Scrive un noto quotidiano di
opposizione e di protesta: “Ecco i nuovi
schiavi del lavoro a mille euro”. Come dire che il metro con cui misurare
la schiavitù è il salario, e sei considerato uno schiavo solo se il tuo salario
è inferiore alla media. Come se la prostituzione fosse tale solo se il
prezzo della marchetta è basso. Se il prezzo del meretricio è adeguato, in
linea con i parametri contrattuali approvati dalla CGIA di Mestre, allora non si tratta più di
prostituzione. Così uno che intorta i pensionati da mane a sera vendendo titoli
tossici, se adeguatamente retribuito, ha diritto a far parte della categoria
dei galantuomini. Sono questi i modi e le forme con cui si costruisce il senso
comune, e dio solo sa quanto peso abbia il senso comune nella percezione delle
cose e nella relativa ideologia.
Perciò, oggi, lunedì, e poi anche nei prossimi giorni, siate
contenti nel recarvi al lavoro, sempre se il vostro salario o stipendio è nella
media, quella italiana. Se siete retribuiti il “giusto”, allora nessuno osi
dirvi che siete degli schiavi, che vi vendete per poca cosa. In tal caso siate
orgogliosi perché siete ben considerati, perfino dalla stampa di opposizione, e
il vostro lavoro è apprezzato così come da busta stipendio. Concorrenza
permettendo, perché si fa presto a cadere nel girone degli schiavi, di quelli
che fanno il vostro stesso lavoro, nelle vostre stesse condizioni, ma per un
salario inferiore.
E dunque chi stabilisce se il
salario di un operaio o lo stipendio di chiunque è adeguato oppure è da
schiavi? Forse un pari grado tedesco o francese, olandese o norvegese? Allora
ci vedrebbero tutti in catene. Questo fatto mi rammenta una vignetta di
Forattini quando Pertini, come presidente della repubblica, fece visita in
Germania. Il telegiornale mandò questa scena (che fu tolta nelle repliche): Pertini
chiese a una bambina, figlia d’immigrati italiani, di dove fosse originaria, e
lei rispose asciutta e sicura: “di Salerno”. E allora Pertini le disse: “Ah,
sei meridionale”. La bimba, con la bandierina italiana tra le mani, per nulla
convinta replicò: “No, sono di Salerno”. Il buon Pertini, che quanto a temperamento
non se ne faceva passare manco una, rimarcò: “Appunto, come dico io, sei
meridionale”. La bimba, dopo un attimo di silenzio, replicò stizzita di nuovo: “No,
non sono meridionale, sono di Salerno”. Qualcuno prese il presidente per un
braccio e se lo portò. Il giorno dopo su Repubblica
la vignetta ricordava l’episodio, solo a parti invertite, nel senso che era il
cancelliere tedesco a chiedere a Pertini di dove fosse, e questi nel rispondere
“sono di Savona”, si sentiva replicare: “Ah, zei meridionalen”. E poi avanti
così.
Bell'articolo come sempre.
RispondiEliminaIl fatto quotidiano stabilirebbe che, secondo il sentire comune, uno schiavo è tale se prende tra 700 e 1200. Se prende 1400 si salva, con 1500 sta benone e con 2000 si è quasi ricchi.
Quindi uno che prende 1300 (schiavo), con gli 80 euro che gli darà Renzi, smetterà di essere schiavo e passerà al livello superiore. Per un pugno di dollari.
Come se lo status di schiavo fosse ascrivibile al reddito e non alla subordinazione, alla dipendenza da qualsiasi cosa, al dover vivere per lavorare, alla prostrazione verso un'esistenza scandita da famiglia figli amante moglie la squadra del cuore la messa la domenica la prima comunione le ferie ad agosto Mara Venier Barbara Durso i figli di Claudio Villa, Floris, Santoro, gli f35, etc.
La schiavitù è dover sentire che Moretti con lo stipendio non gliela fa, uno come lui che ha messo a posto le ferrovie, che ci ha tratto in salvo, che ci ha salvato dal diluvio universale.
A li mejo morti de li mortacci sua.
La classe dirigente, quale diretta emanazione dei politici ladroni e dei loro padroni lobbisti, è la garanzia del blocco di ogni dinamica sociale, il cancro di ogni popolo. Fino a quando costoro non verranno considerati per quello che sono, ovvero secondini del sistema, cani da guardia pronti ad azzannare i ribelli ed a ricondurre le pecore all'ovile, non cambierà mai nulla. Al pari di giornalisti cortigiani e di mass mediologi da istituto luce. La classe dirigente non deve cambiare. Deve sparire. Ci si dovrà abituare ad orchestre senza direttori, a classi senza capi classe, a rappresentati senza rappresentanti. Le dialettiche da editorialisti come Scalfari sono la voce del padrone, l'oppio dei popoli, la suadente voce dell'ipnotizzatore. Nell'era del computer il dirigente, quale organizzatore e distributore di ordini alla ciurma, è inutile come il coltellino del pesce.
Non so esattamente come risolvere i mali del mondo (o meglio il sistema c'è l'avrei ma è incomunicabile per ora) ma di sicuro finché esisterà anche un solo dirigente, ci sarà sempre da qualche parte un padrone e da qualche altra parte un esercito di schiavi pronti ad obbedire.
L'attuale accanimento dei padroni verso i lavoratori schiavi e conseguente distruzione del welfare e dei diritti, è dovuta alla ormai conseguita liberalizzazione della schiavitù ed inflazione di carne umana ed all'obsolescenza della forza lavoro che nei prossimi lustri sarà man mano sostituita da robot. A breve anche un robot che impasta, stende, farcisce ed inforna le pizze. E magari ce le servirà anche al tavolo e ci darà anche il buffetto per fare il ruttino.
Ciao cara.
il tuo commento mi ricorda lo spirito iconoclasta (iconocasta, se mi concedi il facile calambour) del 1789
EliminaLasciando riposare un attimo Marx, senza scatenare dialettiche dejavu:
RispondiElimina« (...) Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza. (...) »
(Errico Malatesta, Il Programma Anarchico, 1919)
Quindi scelte per unanimità e non per sola maggioranza. Per ora un sogno.
Se anche noi ci siamo ridotti a promuovere Scalfari come 'oppio dei popoli' e suadente voce ipnotizzatrice, ripeto Scalfari, forse anche il sogno è per un'altra galassia.
In questo caso la critica, di per sé giusta, mi sembra "ipercritica". E' difficile aspettarsi da un giornale con quel taglio e scritto da quei giornalisti una marxiana consapevolezza del fatto che in questo sistema siamo tutti schiavi, a prescindere dal salario e ad eccezione dei padroni del vapore. E' già molto che parlino di schiavitù a mille euro al mese e sedici ore di lavoro al giorno. Sulla grande stampa - dove gigioneggiano personaggi da 1.600 euro al giorno, o magari di più, per un'ora di lavoro alla settimana - la questione non si pone nemmeno.
RispondiEliminaIl Fatto Quotidiano fa opposizione puntando, per vendere, sulla corruzione politica e imprenditoriale e sulle bagasce di Stato. Cattivo gusto e superficialità, e noi sappiamo che quelli sono epifenomeni del vero grande problema. Ma le ricorrenti crisi e lacerazioni del Manifesto mostrano che altre strade per fare informazione di opposizione, in questo Paese e in quest'epoca storica, sono davvero impervie.
Suppongo non sia un'atto di coraggio o di particolare significato politico quello di sospendere l'acquisto della 'grande stampa'. L'euro e venti si traduce in un piacevole caffè - a chi piace - o altro (truffa per truffa va meglio una schedina del superenalotto). Se perdura lo stakanovismo da eco della Stampa si può prelevare a scelta di testata la copia del giorno precedente dal bidone della carta (sempre che qualche pirla non vi abbia messo dell'altro). Se all'attuale terza guerra mondiale si dovesse aggiungere anche l'uso delle armi ci avviserà la portiera (per chi ce l'ha) o il filippino delle pulizie.
RispondiEliminalr
L'ulteriore sospensione dietetica di TV unisce al 'refresh' mentale anche un'utile effetto colagogo.