«Ignote
le cause del gesto». Un tempo questa frase, in cronaca nera, era accompagnata
da un aggettivo: insano. Chi fa più
caso alla follia della porta accanto? Del resto siamo assolutamente
indifferenti a follie ben più gravide di conseguenze e che possono portare in un’escalation
incontrollabile e a una guerra generalizzata.
È
chiaro e provato che gli Stati Uniti e la Germania hanno istigato la crisi in
Ucraina, con l'intenzione di provocare uno scontro con la Russia. La posizione
di Washington non viene mai determinata da principi del diritto internazionale,
ma dal calcolo degli interessi geopolitici ed economici degli Stati Uniti.
Nel
1992, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Germania
hanno premuto per la rottura della Jugoslavia. Gli Usa nel 1999 hanno fatto
guerra contro la Serbia per garantire la secessione della provincia del Kosovo.
In quel caso andava a fagiolo il referendum. Ora, invece, dopo il voto unanime
da parte del parlamento di Crimea a favore della secessione dall'Ucraina per
unirsi alla Federazione russa e la fissazione di un referendum sulla secessione
per il 16 marzo, il referendum non va più bene al presidente Obama il quale ha dichiarato che lo
svolgimento di una tale votazione sarebbe una violazione della costituzione ucraina e
della legge internazionale.
Perfino
un vecchio terrorista internazionale come Henry Kissinger, anch’egli premio
Nobel per la pace (chi si ricorda più la vicenda del Cile e del generale René Schneider?),
scriveva l’altro ieri sul Washington Post i propri dubbi in proposito: “Ma sappiamo dove stiamo andando? Nella mia
vita ho visto quattro guerre iniziate con grande entusiasmo e sostegno
pubblico, ma poi non sapemmo come porre fine a tre di questi conflitti, dai
quali ci siamo ritirati unilateralmente. La questione è come finisce una
guerra, non come comincia”.
Egli
sa bene che “Anche dissidenti famosi come
Aleksandr Solzenicyn e Joseph Brodsky hanno insistito sul fatto che l'Ucraina è
parte integrante della storia russa e, anzi, l’Ucraina è Russia”. La Crimea
è stata ceduta da Krusciov all’Ucraina all’epoca in cui l’Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche era suddivisa formalmente in 15 repubbliche.
Si trattò di una cessione esclusivamente amministrativa, poiché la sua popolazione è di maggioranza russa (il 90% parla russo e il 30% conosce l'ucraino) e nessuno si sarebbe mai sognato di staccare
la Crimea dalla Russia.
Gli
Stati Uniti non sono alla ricerca di un compromesso con la Russia; sono loro,
come detto, che hanno fomentato i disordini della destra fascista a Kiev. Ora
essi vorrebbero che la Russia facesse una umiliante marcia indietro, e non è
escluso che a causa di questa crisi o di una prossima crisi si rischi lo
scoppio di un conflitto armato, dapprima locale e poi generalizzato.
La
casualità e l’imponderabilità in queste faccende hanno il loro peso, non di rado decisivo. Ricordo ad
esempio che il primo colpo di pistola che portò alla grande guerra europea del
1914-’18 non fu sparato a Sarajevo, ma in Libia ad opera degli italiani. Con
tale aggressione, nel 1911, essi dimostrarono ai popoli sottomessi alla
monarchia ottomana la debolezza, la decadenza e l’arrendevolezza dell’impero.
Poco dopo, nel 1913, scoppiarono le guerre balcaniche, prodromo di ciò che
seguì nell’agosto dell’anno dopo in un’escalation di ultimatum tra potenze
nessuna delle quali disposta a fare un passo indietro, come sempre accede in
simili frangenti.
Gli
Stati Uniti stanno chiedendo niente di meno che l'accettazione da parte di Mosca di una
Ucraina ostile che servirà come tappa per le forze militari USA e
Nato per operazioni sempre più in profondità volte a smembrare la Russia (questo
il vero obiettivo: divide et impera).
Resta
il fatto che l’amministrazione Obama ha provocato una crisi che potenzialmente,
se non oggi, domani, potrebbe portare a una collisione militare con conseguenze
incalcolabili. In parte, la posizione assunta da Washington riflette la rabbia
per i recenti avvenimenti, il supporto russo al regime di Assad in Siria e la
decisione di Putin di fornire asilo a Edward Snowden. Entrambi i casi sono
visti come espressione del rifiuto della Russia di accettare
incondizionatamente l'egemonia globale degli Stati Uniti. Washington vuole un
cambiamento brusco e permanente nel rapporto di forza tra sé e Mosca.
Anche
se la guerra è scongiurata (si spera) in questo caso, gli eventi della scorsa
settimana hanno dimostrato che una nuova guerra mondiale non solo è possibile,
ma diventa sempre più inevitabile (non dimentichiamoci il teatro del Pacifico),
a meno non si ponga fine al capitalismo e all'imperialismo quale sua
espressione economica e politica. Ma questo è solo nel libro delle vane
speranze. Scorrerà molto sangue prima che si arrivi ad un effettivo
cambiamento. La Storia non può insegnare nulla ad alunni assenti o distratti.
Banalizzando per semplificare penso che il non far caso alla follia della porta accanto sia la naturale conseguenza della ferrea logica del profitto imperante che, per essere realizzato, necessita di individui sprezzanti e cinici pronti a fare mors tua vita mea. Non solo in economia ma in tutti i settori della vita finanche nell’amore.
RispondiEliminaStanno tentando di scatenare qualche guerra per eliminare un bella fetta di inutili schiavi dal pianeta, fare un po’ di pulizia, distruggere per riscostruire, rimescolare insomma il mazzo di carte.
Così il capitalismo potrò ricominciare a prosperare per qualche altro decennio.
Poi si comincerà a sterilizzare la masse fino ad una drastica riduzione degli abitanti del pianeta che, altrimenti, è semplicemente destinato a scoppiare. Ciao
ciao Gianni
EliminaSono d'accordo con questa analisi: nessuno dalle parti della politica e dell'informazione mainstream spiega come mai il Kosovo avrebbe diritto all'indipendenza mentre la Crimea non potrebbe scegliere sul suo destino.
RispondiEliminaIn Ucraina ci sono 3 attori in campo: gli Usa- che premono per la divisione di quel paese già dai tempi delle "rivoluzioni arancioni"- la UE e cioè la Germania e ovviamente la Russia.
In gioco ci sono gli equilibri geostrategici ed economici dei prossimi anni: è una nuova puntata del "grande gioco" o della guerra già iniziata da tempo per accaparrarsi le risorse naturali. Il gas in questo caso, visto che dall' Ucraina passano i tracciati dei gasdotti che portano questa risorsa fondamentale da est a ovest.
Sullo sfondo c'è la Cina che al momento osserva apparentemente senza fare contromosse, mentre gli Usa- dopo i disastri mediorientali- giocano a fare allargare sempre di più la Ue scommettendo sulla sua implosione.
Unico assente in questo contesto un soggetto che una decina di anni fa era definito come "grande potenza", il movimento pacifista. Da allora quel soggetto non solo non si è più rialzato ma in Italia altro non ha fatto sedersi a fianco di chi governava o nel migliore dei casi a fare della retorica inoffensiva...
i pacifisti, mai frequentati nemmeno nei loro tempi migliori (i cattolici ... e c'erano i cristiani per il socialismo !!!, e altri deliri)
Eliminaio frequentandoli speravo che qualche tipo di collegamento tra crisi del capitalismo e guerra si potesse fare: mi sono accorto presto che era una causa persa.... Non parliamo poi del No Dal Molin che pure ho frequentato alle manifestazioni, praticamente tutte, e ad alcune assemblee: "difendiamo la madre terra" e per carità guai a chi parla di imperialismo...
RispondiEliminacapito mi hai? ciao
EliminaVeramente un bel post. Succinto, essenziale, icastico.
RispondiEliminaL'ho pubblicato sul mio profilo facebook.
Cordiali saluti
Luigi
grazie, me la segno
Eliminaah no, scusa forse ho sbagliato luigi, l'ho capito dai saluti. l'altro luigi manda i saluti ROSSI (cazzo)
EliminaCara Olympe, io sono il Luigi..."storico" di questo blog, ricorda (nel senso di primo con tale nome)?
EliminaHo avuto la fortuna di iniziare a leggere questo blog, quasi subito dalla sua nascita.
La lettura dei tuoi post, è stata interessante, istruttiva e appassionante.
Bene, continua così, finchè ne avrai.
Ti saluto
fa piacere avere lettori storici. grazie e molti saluti
EliminaRoma, 8 mar. (Adnkronos) - La crisi in Ucraina, per ora, non mette a rischio le forniture di gas ma, la dipendenza energetica dell'Italia dalla Russia, come da altri Paesi fornitori, desta comunque qualche preoccupazione per il futuro. Lo sostiene l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni in una intervista alla 'Stampa'. "Per quest'anno, anche grazie alle temperature molto miti in tutta Europa, - afferma Scaroni - mi sento di escludere che la crisi dell'Ucraina abbia effetti sulle forniture di gas ma certo, se la tensione durerà, ho qualche preoccupazione per il prossimo anno".
RispondiElimina"Il sistema di approvvigionamento dell'Italia ci consente di superare con qualche costo aggiuntivo la crisi di uno dei nostri fornitori, - sostiene Scaroni - ma se dovesse mancarne anche un altro i problemi sarebbero seri. E in ogni caso, proprio alla luce di questa crisi, l'Europa dovrebbe ripensare la sua strategia energetica". Tuttavia, l'instabilità in Libia e in Algeria creano ulteriori preoccupazioni per gli approvvigionamenti di gas.
Per Scaroni comunque, la strategia energetica europea andrebbe cambiata "creando una figura che prenda in carico tutto il tema dell'energia. Ma prima di tutto l'Europa dovrebbe prendere atto che un continente dove l'energia costa il triplo che negli Usa ha un futuro difficile e dunque bisogna intervenire urgentemente" e le alternative per l'ad di Eni vanno cercate nel shale gas (il gas di scisto) e nel nucleare: "in questa situazione non bisogna lasciare nulla di intentato", commenta Scaroni.
P.S: Come chiamare questa gente se non...sciacalli. E vengono pure pagati profutamente.
ancora con sto nucleare
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