sabato 12 marzo 2022

Shrinkflation

 


Quando viene introdotto un nuovo anglicismo economico, si può stare certi che si tratta di un termine usato per ingannare. Shrinkflation, questa brutta parola difficile anche da ricordare, riguarda una tecnica di marketing atta ad alzare i profitti. Poteva essere diversamente? Il termine è una contrazione di “shrinkage” (riduzione) e inflazione. Sta concretamente a significare: guarda un po’ come gabello l’acquirente, il consumatore.

Prevede il ridimensionamento dei prodotti mantenendo inalterato il prezzo, che quindi risulta aumentato. Le modifiche possono essere attuate come una riduzione delle dimensioni o come riformulazione o riduzione della qualità del prodotto venduto.

Due grammi in meno su una porzione di un certo formaggino. Il quadratino di formaggio fresco è passato da 20 a 18 grammi. Per il consumatore non sembra molto, è indolore, forse non se ne accorge nemmeno, ma è il 10% in meno di prodotto. Moltiplicato per tonnellate di formaggio, fa tanto bene al produttore.

Nel gergo degli specialisti dell’inganno legale, il nome è ancora più astruso: PPA, che sta per “Price pack architecture”: l’adeguamento delle quantità secondo gli interessi del produttore. Dietro al PPA, a questo acronimo truffaldino, c’è tutta una filosofia che lo giustifica. Riescono a giustificare qualsiasi boiata, vendita di armi compresa, figuriamoci se queste pantegane del “libero mercato” non riescono a magnificare questa tecnica truffaldina che sottrae il 10% del tuo formaggio e neanche te ne accorgi.

L’artificio non è nuovo, è stato aggiornato. È più asettico rispetto al vecchio salumiere che faceva pagare sulla bilancia troppa carta al prezzo del prosciutto crudo. Se già la bilancia di per sé non truccava di quel niente il peso. Ne conosco uno di quei vecchi droghieri i cui eredi oggi possiedono una trentina di appartamenti e alcuni negozi in pieno centro. Non puzzano più di caseina e ti degnano dall’alto in basso.

Tutti gli articoli del supermercato sono interessati: cibo, igiene, prodotti per la pulizia. Un noto produttore ha “rimodulato” la sua confezione di pasta da 500 a 400 grammi. Più pratico per le famiglie snelle, evita gli sprechi, ti dice. E che dire dell’idea di diminuire il diametro dei rotoli di carta igienica rendendoli più “maneggevoli” mantenendo lo stesso prezzo? Geniale fotterti delicatamente quando sei sul water.

L’inganno sul peso della merce può arrivare anche a mantenere le stesse dimensioni nelle confezioni, basta aggiungere più aria in un sacchetto di patatine, più sovraimballo in un pacchetto di biscotti o altro e il gioco è fatto. Per i consumatori compulsivi di dolci e formaggi potrebbe essere anche meglio, a tutela della loro salute!

Giocano anzitutto sul fatto che il cliente non sempre pone l’occhio sul prezzo al chilo, che è difficile identificare i casi concreti, poter confrontare le confezioni con quelle di prima. Una pratica legale poiché il prodotto appartiene a loro e ne fanno quello che vogliono. Non hanno alcun obbligo d’informare l’acquirente che lo stanno elegantemente fottendo.

Succede su ogni tipo merceologico, compresa l’informazione giornalistica. Ne fanno quello che vogliono, il prodotto è loro, sanno che non hai altra scelta. Il reggimento Azov, per esempio, non è più un’unità neonazista, ha cambiato confezione ed etichettatura. È diventata un’unità partigiana che resiste all’invasore. Poco importa quello che ha combinato prima, tipo nel Donbass.

Se qualcuno d’ora in poi, invece di arruolarsi tra gli eroi del reggimento Azov, fosse intenzionato a protestare contro il carovita (succederà, succederà), ricordi che le sue difficoltà economiche sono dovute all’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, alias manifestare potrebbe essere inteso come un sostegno diretto alla Russia. All’uopo il governo potrebbe emanare un dpcm. Se poi volassero delle manganellate, sarebbero dunque meritate e sacrosante. Topolin, Topolin ... .

2 commenti:

  1. La shrinkflation è altamente costosa, perché genera una perdita secca per la collettività. Se il produttore aumentasse il prezzo a parità di quantità nella confezione, il maggior costo sostenuto dal cliente si trasferirebbe integralmente al produttore (per comodità, pensiamo a una vendita diretta). Invece, se si riduce la quantità lasciando invariato il prezzo, il produttore incamera solo il minore costo variabile, mentre il cliente è penalizzato più che proporzionalmente. La differenza tra la perdita del cliente e il maggior profitto del produttore è una perdita secca per la collettività, che potremmo chiamare gap inflazionistico, o, macroeconomicamente, recessione.
    Il gap si riduce fino a annullarsi nel caso di monopolio, da un lato, e domanda rigida, dall'altro. E' il caso del salumiere del villaggio, che facevi tu: il cliente torna, acquistando la parte di prosciutto che gli viene a mancare per il giochino del salumiere disonesto, che peraltro ha l'unico negozio del villaggio. Sempre che al cliente non vengano a mancare i soldi.

    RispondiElimina