sabato 29 marzo 2014

Non c’è da scommettere un euro


Il parlamento, eletto con una legge elettorale dichiarata illegittima in alcuni suoi aspetti essenziali dalla Corte costituzione, si appresta – parole del presidente del consiglio e capo del maggiore partito politico – a varare una riforma costituzionale “storica”. Non è poi casuale che l’Italia sia il paese europeo che abbia modificato più spesso la propria legge elettorale. Né è casuale che nelle classifiche sulla libertà d’informazione l’Italia è l’unico paese dell’Europa occidentale indicato come “semi libero” (report Freedom House), cosa che dovrebbe far vergognare qualunque giornalista della cosiddetta “grande” stampa nostrana. Figurati.

Per quale motivo dovremmo ancora aver fiducia di un sistema del genere? Per quale motivo dovremmo ancora credere possibile di cambiare qualche cosa attraverso questo genere di sistema e le sue istituzioni? È a questa domanda che il movimento 5S non risponde, se non con frasi come quelle del suo leader, il quale ha sostenuto che senza il 5S “qui sarebbe arrivata Alba dorata”. E in caso arrivasse Alba dorata che cosa cambierebbe? Non s’era detto che destra e sinistra non esistono più? Ma quelli sono fascisti. E voi che cosa siete oggettivamente, non s’è ancora ben capito, a parte il fatto che vi autodefinite né di destra né di sinistra. Siete contro l’attuale sistema ma ne fate parte, sia pure come opposizione, e siete stipendiati da questo sistema per fare ciò che vi consente di fare. Siete utili alla manovra!



Nel 1789, in Francia, i rappresentanti del terzo stato per cambiare il sistema ne presero le distanze, anche fisicamente. Se fossero rimasti nella sala dell’Hôtel des Menus-Plaisirs (nome di per sé eloquente), assieme ai nobili e al clero, molto probabilmente non sarebbero riusciti a combinare nulla di significativo e di radicale. Al massimo avrebbero mutato l’apparenza di molte cose, più la forma che la sostanza. Non per nulla la proprietà della terra, pur a seguito della rivoluzione (!), rimase nelle mani di chi la poteva riscattare (non certo i poveri contadini). Non si poteva pensare che l’agricoltura francese potesse reggere nelle forme feudali ancora per molto tempo, una riforma che trasferisse la proprietà da gente negligente e inoperosa ad altri che ne avessero cura per trarne profitto, era urgente e si poneva come necessità storica ineludibile.

La decisione di chiudere quella sala fu il più marchiano errore di Luigi XVI. Lasciare insieme in quella sala i rappresentanti della nobiltà, del clero e della borghesia significava esporre il terzo stato ai sicuri tentativi di corruzione da parte degli altri due stati (alle lusinghe del denaro, alle profferte di cariche e di privilegi cui pochi sanno resistere), è in quella sede, tutti insieme, raggiunto un accordo sulle forme del voto, si sarebbero varate delle riforme. In tal modo riconoscendo legittimità ai rappresentanti degli interessi delle classi dei nobili e del clero, con tutti gli annessi e connessi che ciò avrebbe comportato. Certo, nobiltà e clero avrebbero dovuto fare delle concessioni (come avvenne a suo tempo in Inghilterra), spartire il bottino con i borghesi, ossia spartirsi le enormi proprietà e le rendite, ma avrebbero salvato la testa. Quanto al quarto stato, contadini e operai, sarebbe bastato garantire loro un po’ di pane e di companatico, musica e festa, e sarebbero tornati a casa con le buone o con le cattive (è una lezione che la borghesia ha imparato e applicato bene).

Le cose erano andate troppo avanti e non c’era più la possibilità di raggiungere un compromesso tra le classi sociali, troppo distanti le posizioni, troppo torpida e miope l’aristocrazia feudale, infinitamente disastrata la situazione generale, perciò non sarebbe bastato cambiare tutto perché tutto restasse immutato. C’era una classe di parassiti che non s’accordava più con i nuovi tempi, per gestire il nuovo ci voleva un ricambio. E arrivò in un crescendo rossiniano.


Per i cambiamenti, quelli veri, è necessario avere la forza di poterli fare e la volontà e l'interesse di realizzarli. Non basta dire di rappresentare il 25 o il 35 per cento del gregge. È necessario avere a favore il vento, classi e ceti sociali che abbiano effettivo interesse e volontà di cambiare, soprattutto non abbiano più nulla da perdere dal cambiamento ma solo da guadagnare. Grillo l’ha capito, perciò si scaglia contro i “garantiti”. Ma non ha ancora un forte vento a favore, è solo un venticello di brezza che può gonfiare qualche vela, ma non può far cambiare rotta alla nave. Non ha dietro di sé una classe dirigente pronta a sostituire quella vecchia, nemmeno in embrione. E quando dovesse il vento farsi estuoso, magari a causa di un patatrac finanziario (come facilmente intuisce e spera), non è detto che sarà lui a coglierlo. Nemmeno lui scommetterebbe un euro.

7 commenti:

  1. Il paragone con la Rivoluzione francese mi sembra particolarmente centrato, l'analisi sul m5s la condivido in pieno...

    Penso che più che un'alternativa il movimento di Grillo sia indispensabile a questo sistema che ha bisogno di avere un presunto "nemico" contro cui scagliarsi. Poi però, retoriche a parte il m5s alternativo a questo sistema non lo è affatto.

    Del resto anche loro hanno il mito del "cambiare le cose dall'interno": lo vediamo ad esempio, nei consigli comunali. Qui dove vivo io hanno 3 consiglieri che devono navigare in una discreta tempesta: non se ne è accorto praticamente nessuno.

    Il m5s ha dato forma ed espressione al malcontento ma non è certo in grado di rappresentare l'alternativa. Perché alla fine siamo sempre lì: stiamo vivendo una crisi di sistema, il capitalismo, e viviamo una transizione verso qualcos'altro che potrà durare parecchi anni con scossoni anche più forti di quelli che abbiamo conosciuto.
    Basta parlare di casta, di "buone pratiche", di "finanza etica" ? Non credo proprio: almeno- per stare in settori dove i grillini ci sono- dovremmo seriamente cominciare a parlare di riappropriazione sociale dei cosiddetti "beni comuni" e il m5s ben si guarda da farlo,,,

    Il punto è che il terzo stato durante la Rivoluzione francese e il quarto con la Comune di Parigi avevano coscienza di sé.
    Oggi possiamo solo dire che il movimento operaio e le sue strutture e organizzazioni novecentesche hanno esaurito un ciclo e se ne dovrà aprirne un altro con forme diverse da quelle conosciute. Qualche accenno di tutto questo inizia a vedersi ma è drammaticamente poco, troppo poco, rispetto allo situazione che viviamo.

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    1. un nuovo ordine sociale non potrà più avere le forme sclerotizzate e paradossali del vecchio socialismo reale, a cominciare dalle forme della rappresentanza (qualcosa d’importante nelle glosse del programma di Gotha s’era pur detto, ma ….), dalle forme di pianificazione e dunque di decisione. Ricordo quanto scrisse Marx:

      "democratico" significa in tedesco "secondo la volontà del popolo" (volksherrschaftlich). Ma che cosa vuol dire "il controllo secondo la volontà del popolo esercitato dal popolo lavoratore"? E per un popolo di lavoratori, poi, il quale ponendo allo Stato queste rivendicazioni dimostra di avere piena coscienza di non essere al potere e di non essere maturo per il potere!

      Si domanda quindi: quale trasformazione subirà lo Stato in una società comunista? In altri termini: quali funzioni sociali persisteranno ivi ancora, che siano analoghe alle odierne funzioni dello Stato? A questa questione si può rispondere solo scientificamente, e componendo migliaia di volte la parola popolo con la parola Stato non ci si avvicina alla soluzione del problema neppure di una spanna.

      E, poi, a seguire …

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  2. Grillo e il controllo del malcontento: come un toro nell'arena, in cambio di qualche cornata, viene riempito di banderillas: e qualunque sarà l'esito della corrida - vinca il toro o il torero - il Sistema conserverà i posti di privilegio che lo tengo al riparo dalla "crudezza" degli eventi.

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  3. "Democratico". "L'urtext": " [...] Nel linguaggio politico greco di età romana si osserva un uso non frequente, ma interessante, di demokratia e di un derivato demokrator, che significano chiaramente, se correttamente si intendono i contesti, “il dominio sul popolo” (o sull’intera comunità).[..] E Dione Cassio, lo storico vissuto al tempo dei Severi …….che definisse Silla ,dittatore, col termine demokrator.“
    . [..] Democrazia era il termine con cui gli avversari del governo ‘popolare’ definivano tale governo intendendo metterne in luce il carattere violento (‘kratos’ indica la forza nel suo violento esplicarsi. Democrazia uguale a sistema liberticida.[..]
    Per abitudine o comodità è uso fare riferimento a situazioni recenti come la rivoluzione francese o quella sovietica, ma i Greci avevano già ampiamente ragionato sulle dinamiche che regolano la dimensione politica e i rapporti sociali fra le classi. Nulla di nuovo,tutto in nuce, cambiano solo i contesti.

    Sui danni del denaro e le sue metamorfosi, e sui tedofori del Washington Consensus e delle grandi corporations economico-finanziarie globali portatori della retorica dei diritti cosmetici – per le quali l'uomo è un mero oggetto-merce funzionale al loro profitto –, è tutto molto chiaro (gli umanoidi cosa ne pensano ?)

    Invece maneggerei con maggiore cautela il termine ‘felicità’ in primis perchè terreno scivoloso delle emozioni, in seconda battuta perché quando ben l’umanità avrà conquistato in maniera diffusa giustizia ,libertà e benessere non sono così certo che ‘felicità’ chiuda il poker. E dato che trattasi di era geologica, ogni opinione ha buon diritto di asilo.
    Attendiamo la nemesi, per discutere con Cernysevskij,Turgenev e Pisarev c'è tempo.

    lr

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    1. sì, ho letto anch'io "La democrazia" di canfora e dunque le pp. 9 e 10 da dove hai tratto le citazioni.
      in questo post non cito la "felicità", e quando mi capita di citarla l'intendo nel suo significato della sua radice etimologica
      io invece attendo per discutere direttamente col padreterno di alcune cosucce
      ciao

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  4. Chiedo scusa, non sono stato corretto nei confronti del prof. Luciano Canfora al quale debbo la dotta interpretazione filologica.

    L.Canfora - Critica della retorica democratica - ed.Laterza
    La Democrazia - Storia di una ideologia - ed. Laterza

    Bonne soirée

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  5. Affermare che le proprie opinioni fanno riferimento al vissuto è ovvio quanto banale.
    Il dubbio personale è fra l’antropologia machiavellica e quella di Rousseau. Karl sostiene una terza ipotesi. Speriamo bene. Nelle mie semplici indagini a ritroso sull’uomo e sulla sua economia, ho scoperto che in antichità c’era chi non aveva la clava e chi invece ne aveva due (o più) : quest’ultimo ne dava una in leasing allo sfigato. Nulla di nuovo sotto il sole.

    lr

    finchè c'è vita .....

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