Continuano le turbolenze sui mercati finanziari sulla scia dell’intervento della Banca d’Inghilterra nella crisi del mercato obbligazionario del Regno Unito, che minaccia la solvibilità dei fondi pensione e una crisi del sistema finanziario.
Gli indici azionari delle principali Borse, dopo i fasti tra il 2020 e l’anno scorso, scontano pesanti perdite. Alcuni esempi: da inizio anno l’indice Down Jones ha perso più del 20% del suo valore; lo Standard & Poor 500 il 25%; il NASDAQ il 16%, ma va tenuto conto che tra il 2020 e il 2021 aveva guadagnato fino al 130%; l’Hang Sengdi Hong Kong da inizio anno perde il 26%; il DAX 30 di Francoforte il 24,5%; il FTSE 250 di Londra quasi il 30%.
Veniamo a quanto sta accadendo nel Regno Unito. I rendimenti obbligazionari nel mercato britannico sono leggermente diminuiti poiché i prezzi delle obbligazioni sono aumentati (si muovono in direzioni opposte) e la sterlina ha recuperato alcune delle sue perdite contro il dollaro USA, dopo aver minacciato di scendere alla parità con la valuta statunitense (a ottobre 2021 era quasi a 1,4, oggi è a 1,1, appena sopra la parità).
Può essere una quiete temporanea prima della tempesta.
Tutto ha preso avvio dalla decisione del governo guidato da Liz Truss di sostenere famiglie e imprese contro lo shock sui prezzi dell’energia, mettendo a deficit pubblico decine di miliardi di sterline per i primi sei mesi (la Germania 200 miliardi di euro), senza prevedere interventi sugli extra-profitti e cose di questo tipo. Al contrario, il governo ha deciso il taglio d’imposte per le imprese e le persone fisiche.
La reazione avversa dei mercati finanziari non è dovuta al taglio delle imposte, al flusso di denaro aggiuntivo, che hanno sempre accolto con favore, ma al fatto che si tratta di puro deficit e non è stato accompagnato da tagli alla spesa sociale.
La Banca centrale inglese (BoE), si è impegnata nelle prossime due settimane a spendere complessivamente 65 miliardi di sterline per acquistare titoli del debito pubblico a scadenza lunga del Regno Unito. Ciò ha calmato momentaneamente i mercati, ma quanto potrà durare questa tregua? Inoltre, tale intervento di acquisto va in controtendenza rispetto alla necessità e alle originarie intenzioni della BoE di vendere titoli per drenare liquidità e frenare l’inflazione.
La prospettiva di un aumento del debito, aumentando l’offerta di obbligazioni, ha prodotto un rapido calo dei loro prezzi, facendo salire alle stelle il loro rendimento. L’impatto immediato è stato sui fondi pensione, che sono tra i maggiori acquirenti di debito pubblico.
I fondi pensione perseguono i cosiddetti investimenti basati sulla liquidità (LDI), cioè generalmente non s’impegnano in misure speculative volte a garantire rendimenti più elevati per battere il mercato. Cercano di garantire che i loro flussi di reddito e il valore delle loro attività coprano le loro passività nei confronti dei futuri pensionati, ai quali hanno garantito una rendita definita ex ante.
In altri termini, questi rischi futuri non sono in capo al pensionato ma ai fondi pensione stessi. È una tipologia di contratto ancora presente nel Regno Unito ma non negli Usa e nel resto d’Europa, dove invece la rendita è incerta, nel senso che il rischio di andamento negativo del mercato, cui sono agganciati i rendimenti previdenziali privati, è a carico del pensionato stesso.
Per avere le risorse e far fronte ai flussi delle pensioni future, in genere questi fondi comprano titoli di Stato e altre solide obbligazioni con scadenza uguale al flusso di pensioni da pagare, per cui il tasso d’interesse legato alle pensioni future di solito è espresso dai titoli di Stato, le cui oscillazioni sono minime e teoricamente senza rischio.
Tuttavia i fondi pensione inglesi non acquistano solo solide obbligazioni, ma per avere liquidità che possono investire in attività speculative e cioè più remunerative dei tassi offerti dai titoli di Stato, a copertura dei rischi derivanti da queste operazioni finanziarie stipulano contratti di derivati (credit default swap) [*], in buona sostanza dei prestiti. Questi prestiti sono garantiti dai fondi pensione sotto forma di titoli di Stato e contanti che essi possiedono. Quando il prezzo dell’attività sottostante, ossia i titoli di Stato, scende precipitosamente, com’è accaduto all’inizio della settimana, il prestatore chiede ai fondi più garanzie, ossia più liquidità.
Per soddisfare queste richieste, i fondi pensione devono vendere obbligazioni del proprio portafoglio (titoli di Stato e altro), facendo scendere ulteriormente il loro prezzo, accelerando così un “ciclo di distruzione”. In altri termini è il cane che si morde la coda. Una fragilità del sistema finanziario insospettata per i più.
Qual è la prossima debacle in qualche angolo altrettanto insospettabile del sistema finanziario globale? Probabilmente, come già nel 2008, lo scopriremo presto.
[*] La creazione e lo sviluppo dei credit default swap è attribuita all’inglese Blythe Masters (Blythe Sally Jess Levett), figlia di Gordon Levett, l’unico pilota inglese “gentile” nell’aviazione israeliana. Naturalizzata statunitense è stata descritta dal quotidiano britannico The Guardian come “la donna che ha inventato le armi finanziarie di distruzione di massa”.
Non proprio uno stinco di santa anche per altri motivi: «She was back in the spotlight in July 2013, when JP Morgan agreed to pay $ 410 million to settle U.S. Federal Energy Regulatory Commission allegations that units Masters oversaw manipulated power markets, enriching itself at the expense of California and Midwest residents from 2010 to 2012».
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