Ieri è proseguita quella che è stata descritta come una “rotta di aprile” e l’indice NASDAQ è sceso di oltre tre punti, portando la perdita totale del mese all’11,69%. È stato il mese peggiore dall’ottobre 2008, quello della crisi finanziaria globale e ha portato il suo calo annuale al 22%. La caduta del NASDAQ ha cancellato oltre 5.000 miliardi di dollari del suo valore di mercato dal record dello scorso novembre.
Non è ancora panico, ma si vedono lampi di tempesta sull’orizzonte (non troppo lontano).
Le cosiddette azioni FAANG, che comprendono Meta (la società madre di Facebook), Apple, Amazon, Netflix e Alphabet (la società madre di Google), hanno perso insieme 1.000 miliardi di dollari di valore di mercato. Le cadute individuali sono significative: Amazon ha registrato una perdita del 27% per l’anno, Apple oltre il 13% (nonostante aumento di fatturato e utili), Netflix è sceso del 49% nel solo mese di aprile (per i motivi divulgati dalla stampa in questi ultimi giorni) e del 68% da inizio anno.
L’indice S&P 500 è sceso per quattro settimane consecutive con una perdita dell’8,8% per aprile. La sua perdita per l’anno, iniziato con l’indice ai massimi storici, è quasi del 14%. Il Dow è sceso del 4,9% ad aprile e quest’anno ha perso quasi il 10%. Entrambi gli indici hanno registrato il loro mese peggiore dal crollo di marzo 2020 all'inizio della pandemia.
Insomma, come scrivevo nei giorni scorsi, siamo sull’orlo di una crisi di nervi, tanto più per la decisione della Federal Reserve statunitense di alzare i tassi d’interesse e iniziare a ridurre le sue disponibilità di attività finanziarie a causa dell’aumento dell’inflazione. Anche la Bce segue la stessa strada di riduzione degli acquisti.
La ragione principale del declino del mercato è l’impennata dell’inflazione, la più sostenuta in quattro decenni, che sta spingendo le banche centrali a inasprire la politica monetaria. Quando l’inflazione era molto bassa, potevano riversare denaro sui mercati senza il timore che ciò avrebbe innescato un aumento dei prezzi.
Queste politiche hanno portato, per esempio, a un aumento del 250% dell’indice MSCIWorld Growth dei mercati azionari nell’ultimo decennio. L’inflazione significa che le condizioni sono cambiate. Non solo l’inflazione, ma anche la recrudescenza della pandemia in Cina, la guerra in Ucraina e altri fattori s’intersecano con i continui problemi nelle catene di approvvigionamento globali. Per una volta vorrei non essere pessimista, ma tutto lascia presagire non si tratti di un semplice temporale bensì del preannuncio di un uragano.
A sorpresa il PIL degli Stati Uniti si è contratto a un tasso annualizzato dell’1,4% nel primo trimestre. L’amministrazione Biden ha liquidato il dato come una “stranezza statistica”. È una stranezza che gli scoppierà in mano a Biden. L’inflazione, che già supera l’8 per cento, sta salendo così rapidamente che la Fed dovrà alzare i tassi a un livello tale da provocare una recessione. Vedremo presto.
Anche nella fabbrica del mondo le cose non vanno bene. Il renminbi è sceso del 4,2% rispetto al dollaro questo mese, un calo record, maggiore di quello del 2015 che ha fatto tremare i mercati globali. Il calo della valuta limita la capacità del governo di adottare misure di stimolo economico. Insomma, le cose vanno male ovunque.
Il tasso inflattivo per la zona euro è del 7,5 per cento fino ad aprile, guidato dall’aumento dei prezzi dell’energia, più 38% e dei prezzi dei prodotti alimentari non trasformati che sono aumentati del 9,2. Questo è solo l’inizio della stagflazione, mentre la preoccupazione maggiore dei nostri amati leader è quella di alimentare la guerra tra USA e Russia con l’invio di armi sempre più distruttive.
Uno degli effetti di un aumento dei tassi d’interesse della Fed, che impatta sulla politica monetaria per il resto del mondo, e di un aumento del valore del dollaro, è quello di mettere a dura prova i paesi più poveri che hanno debiti molto elevati denominati in dollari. A ciò s’aggiungeranno presto gli effetti della crisi alimentare.
Quelli che stanno ai piani alti, se non sono pazzi, stanno facendo di tutto per sembrarlo.