La storia non si ferma mai, noi siamo i narratori degli aneddoti di questa irresistibile vita. Dopo un paio di settimane di disintossicazione ho visto una puntata del programma televisivo condotto dall’ex giornalista Gruber. In collegamento da Odessa una sua ex collega, Ángela Rodicio, la quale a ogni suo intervento citava il nome di uno scrittore o comunque di un personaggio della cultura russa del passato che ha avuto a che fare con Odessa o l’Ucraina. La cosa non garbava molto alla Gruber, s’intuiva, la quale preferisce aneddoti di donne e bambini ucraini stuprati dai soldati russi. Eh sì, perché i russi sono per tradizione degli stupratori seriali venuti dalla profondità oscura delle steppe.
Ángela Rodicio citava la presenza a Odessa della statua di Isaac Babel’, autore russo e poi sovietico, nato in una famiglia russo-ebrea di quella città, sulle rive del Mar Nero, nel 1894. Suo padre vendeva attrezzature agricole. Isaac, nel 1926, scrisse una breve autobiografia: “Ho studiato l’ebraico, la Bibbia e il Talmud fino all’età di sedici anni. La mia vita in casa era dura, perché ero costretto a lavorare dalla mattina alla sera su una moltitudine di argomenti. Mi riposavo a scuola”. Fu a scuola, grazie a un insegnante, il signor Vadon, che imparò il francese. A 15 anni i suoi primi racconti in questa lingua. Poi, prima di scrivere davvero, visse molto.
La statua di Babel’ fu innalzata nel 2011 (*). Grande, in bronzo, mostra lo scrittore seduto, un quaderno sul ginocchio, che scrive. Un pavimento di ciottoli ricorda ciò di cui era ricoperta la vecchia Odessa, quella delle foto color seppia. Siamo nel centro storico e la spiaggia non è lontana. È da questa città che partì il giovane Iosif Vissarionovič Džugašvili, su un mercantile che toccò anche Ancona e Venezia. È un aneddoto poco noto, non ricordo dove lo lessi nel secolo scorso, è probabile in un articolo di Rassegna Sovietica. Vattelappesca tra centinaia di fascicoli.
Babel’, la testa pelata, i suoi piccoli occhiali rotondi appoggiati sul naso piatto, il suo debole sorriso, somiglia a Spinoza. Lo scrittore piangeva “per il destino delle api” perché “Privati del pane, abbiamo sradicato il miele con le nostre spade. Non ci sono più api in Volinia”. Immagino che queste toccanti parole siano tornate alla mente di Gruber nel momento che Ángela Rodicio citava un paio di opere dello scrittore, traducendone con precisione i titoli diversamente noti in italiano, e tutti gli ospiti televisivi avranno sicuramente apprezzato, avendo letto le opere di Isaac in lingua originale.
Come tutti gli adolescenti, lessi anch’io La cavalleria rossa, tradotta pudicamente in italiano con il titolo L’armata a cavallo: tragedie, massacri, mantengono intensi legami con la farsa dell’anima russa. Se alla fine non ci fossero così tanti cadaveri, il racconto potrebbe essere persino una favola, qualcosa che assomiglia a Taras Bul’ba, pubblicato da Gogol’ dopo aver abbandonato il progetto di diventare uno storico e di scrivere una Storia dell’Ucraina.
Babel’, e questo è sicuramente noto a Gruber, combatté nella guerra civile russa, lavorò per la Čeka come traduttore per il servizio di controspionaggio, nel Gubkom (comitato regionale del partito bolscevico) di Odessa, nell’unità di requisizione viveri, al Narkompros (Commissariato per l’Istruzione), in un istituto tipografico e fu corrispondente di giornali da San Pietroburgo e Tbilisi, e ancora fece parte della famosa armata a cavallo di Budënnyj. Poi per il povero Babel’ venne lo stalinismo, per i telespettatori Severgnini, e io ho semplicemente cambiato canale.
P.S.: Oggi sono ospite a pranzo di una giovane e talentuosa musicista che festeggia il proprio compleanno. È nata in una città ai confini tra l’Ucraina e la Russia. Parla ovviamente entrambe le lingue, oltre a un invidiabile inglese e un perfetto italiano senza inflessioni. È disperata per la guerra. Non ne parleremo, almeno per oggi.
(*) Lo scultore che ha realizzato la statua è georgiano, si chiama Georgy Frangulyan ed è nato pochi giorni dopo la vittoria del 1945. Ha realizzato anche il monumento a Mosca al poeta russo Joseph Brodsky (2011), quindi la tormentata statua del compositore Shostakovich (2015); a Ekaterinburg (!), il monumento a Boris Eltsin (!!), nel 2017, e il monumento che ricorda le vittime della repressione stalinista, inaugurato da Putin. La storia non si ferma mai.
La ragione per cui preferisco Severgnini a Stalin è la stessa per cui preferisco una scorreggia all'iprite.
RispondiEliminasempre di gas si tratta
EliminaMi piacerebbe che tutti i sinistroidi che si stracciano le vesti per il conflitto in Ucraina e che hanno trovato in Putin il nuovo Hitler da combattere, spiegassero che senso ha fare entrare nella Nato Svezia e Finlandia,in rapporto al raggiungimento di un negoziato proficuo e della fine della guerra. Si stringono i Russi in una morsa nel Baltico (che è piena di sottomarini e armi nucleari), mentre è in pieno svolgimento il.conflitto ucraino. Così si crea un ulteriore area di scontro. Nel tentativo bullo da cowboy di chiudere i conti con Putin si creano le basi per un', escalation incontrollabile. Follia pura.
RispondiElimina@ Gianluca
EliminaPienamente d'accordo con te!
Trovo quest'articolo dei compagni di BC in linea con le sue posizioni Olympe.
RispondiEliminaNe pubblico uno stralcio e il link per chi vorrà leggerlo per intero.
Intanto, il vero scontro è tra Mosca e Washington. Biden ha tutto l’interesse che la guerra sia scoppiata in territorio europeo e che continui il più a lungo possibile. Innanzitutto perché così facendo riesce a vendere armi ai paesi NATO, ricavandone un business di miliardi di dollari. Secondariamente, tende ad indebolire l’avversario russo a favore della NATO e del suo accerchiamento nei confronti di Mosca. Di conseguenza, tende ad indebolire anche l’alleato cinese che rimane, agli occhi del Pentagono, il nemico n° 1 da battere. La via della seta e il ruolo dello yuan spaventano Washington più di quanto possa fare Mosca con i suoi carri armati. Nei progetti di Pechino infatti non c’è soltanto il tentativo di assurgere a polo imperialistico mondiale nello spazio di pochi anni. C’è una operatività già in atto adesso. La via della seta dovrebbe essere, a tutti gli effetti, un articolato flusso di merci, di capitali e di tecnologie avanzate che da Pechino dovrebbero arrivare in Europa e nel basso Mediterraneo attraversando il continente asiatico. Ma per far questo l'imperialismo cinese ha bisogno di una vasta serie di punti di appoggio da parte di paesi consenzienti, a furor di yuan, e di governi disponibili a fare parte del progetto
http://www.leftcom.org/it/articles/2022-04-12/il-nuovo-disordine-mondiale-le-guerre-e-il-pacifismo?fbclid=IwAR1vr_ksNZ84631VzJb7XUSvBOkDXMLEJ3a4OsyZYk5twFTFqpKXbH6yFMA