Chi vuole essere lieto sia, di doman non c’è certezza. Con
questo richiamo a Lorenzo di Pietro il Gottoso, apre e chiude in punta d’abisso
l’editoriale dell’Eugenio nazionale. E che l’incertezza percorra il globo
intero non v’è dubbio, e tuttavia finché la Federal Reserve continuerà a
drogare il mercato speculativo e la Bce a tenere in piedi le banche, tutto
procederà secondo quest’ordine per un certo tempo. Poi, inevitabilmente, come
sempre accade, il tempo finisce, tant’è che sanno bene di essere seduti su una
polveriera, ben più pericolosa di quella di Sebastopoli. Come ho scritto a noia
in questi anni di blog, il capitalismo non è morto, però è fallito. Prenderne
atto? Scherziamo? anzi, si balla e si canta, loro in omaggio e noi in ostaggio
al profitto e alla volontà di potenza.
Alla vigilia della grande guerra
europea (1914-’18) si presagiva che qualcosa di notevole e d’imminente stava
per succedere, e a grosse spanne si sapeva bene cosa. Ma chi avrebbe potuto
immaginare la fine miserevole di quattro dinastie imperiali (della carcassa del
turco magari sì, di quella asburgica forse, ma delle altre?), le turbolenze del
dopoguerra, la grande crisi dei Trenta? E tutto ciò non sarebbe stato altro che
la premessa per un’altra carneficina, questa volta davvero mondiale (1941-’45),
con oltre 50 milioni di cadaveri e conclusa con due grandi botti su città
inermi. È stato il trionfo del secolo americano e poi di Bad Godesberg.
Fu proprio a Bad Godesberg che
venne sancito il principio che i proletari occidentali non avevano più nulla a
che spartire con gli altri, e che “Proletari
di ogni paese, unitevi!”, era solo uno slogan romantico e demodé. Perciò s’allearono
stetti stretti col capitale dei rispettivi paesi, lupi tra i lupi, per
partecipare al grande saccheggio mondiale, allo scannamento delle razze
inferiori. L’Africa, l’Asia e l’America Latina erano come uno sportello di
banca, bastava prelevare. Il proletariato bianco aveva finalmente trovato le
briciole per ingrassare e celebrare la sua riscossa.
Date retta, loro sono più coglioni
di ciò che appaia, ma noi ancor di più. A questi impostori, distruttori e
sudicioni continuiamo a leccare il culo. Ogni voto nell’urna è una leccata. E
con ciò ci ricompriamo la possibilità di altre leccate della stessa merda.
Un post..."putrescente" (ih,ih,ih).
RispondiEliminaResta da chiedersi qual'è l'uomo da salvare.
RispondiElimina" La natura è il corpo inorganico dell'uomo,sia perchè essa è un mezzo immediato di sussistenza,sia perchè è la materia,l'oggetto e lo strumento della sua attività vitale. Che l'uomo viva della natura vuole dire che la natura è il suo corpo, con cui deve stare in costante rapporto per non morire. Che la vita fisica e spirituale dell'uomo sia congiunta con la natura,non significa altro che la natura è congiunta con se stessa, perchè l'uomo è una parte della natura [....] L'essenza umana della natura esiste soltanto per l'uomo sociale : infatti soltanto qui la natura esiste per l'uomo come vincolo per l'uomo come esistenza di lui per l'altro e dell'altro per lui e così pure come elemento vitale della realtà umana,soltanto qui essa esiste come fondamento della sua propria esistenza umana; la natura è diventata uomo: dunque la società è l'unità essenziale,giunta al proprio compimento dell'uomo con la natura,la vera resurrezione della natura, il naturalismo compiuto dell'uomo e l'umanesimo compiuto della natura"
( Marx 1844)
Vi sono oggettività (parola grossa) che non dipendono dallo schema ontologico con il quale si osserva il mondo. Incazzarsi serve a poco,la Terra non mi sembra in grado di ospitare ancora per molto 'l'uomo egoista'.