto dell’ordine economico e sociale capitalistico, di far parte di quell’imperialismo che rimpiange lo strapotere avuto fino a ieri. Perciò fingono di muovere aspre critiche a questo o a quell’aspetto del grande fallimento, proponendosi magari di fondare un nuovo partito tutto loro, nel frattempo promuovendo la vendita di un proprio librino di aria fritta.
Sia chiaro: stesse critiche che in genere muovo anch’io nel mio bloggino, con la differenza che non chiedo voti, soldi o altro. E del resto, cari amici dell’insurrezione e dell’ozio, non posso dirvi, come fece già Sandro Pertini a suo tempo (molto tempo prima di diventare presidentissimo), andate a prendere le armi dove si trovano, ossia nelle caserme, quindi di mandarvi avanti standomene comodamente in tastiera.
Chi comanda nel mondo? È una domanda seria. Biden? Suvvia non scherziamo, e poi tra un paio d’anni dovrà arrangiarsi a proprie spese per il cambio di pannolone. Putin? In Russia, forse e pro tempore. James Dimon della JPMorgan bank, la più grande banca al mondo? Se ci mettiamo assieme Bank of America, Citigroup e Wells Fargo, viene fuori una bella “cupola”.
Bisognerebbe indagare la rete di proprietà internazionali e quella del controllo detenute da ciascun attore globale. La “super-entità” economica (economic “super-entity”), ossia quelle grandi corporation che controllano oltre l’80 per cento delle più importanti imprese del mondo, laddove, per dirla in altri termini, 3/4 della proprietà delle imprese è nelle mani di imprese dello stesso conglomerato. Chi tra quella gente abbronzata che ho visto ieri sera ha voglia di prendersi la briga di andare a fondo su queste cose?
L’abolizione della proprietà privata è già un dato di fatto da lunga pezza, e la grande proprietà è in mano a un’élite che domina il mondo e le vite di tutti. Venite a parlarci di libera concorrenza, signori pezzi di merda che scrivete sugli “autorevoli” giornali della stessa grande proprietà. Al massimo potete ricopiare diligentemente i comunicati stampa emessi dopo le riunioni che si tendono a porte chiuse nei covi della UE, della Bce, del FMI, della Federal Reserve, eccetera. Quando mai farete una “maratona” in diretta da quei covi di malfattori?
"Sia chiaro: stesse critiche che in genere muovo anch’io nel mio bloggino, con la differenza che non chiedo voti, soldi o altro."
RispondiEliminaEd è per questo che ti leggo tutti i santi giorni, caro amico!
Perché è gratis, eh. Ciao cara/o
Elimina"Non avrai nulla e sarai felice" ci promette Klaus Schwab.
RispondiEliminaleggo: "dottorato in filantropia presso l'Università di Friburgo"
Elimina«le tre presunte sfere dell’azione umana collettiva, quella economica, quella politica e quella sociale o socioculturale, non sono sfere autonome dell’azione sociale. Non hanno ‘logiche’ separate».
RispondiEliminahttps://jacobinitalia.it/il-mondo-di-immanuel-wallerstein/