martedì 31 maggio 2011

Finiti gli anni Ottanta? Sì, ma non per via di Berlusconi



Mi pare che stiamo perdendo di vista cosa sta succedendo veramente, troppo presi da Berlusconi e dai cazzetti suoi. Ma ci penserà la cosiddetta Europa e i famigerati mercanti di titoli a svegliarci dal torpore in cui ci mantiene la propaganda (non solo quella filogovernativa). Il nostro è un sistema già tramontato, un sistema fallito da decenni, dove l’entità della produzione è enormemente inferiore al debito nazionale, dove la rendita dello stato costituisce l’oggetto più ragguardevole della speculazione e del reddito, dove la borsa è il mercato principale per l’impiego di ricchezze utilizzate in modo improduttivo. Tutti coloro che partecipano a questo gioco, grandi borghesi e piccoli parassiti, trovano appoggio nei partiti che per un verso o per l’altro difendono e alimentano questi interessi.

Senza un rivolgimento totale dello stato non sarà possibile nessun cambiamento nei conti pubblici e continueranno a comandare i gruppi parassitari, i grandi appaltatori, i lupi della finanza che finora si sono avvalsi dei partiti per avere zona franca. Perfino la vecchia borghesia industriale, quella vera, ha battuto un colpo (a Milano), ma è poca cosa. Poi quando lo stato non potrà più pagare pensioni e stipendi come ora, e i genitori sostenere i propri figli precari o disoccupati, allora saranno barricate. Quelle vere!


Illusioni di pochi momenti



Quando una classe dirigente (?) arrogante e proterva come poche prende una botta elettorale come questa (uno schiaffo l’ha definito il ministro dell’interno, sarebbe stato meglio un calcio in culo ma accontentiamoci) non si può che essere contenti. Ma poi non troppo perché le cose non sono destinate a cambiare. Primo perché a comandare ci sono ancora loro, secondo perché non è che cambiando qualche faccia si possa immaginare chissà quali rivoluzioni nell’ordine dei problemi. Il riformismo è fallito, c’è un debito pubblico da delirio, servizi che diventano sempre più scadenti, lavoro che manca e futuro che non c’è. Sono d’accordo con la Camusso, stanno creando un’Italia sempre più povera. Avrebbe dovuto aggiungere: un’Italia dove i ricchi sono sempre più ricchi e non pagano le tasse. Anzi, con quelle evase (complice anche il centrosinistra) si comprano ogni giorno un pezzo di patrimonio pubblico.

Dopo il “ghe pensi mi” e “va tutto ben”, sarà la volta dei “sacrifici”. Come sempre. Lo spettro di Irlanda, Grecia e Portogallo (e Belgio) incombe. Gli Stati mantenuti artificiosamente sull’orlo del fallimento sono costretti a contrattare con i banchieri e gli squali della finanza sempre nuovi prestiti a condizioni sempre più sfavorevoli. Il debito statale arricchisce una frazione della borghesia e rafforza il potere anche delle altre frazioni perché crea condizioni di supersfruttamento.

La patrimoniale? Se ci sarà (e ci sarà, comunque camuffata) finiranno per pagarla salariati e pensionati, piccoli artigiani e precari con partita iva. Sarà sufficiente far aumentare l’inflazione reale (quella che chiamano “percepita”), ticket e tariffe, diminuire la spesa per sanità (non gli sprechi) e l’assistenza, inasprire gabelle a chi non può sfuggirvi, e qualunque statista si potrà presentare a Bruxelles sorridente senza aver vulnerato gli interessi che sono altrettanti sostegni del sistema dominante. Insomma, la politica economica di ieri, di oggi e di sempre.

La borghesia è scaltra, sa cambiare cavallo in corsa, se necessario (ed era necessario). Quello che si sente nei media è solo il suo discorso, monotono. In alcuni grandi salotti ieri sera s’è brindato al “nuovo”, in altri s’è brindato ugualmente, tanto è un gioco tra loro. In piazza si festeggia solo l’illusione di pochi momenti.

Ps.: l'avv. Pisapia ha espresso solidarietà ai soldati italiani in Afghanistan. Non è che s'è dimenticato di aggiungere qualcosa?

lunedì 30 maggio 2011

2015, via Montenapoleone

Senza gente, senza niente



Dopo quattro giorni senza giornali e tv ci si sente come dopo l’influenza, un po’ svaniti ma pronti a prendere sul serio la vita. Non ho letto l’editoriale di Scalfari di ieri perciò non conosco ancora gli aggiornamenti apportati dal filosofo alla storia dell’umanità e degli italiani in particolare.

Su uno dei più gettonati blog, si parla di tale Gigi d’Alessio. Colmo una mia lacuna: trattasi di cantante di gran giro. Quindi c’è questa perla: «Celine era nazista». Celine Dion? No, Céline, lo scrittore, quel fetente. Così, per dire. L’etichetta una volta appiccicata al prodotto non la puoi staccare grattando col ditino, altrimenti il rigattiere di turno ti incarta cinque chili di citazioni Allamanieradì Satre, o Tatre (come lo chiamava l’imputato).

“La Germania dice addio al nucleare”. Noi non riusciamo nemmeno a un clown.


mercoledì 25 maggio 2011

Mi ritiro



In convento, ospite di suor Benedetta del Preziosissimo Sangue di Gesù, una stimata teologa ed esperta nell’arte di “spezzare ogni voto satanico”, alla quale ogni tanto invio dei post di Malvino firmandoli a mio nome. Da tempo mi scrive invitandomi a raggiungerla e io provo spesso nostalgia per le esperienze esoteriche, dopo aver rinunciato, obtorto collo, a quelle esotiche che sempre sonnecchiano nel mio cuore.

Nella solitudine di una cella a quattro stelle, nell’ozio più totale e nel pieno abbandono interiore ed esteriore, abbraccerò la metafisica e affonderò nei miei sensi di colpa (gli straripamenti dell’epicureismo). Il terzo giorno, al culmine della contemplazione e del flusso d’amore per il prossimo, chiederò allo Spirito di Dio di concedermi, se non l’indulto, almeno le attenuanti generiche in cambio di una modica cauzione ecclesiastica. Pertanto, conto di annientare il Male e rettificare il senso della mia vita entro le prime luci di domenica.

Ps: per eventuali urgenze, citofonare a don Seppia (c/o Marassi).

La fogna



Titola il manifesto di ieri: «Indignati, e ora che si fa?». Il grassetto è nell’originale. E subito è arrivata la risposta. Dagli operai di Fincantieri, però.

* * *

Circola una versione “filtrata” da ambienti della polizia sulla ricostruzione della vicenda di Strauss-Kahn: «Ophelia entra nella suite convinta che non vi sia nessuno. Un suo collega ne è appena uscito dicendole che «è libera». Invece c’è Strauss-Kahn. Forse si è nascosto nel bagno per cogliere di sorpresa la cameriera. Ed è quello che - secondo l’accusa - avviene. Il politico francese esce nudo e si avvicina alla cameriera. Lei, profondamente religiosa, sostiene di essersi coperta gli occhi». Questo è un grossolano ma sempre efficace tentativo per verificare se la versione confezionata tiene. Da qui al 6 giugno, giorno dell’udienza, non mancheranno le aggiunte e varianti.
  
Naturalmente la versione di DSK, quando la fornirà, sarà esattamente opposta. Come ho scritto fin dal primo momento, la verità non la sapremo mai. Si può però trarre la solita considerazione: quando un uomo potente fa mostra di certe smaccate tendenze sessuali, prima o poi cade anche da solo. A spingerlo giù nel fosso trova sempre dei volenterosi.

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Ieri le forze aeree democratiche hanno ucciso 19 civili libici e feriti altri 150. Sempre in forza della risoluzione dell’Onu. E senza essere in guerra, ovviamente.

* * *

Quando si accetta il confronto pubblico con un ex squadrista e vigente fascista, questo farabutto un risultato l’ottiene subito, ricevendo un assegno in bianco ancor prima di aprire la sua bocca, cioè il riconoscimento come interlocutore valido. Sarà poi un gioco dialettico per il topo portarti a spasso per la sua fogna e non servirà a nulla mostrare fastidio per un simile ambiente.

martedì 24 maggio 2011

tuli, tuli, tulipan



Per comprendere come stanno andando le cose nell’economia mondiale, soprattutto per quanto riguarda la componente finanziaria, non è necessario essere degli esperti. Anzi, è utile non esserlo, così si possono evitare quei pregiudizi che rassicurano per sempre un laureato in economia di essere dalla parte dei controllori e non degli sfigati. Per lo stesso motivo non è indispensabile conoscere il gergo anglosassone dei manipolatori della schizofrenia coatta e dei simulatori di opinioni. Mai come in questo caso è bene affidarsi a un sano scetticismo e cioè avere ben chiari pochi concetti: il primo e il più importante dei quali è che solo il lavoro crea valore; il secondo, conseguenza del primo, dice che la speculazione finanziaria non crea ricchezza, ma la confisca e spartisce tra i più fortunati dei giocatori (più o meno sempre gli stessi); terzo, la finanza e la borsa non hanno nulla o quasi a che vedere con la funzione di sostegno della componente economica industriale che avevano in un ormai lontano passato.

A confronto della speculazione finanziaria attuale, quella famosa sui bulbi di tulipano degli inizi del XVII secolo aveva come “sottostante” qualcosa di concreto, chi falliva rimaneva con un pugno di bulbi, ma con la possibilità di coltivare dei fiori dai colori sgargianti e petali di velluto. Attualmente il “sottostante” è fatto di debiti inesigibili e scommesse folli sul nulla.

Prima o poi il gioco è destinato a interrompersi con ancor maggior clamore, la polvere nascosta sotto il tappeto è diventata una catena montuosa e mostruosa di cui nemmeno gli “addetti” ci saprebbero svelare la reale consistenza e le vette raggiunte. Si possono azzardare delle stime, e sono così pazzesche da sembrare inverosimili. Quando scoppierà la prossima crisi finanziaria (tenuto conto che questa non è finita) non potrà trovare compensazione nell’intervento dello stato. Le grandi banche e società d’intermediazione speculativa continueranno sì ad essere considerate troppo grandi per poter fallire, ma allo stesso tempo i loro debiti sono effettivamente così giganteschi da non poter essere tamponati dagli Stati (essi stessi forti debitori).

Allora si apriranno scenari inediti, imprevedibili ma certamente apocalittici. In Grecia già lo stato non paga più le medicine in uso negli ospedali e le case farmaceutiche stanno facendo le valige, oppure coprono le forniture in cambio solo di contanti. Gli stipendi e le pensioni sono già stati tagliati, ma non basta e si tratta ancora di quisquilie. La Grecia e il Portogallo sono poca cosa, hanno un PIL che è quello delle nostre province di Vicenza e Treviso, e perciò per qualche tempo troveranno soccorso, anche perché ci sono di mezzo i crediti delle banche tedesche. Così per l’Irlanda e il Belgio. Per la Spagna e l’Italia il discorso sarà diverso, così com’è diverso per non pochi stati degli Usa, a cominciare dalla California, poi il Massachusset, Wisconsin, Pennsylvania, ecc.. E anche il Giappone non se la passa bene, visto che ha il debito pubblico più elevato del pianeta.

Non è la “civiltà del denaro in crisi”, come sostengono taluni, ma la barbarie di un sistema sociale basato sulla rapina a cui partecipano un po’ tutti, basta pensare ai fondi pensione, a quelli comuni d’investimento e via via speculando. Il salariato è contento dei rendimenti che il proprio fondo pensione gli sta garantendo, ma spesso ignora o gli fa comodo ignorare che in tal modo alimenta la speculazione sia in azioni di società quotate ma anche in prodotti della cosiddetta finanza ombra, recando spesso danno ad altri salariati e in generale agli interessi del mondo del lavoro. In Italia ci sono più di 500 fondi pensione e oltre 4,5 milioni d’iscritti con una cifra investita di oltre 70 miliardi di euro (poco se confrontata con le cifre dei fondi pensione americani, giapponesi, olandesi, ecc.). Chi controlla i gestori di questi fondi?

Concludendo, quando scoppierà la prossima grande bolla finanziaria travolgendo l’economia intera (dalla produzione ai servizi e ovviamente il credito) le diatribe dei modesti attori che recitano “io son diverso da te” davanti allo specchio deformato della Tv, ci sembreranno ancora più ridicole e risibili. Ma sarà tardi.



Un lavoro da Dio



Jean-Claude Juncker, democristiano cattolico, è il primo ministro del Lussemburgo e presidente dell’Eurogruppo, cioè di quel coordinamento “informale” che riunisce i ministri dell'Economia e delle finanze degli Stati membri che hanno adottato l’euro, i quali sono incaricati di vagliare le questioni monetarie ed economiche europee prima di formalizzarle sul tavolo dell'Ecofin.

In questa intervista a Der Spiegel, Jean-Claude Juncker difende la sua scelta di aver mentito in relazione a una riunione dell’Eurogruppo che si è tenuta ai primi di maggio. In un primo momento aveva negato che tale riunione si fosse tenuta per discutere il ritiro della Grecia dall’euro, ora si difende dicendo che la notizia della riunione è stata smentita per proteggere l’euro da attacchi speculativi: «Dio capisce di più i mercati finanziari di molti che scrivono su di loro», ha affermato. Laddove Dio è evidentemente il presidente dell’Eurogruppo.

Il giornale gli chiede: L'ex Presidente tedesco Horst Köhler ha descritto i mercati finanziari come un "mostro". Questo mostro ha mutato il modo in cui i politici comunicano?

Juncker: Senza dubbio. […] Alla luce del nervosismo dei mercati finanziari, è difficile per noi tenere sempre il pubblico adeguatamente e correttamente informato. Ciò è deplorevole, ma purtroppo è anche inevitabile.

Spiegel chiede allora quanto sia grave la situazione greca? Juncker risponde che la Grecia non ha adeguatamente attuato il programma di consolidamento a cui aveva aderito, in particolare la riforma del sistema fiscale non sta procedendo come concordato e le privatizzazioni non sono state ancora avviate, così come dev’essere  attuato il taglio dei dipendenti pubblici e venduto il patrimonio pubblico, pari a 50 miliardi di euro all’anno.

Ma eccoci alla domanda che svela la realtà del potere, e cioè chi comanda effettivamente gli Stati (soprattutto quelli piccoli e fortemente indebitati, ricattabili). Spiegel: Per il governo greco sarà difficile realizzare tale programma di propria iniziativa. Sarà necessaria una maggiore pressione verso Atene?

Juncker: In futuro, l'Unione europea seguirà il programma di privatizzazioni greco così strettamente [tightly] come se fossimo noi stessi ad attuarlo. Per esempio – prosegue – con la creazione di un’apposita agenzia indipendente dal governo, formata da “esperti” stranieri.

Spiegel solleva la questione dell’insolvibilità greca, in merito ai drastici provvedimenti attuati e soprattutto da attuare. Il premier lussemburghese eccepisce che la Grecia non può dichiarare bancarotta per il semplice motivo che ciò la metterebbe fuori in futuro dall’accesso al credito, oltre che a mettere in difficoltà i creditori attuali, ovvero le banche tedesche e europee, con conseguenze incalcolabili per il mercato finanziario. Quindi parla di una ristrutturazione “soft” del debito greco. Spiegel interroga poi Junker sulla questione del malcontento e delle resistenze che le politiche economiche del debito (a cominciare da certi meccanismi che entreranno in vigore dal 2013) stanno cominciando a suscitare tra le popolazioni interessate, così come la richiesta di coinvolgere di più i parlamenti nazionali nelle questioni relative al debito e ai meccanismi di “aiuto”. Risponde Juncker: Ci sono pochi banchieri che sono turbati dalla nozione che ci sia bisogno di unanimità per decidere su questioni centrali in Europa.

Ciò che appare chiaro anche da questa intervista, della quale ho proposto alcuni stralci significativi, è il fatto che in materia economica e finanziaria a decidere non sono i singoli stati ma gli interessi prevalenti e più forti in Europa, che guarda caso coincidono con gli interessi del grande gioco finanziario. Ciò che succede a valle, le condizioni di vita e di lavoro che riguardano centinaia di milioni di persone, i cittadini e gli elettori tanto cari alla propaganda borghese, non è nemmeno preso in considerazione. A decidere sono loro, il capitale finanziario e i relativi funzionari, i quali svolgono, per esplicita ammissione di Junker, “il lavoro di Dio”.

lunedì 23 maggio 2011

Quando l'acqua tocca il culo



Lo so, è un argomento che non appassiona tutti, almeno fino a quando l’acqua non tocca il culo. Del resto l’umanità e le classi dirigenti sono abituate a occuparsi dei problemi solo quando incombono, anzi, solo quando, come dicevo, toccano il culo. Ma presuppongo lettori intelligenti, di quelli che vogliono ragionare con la loro testa. Non sono molti, ma ci sono.

Il cambiamento climatico (che è qualcosa di più del “riscaldamento”) sta interessando tutto il pianeta e negli Usa le catastrofi si susseguono a ritmo serrato con 330 vittime negli ultimi tempi. Mentre gli F16 bombardano Tripoli, il Midwest e le Grandi Pianure hanno sperimentato un forte aumento delle precipitazioni (lo straripamento del fiume Mississippi ha devastato il Midwest inferiore, gli stati del Tennessee, Mississippi, Arkansas e Louisiana) mentre il Sud-Est e la zona Occidentale (con ondate  inusuali di freddo in Canada e negli Stati Uniti) hanno visto un aumento della siccità negli ultimi 50 anni. Mentre Berlusconi promette agli abusivi di non abbattere, tempeste e inondazioni hanno danneggiato seriamente la qualità della vita di milioni di persone a livello globale. Solo nell'ultimo anno le grandi alluvioni hanno devastato un quinto della superficie totale in Pakistan e vaste distese (quasi un milione di chilometri quadrati, più di tre volte l’Italia) nel Queensland e Victoria in Australia. Piogge senza precedenti anche in Colombia che hanno danneggiato milioni di ettari coltivabili; precipitazioni mai viste in Venezuela; catastrofi per le piogge  eccessive nelle grandi  città del Brasile e siccità nel Sud.

Una crisi climatica di cui si parla poco è quella che colpisce la Cina, soprattutto a causa della desertificazione. Il deserto del Gobi avanza e minaccia direttamente la stessa Pechino. La desertificazione ha prosciugato quasi il 90% delle antiche sorgenti, tanto che la Città Proibita rischia, prima di venir sepolta dalle dune, di morir di sete. I media se ne occupano solo quando le tempeste di sabbia sono concomitanti dei grandi eventi, come le Olimpiadi del 2008; il fenomeno è dovuto in gran parte all’abbandono delle campagne. Il governo cinese ha stabilito che ogni cittadino di età superiore agli 11 anni ha il dovere di piantare almeno tre alberi ogni anno, di quelli preferiti, anche da frutto. Nel mio Veneto, nonostante una legge stabilisca che i comuni debbono piantare un albero per ogni nuovo nato, assisto impotente alla gara di chi ne abbatte di più (vedi qui), oppure si deturpano cedri e pini secolari “per via dei fulmini” (evidentemente un fenomeno naturale inedito).

Le perdite economiche dovute a disastri naturali (allagamenti, siccità, grandi incendi, perdita dei raccolti) sono aumentate vertiginosamente, da una media globale di 25 miliardi di dollari all'anno nel 1980 ai 130 miliardi all'anno nel corso del decennio fino al 2010. Le produzioni di grano, soia, mais, riso ed altri numerosi cereali e legumi, che costituiscono la base alimentare della popolazione di numerosissimi paesi sono danneggiate  seriamente dai cambi  climatici, creando un gravissimo problema, come si vede nel Nordafrica delle rivolte. Infatti l’indice globale dei prezzi  dei prodotti agricoli  di base (cereali, carne, zucchero, olii, latticini) si situa attualmente al massimo livello da quando la FAO ha cominciato  ad elaborare questo indice,  20 anni fa.

Le cause di questi cambiamenti non sono univoche, ma sta di fatto che la deforestazione, l’inurbamento, l’inquinamento, ecc. non portano certamente sollievo ai fenomeni naturali di fondo. Molto tempo è stato perduto semplicemente parlando del tema ma non facendo quasi nulla in concreto. Per molti anni gli Usa sono stati il maggior produttore di CO2 (primato ora detenuto dalla Cina), ma hanno sempre rifiutato sistematicamente di considerare la situazione nella sua gravità, tanto che  forse è già diventata irreversibile. A pagare il prezzo di questa sventatezza e arroganza, sono soprattutto le popolazioni di tutti i continenti, spesso le classi sociali più povere.

Se i governi non riescono a rispondere alla crisi attuale, ha detto Osvaldo Canziani, premio Nobel per la Pace, lo scioglimento dei ghiacci potrebbe portare a un rapido aumento del livello del mare e l'estinzione di un gran numero di specie determinata anche da una moderata quantità di riscaldamento, dell'ordine di 1 a 3 gradi.

... e, mi raccomando, andate a votare!



Il riformismo bollito, in salsa zapaterista, ha fallito. Gli “indignati” possono tornare a casa, i tagli alla spesa pubblica già decisi e attuati dalla “sinistra” per evitare la deriva greca saranno irrobustiti dalla destra non appena tornerà al potere. A guadagnarci sono i banchieri, i rentier. In Italia, forse, succederà il contrario: alla destra succederà la sinistra. È il gioco delle parti. Carta vince, carta perde, ma le carte sono truccate come il gioco. I governi nazionali non possono fare più nulla, sono ostaggio della Bce, della bancocrazia, delle agenzie di rating (e di chi le comanda, cioè gli stessi).

È l’Europa del capitale finanziario, dei padroni, non l’Europa dei popoli come vuol far credere la propaganda. Nazionalizzare le banche, tassare le rendite e i patrimoni, cancellare le spese militari (ho scritto dei post l’anno scorso sulle forniture folli di materiale bellico tedesco alla Grecia con l’avvallo creditizio delle banche teutoniche), azzerare le privatizzazioni, smantellare la burocrazia, insomma prendere dei provvedimenti di salute pubblica non è possibile senza dover buttare all’aria tutto. E per farlo non basta qualche sit-in in alcune piazze europee.

Cosa diceva il vituperato Strauss-Kahn nel febbraio scorso? Vogliamo ricordarlo, in tal modo da inquadrare meglio ciò che è successo qualche giorno fa a New York? Egli diceva che Germania e Cina non sono modelli virtuosi da imitare ma bensì “arcipeccatori” del sistema, visto che il loro modello di sfruttamento sistematico dei surplus dell’export per potenziare la crescita a spese di Usa e altre nazioni in deficit, altro non è che una riedizione degli sbilanci tossici globali che hanno fatto riemergere la crisi. Egli avvertiva chiaramente che se il capitalismo non troverà modo di uscire dalla sua crisi, di dare prospettive e reddito a centinaia di milioni di giovani, la carneficina sarà inevitabile. Dapprima a livello nazionale, quindi con scenari mondiali e prevedibilmente apocalittici (*).

Cari indignati cacciatori di gossip, continuate a guardare il dito.

domenica 22 maggio 2011

Experimental-rat



Si può scrivere un libro in cui si parla dell’evoluzione delle specie senza citare, nemmeno incidentalmente, Charles Darwin? Non è possibile. Invece si può pubblicare un libro dove ampiamente è trattato il capitalismo e le sue crisi senza citare il massimo teorico delle crisi capitalistiche, lo scopritore della legge fondamentale dell’accumulazione capitalistica. Jared Diamond e James Robinson hanno fatto anche questo con il libro Esperimenti naturali di storia. Come già in un suo precedente lavoro (Armi acciaio e malattie), Diamond è promotore di un materialismo largamente esposto al naturalismo, a misura che si concentra quasi esclusivamente sui fattori bio-geografici, senza tener conto adeguatamente dell’evoluzione dei rapporti sociali e la progressiva produzione di un "secondo" ambiente, "artificiale", da parte della società umana. Insomma, studia la storia delle comunità umane come si trattasse di colonie di topi.

Tra l’altro, tanto per divagare, leggendo il libro mi è venuto in mente un episodio curioso che ha avuto come protagonista Lenin. Nella notte del 24 ottobre 1917, alla vigilia della presa del Palazzo d’Inverno, fu fermato da una pattuglia della polizia che però non lo riconobbe e lo lasciò andare libero. Chissà come sarebbe andata se lo avessero arrestato. Ma queste son facezie, direbbe il Poggio.

Volontari e compatibili



« ... i giovani che hanno visto confiscato il loro futuro stanno insorgendo in tutti i paesi … Questi giovani non hanno futuro. Le classi dirigenti gliel'hanno confiscato e loro vogliono riappropriarsene».

Le classi dirigenti? E chi sono? La classe politica, e poi? Eugenio Scalfari non ci viene in soccorso. Non può dirci: gli irresponsabili economici di questo sistema, gli speculatori, la bancocrazia. I quali però fanno il loro mestiere.

Scalfari non può ammettere che ad aver confiscato il futuro ai viventi non sono delle generiche classi dirigenti, ma i padroni e controllori di questo sistema economico, il capitalismo; ingannando i salariati con l’ideologia, servita a piene mani dagli stronzi che sostengono che a questo sistema non c’è alternativa.

Non c’è alternativa alla disoccupazione, alla fame, alla miseria, alla precarietà, allo spreco delle risorse e alla distruzione delle natura, allo squilibrio sotto ogni riguardo, allo sviluppo senza progresso?

«Si tratta d'una spinta sociale che però ha trovato uno sponsor fin qui imprevisto ma estremamente autorevole: il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. "Non sappiamo quali ne saranno gli sbocchi" ha detto tre giorni fa dal Dipartimento di Stato "ma sappiamo che questi giovani chiedono futuro e libertà e l'America democratica deve appoggiarli”».

Gli Usa sono la patria del capitalismo, del liberismo e della relativa ideologia, il principale contendente imperialista della spartizione mondiale. Le giovani generazioni, il miliardo di persone che soffre letteralmente la fame, per esempio, possono aspirare a qualcosa di diverso, visto che proprio negli Stati Uniti nel 2009 sono state destinate al biodiesel granaglie in grado di sfamare 350 milioni di persone? Un paese che non prevede l’assistenza sanitaria gratuita per decine di milioni di suoi concittadini; un paese che ha il record di detenuti e della disuguaglianza sociale; un paese che produce più armi del resto del pianeta; un paese che è costantemente in guerra con qualcuno? Un paese controllato delle più ladronesche società di speculazione; un paese che brucia migliaia di miliardi per salvare banche che hanno lucrato sulla pelle della povera gente? Un presidente che per farsi eleggere ha speso per la campagna elettorale qualcosa come 1.000 (mille) miliardi delle vecchie lire?

A Scalfari tutta ‘sta tiritera serve per un accostamento politico nostrano:
«Questo è il senso del risveglio registrato nel primo turno elettorale: uno spostamento sociale a sinistra. A cominciare dai moderati. Le donne e i giovani in particolare. Chiedono futuro e libertà, pane e libertà, diritti e libertà, lavoro e libertà, civismo e libertà. Non sono anarchici. Non sono estremisti. Non sono "contro" ma sono "per".

Rileggete quelle parole sopracitate che terminano sempre con la parola libertà alla quale accoppiano le parole: futuro, pane, lavoro, diritti, civismo. Questo è il programma, questo il percorso, questo dovrebbe essere il patto generazionale che coinvolga le forze sindacali, l'imprenditoria, gli artigiani, le partite Iva, gli agricoltori, gli studenti, i docenti, l'impiego pubblico e privato. Questo è il nuovo blocco sociale. I moderati innovatori e liberali sono al centro di questo blocco».

Cosa scrivevo nel post di ieri a proposito degli “indignati” che dichiarano di non essere "contro" ma sono "per"? Una coscienza politica del genere è la migliore alleata del sistema. Ecco che Scalfari oggi, da par suo, lo conferma. È il vecchio trucco dei suoi padroni: essere “per” serve a conformare i comportamenti ai ruoli sociali già previsti per ogni insieme sociale e a marginalizzare gli eventuali “trasgressori”; serve a neutralizzare ogni elemento di perturbazione, ogni movimento che tenda effettivamente ad un reale cambiamento, al ribaltamento dello stato di cose presenti. Serve farli sfogare a gratis, prima del prossimo salasso. Gridate pure i vostri slogan per le strade – ci dice Scalfari – acquartieratevi pure per qualche giorno nelle piazze a suonare le chitarre, nei vostri sacchi a pelo, magari fatevi anche una modica canna (non esagerate, siete forza-lavoro di riserva), l’importante è che poi torni la quiete coatta e tutto  a posto, pronti per votare, dire sì alla nostra democrazia del denaro. E per favore, lasciate in pace le vetrate delle banche.

sabato 21 maggio 2011

Gli indignati, i migliori alleati del sistema



Avendo problemi a viaggiare, ho fatto un giro con google maps. Volevo vedere dove si trova esattamente Florianópolis in Brasile (si perdoni l’ignoranza). Ad occhio dev’essere un bel posto, salvo una cinquantina di favelas. Poi ho dirottato l’interesse verso nord, fino a Rio.  Sapevo che a Rio ci sono molte favelas, ma non le avevo mai viste dal satellite. Impressionante. Tolta la costa, Rio sembra tutta una favela. Uno dei più grandi e ricchi paesi del mondo ha una “capitale” come un’immensa baraccopoli. Ecco, quando ti chiedono cos’è il capitalismo e l’imperialismo, tra gli innumerevoli esempi, puoi fare quello di Rio, delle sue favelas. I padroni del mondo, quelli che lo decidono, non ti lasciano scampo: puoi essere solo contro.

Questa sera al Tg3 hanno intervistato un giovane “indignato” di Madrid, il quale ha dichiarato: «Noi non siamo contro il sistema, è il sistema che è contro di noi». Una coscienza politica del genere è la migliore alleata del sistema.

Ps: l’elenco delle favelas brasiliane è qui.

Risolto il problema del caro benzina: faremo il pieno d’indignazione



Scrive Grillo nel suo blog:

«Il 2011 potrebbe diventare come il 1848, quando le vecchie istituzioni vennero travolte e la "questione sociale" divenne parte della politica. Può essere che in futuro questo periodo sia citato con frasi come "E' successo un duemilaundici!" come oggi si dice "E' successo un quarantotto!". Nel 1848 la rivoluzione avvenne, quasi istantaneamente, in tutta Europa, da Vienna a Berlino, da Budapest a Parigi. Gli storici definiscono il '48 un fenomeno di "sincronizzazione storica". Un momento in cui tutto cambia ovunque senza spiegazioni apparenti. Un mondo nuovo sta nascendo, l'indignazione è il suo carburante».

Si dimentica Grillo di dire che tutto ebbe inizio il 12 gennaio, non a Parigi a Berlino, ma in Sicilia. Si dimentica anche il fatto che la rivolta iniziata in febbraio a Parigi, si concluse in dicembre con un colpo di stato, il celebre diciotto brumaio di Luigi Bonaparte, per dirla con il titolo di un’opera marxiana. E in Germania e in Austria come altrove vinse infine la reazione. Il Quarant’otto non servì ai salariati, ma al trionfo del capitale e fu l’inizio della globalizzazione del mondo contemporaneo.

Grillo potrebbe imbroccarla solo in un caso, e cioè col tracollo finanziario della bancocrazia mondiale ed europea, cosa che provocherebbe il diluvio monetario ed economico e spazzerebbe via in un batter d’occhio l’aristocrazia finanziaria. Un’ipotesi da non escludere, ma improbabile a breve. Pertanto non si tratterebbe di un Quarantotto, ma di un inedito su scala planetaria; non avverrebbe sotto la spinta della mera indignazione e non riguarderebbe solo la jeunesse dorée, né si tratterebbe di una rivolta incruenta. E in tale situazione il soggettivismo piccolo borghese a cinque o dieci stelle farebbe solo da pendant, nel senso che sarebbero proprio gli eroici riformatori che con ogni mezzo s’incaricherebbero di salvare la “democrazia”, così come è successo infinite volte nel passato recente e remoto. Il compito di questo sistema, di questa democrazia, caro Grillo, nonostante tutte le travolgenti riforme che la tua fantasia riuscirà a escogitare, è sempre quello di perpetuare il dominio del capitale e la schiavitù del lavoro.

Olio abbronzante, un buon libro, l'iPod e ... soprattutto che non succeda niente



Cosa sta succedendo in Spagna? È ancora presto per dirlo, ma non sembra che questo movimento possa andare, per il momento, oltre a una sterile protesta. Tra quei giovani che manifestano sono in tanti ad avere ancora molto o almeno qualcosa da perdere.  E, del resto, con l’ entusiasmo, con la sola rabbia, non si va da nessuna parte, come dimostrano le rivolte del Nordafrica. Serve un progetto politico alternativo al fallimento globale, un’organizzazione e una strategia politica adeguate. Questa gente dice di manifestare perché la politica non dà ascolto, per sfiducia verso i tradizionali meccanismi d’integrazione, in sostanza cercano di contrattare, com’è peraltro legittimo, migliori condizioni per loro, che è tutt’altra cosa del mettere in causa tutto l'esistente, dell’assalto contro l’insieme dell’organizzazione del vecchio mondo. Si tratta ancora di una fase di blanda insubordinazione; l’aggravarsi della crisi economica li costringerà tra poco a trasformarsi in qualcosa di diverso, e le deviazioni di percorso inattese sono una regola generale dell’agire umano.

venerdì 20 maggio 2011

Tappi




Ieri sera ad Annozero erano di turno gli enologi. Ho spento la tv e ho fatto saltare il tappo a una vecchia bottiglia di moscato di Trani. Ho un temperamento impaziente.

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Obama ha sostenuto che Israele deve tornare ai confini del 1967. Berlusconi gli ha telefonato per farsela raccontare un’altra volta.

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La Commissione Ue ha raggiunto l'accordo sul rafforzamento dello European Financial Stability Facility (Efsf), l'attuale Fondo salva-Stati. In caso di intervento di emergenza per aiutare una capitale europea stretta nella morsa dei debiti, il costo dell'intervento sarà stabilito da una formula comune uguale per tutti i Paesi dell'Ue: € = mc2.

Ora può andare, mr. Kahn


«Di ciò che esiste, non c’è più bisogno di parlare» (Le Monde, 19-9-1987).



È possibile che il direttore generale del FMI internazionale, noto donnaiolo di alto bordo, tenti di stuprare, in una suite di un hotel di New York, una cameriera e poi esca per andare al ristorante all’angolo a pranzo con la figlia? L’ho già scritto, è possibile, ma assai improbabile. Siccome non sappiamo nulla di come si siano svolti i fatti (c’è solo la deposizione della cameriera), né la versione dell’accusato e, sostanzialmente, nemmeno gli esiti dei rilievi e dei rapporti della polizia, l’attenzione, per il momento, va posta su ciò che è successo DOPO il fattaccio e che si crede di conoscere.

Di quello che è successo immediatamente DOPO l’incontro tra DSK e la cameriera, non sappiamo nulla. Così come non possiamo sapere nulla se è successo “qualcosa” PRIMA dell’incontro nella suite. Costei sicuramente sapeva chi era l’ospite della suite, dove entrava per rassettare, anche se riteneva che avesse lasciato l’albergo. Il NYT ci informa che il personale di servizio in quell’ala di albergo aveva a disposizione, in luogo idoneo, le foto dei personaggi di riguardo. DSK non era un ospite qualsiasi e nemmeno occasionale.

La cameriera dice di essere stata aggredita, mentre il presunto aggressore sostiene che era consenziente. Se fosse vero quanto sostiene DSK, la domanda da porsi, trattandosi di un personaggio di tale peso, è: chi altri sapeva dell’incontro, ed era veramente il primo incontro?  È da escludere allora che qualcuno abbia potuto approfittare della situazione, cioè di indurre la cameriera a denunciare il rapporto come un’aggressione? E anche non fosse andata proprio così, è da pazzi sostenere che DSK ha nemici potenti con mezzi per sfruttare un’occasione del genere? Basta leggere questo articolo dell’altro ieri del Wall Street Journal: «The Obama administration strongly signaled it was time for the International Monetary Fund to replace Dominique Strauss-Kahn as its chief, indicating that he can no longer be effective in his job».

Una cosa è certa, i giornalisti e il grande pubblico non possono essere informati dei grandi interessi in gioco. A meno che non si voglia tirare in ballo la propaganda sulla “più grande democrazia del mondo”, ignorando come gli Stati Uniti, dal punto di vista dei diritti umani, siano un paese da incubo con oltre due milioni di detenuti (in larga maggioranza di colore). E poi, qualcuno può immaginare un direttore dell’FMI americano arrestato e trattato a quel modo in Francia? Gli Usa sono quella spregiudicata oligarchia che colpisce chiunque in qualunque luogo del pianeta, ma per quanto riguarda i suoi prezzolati assassini, come Raymond Allen Davis, ne pretende la scarcerazione e il rimpatrio con tutti gli onori.

E veniamo infine alle modalità dell’arresto e di come è stata gestita la faccenda. Che essa sia frutto esclusivo delle circostanze e delle normali procedure, solo gli ingenui possono crederlo. A decidere di fermare e arrestare e di mettere alla pubblica gogna il direttore del FMI, politico di primo piano e candidato all’Eliseo non può essere stato, motu proprio, un semplice funzionario di polizia. Questi ha informato senz’altro i suoi superiori, i quali non sono degli sprovveduti e si sono resi conto di quale scandalo internazionale si sarebbe innescato con un simile provvedimento. Pertanto devono aver avuto il via libera “da chi di dovere”, non senza ragguagli sulle modalità pubblicitarie dell’operazione “vecchio porco”.

Ora che si è dimesso, la "giustizia" può seguire il suo corso "normale".

giovedì 19 maggio 2011

Do you remember Fukushima?


Nel mese di maggio il Corriere non ha pubblicato un solo articolo dedicato alla situazione di Fukushima Daiichi. Segno che tutto procede secondo i piani. Quelli dei nuclearisti italiani. Per sapere qualcosa bisogna andare sulla stampa estera. E quali sono le novità? Esattamente quelle che avevo postato domenica 13 marzo, due giorni dopo il terremoto, e nei giorni seguenti. Vediamo cosa dice in questi giorni il New York Times:

1) le barre di combustibile nei tre reattori danneggiati hanno iniziato a fondere rapidamente dopo che il sito è stato scosso dal terremoto alle 14:46 dell’11 marzo in quanto il sistema di raffreddamento è stato danneggiato;
2) lo stesso giorno, le temperature hanno raggiunto 2.800 gradi Celsius, il punto di fusione delle barre di combustibile nucleare di uranio, che porta la maggior parte del combustibile a cadere sul fondo del contenitore del reattore. La situazione è rapidamente peggiorata in meno di cinque ore, il combustibile nucleare del reattore 1 ha cominciato a fuoriuscire dal contenitore a pressione del reattore.
3) tonnellate di acqua radioattiva sono state sversate nell’Oceano;
4) non sanno più che cazzo fare per venirne a capo.

La situazione nel frattempo è tutt’altro che sotto controllo, anche e soprattutto dal punto di vista delle temperature. Pensano di stabilizzarla in 6-9 mesi. Poi ci vorranno almeno 10 anni per smantellare e bonificare. Insomma, il disastro continua il suo corso nel silenzio assoluto dei media italiani.

Ah, dimenticavo, Clooney si sarebbe stancato della Canalis e anche Piersilvio della Toffanin!

Fottuti invidiosi



La crisi irreversibile del sistema è un fatto compiuto, s’aggrava ma non può curarsi. Sul piano politico, economico e sociale. Su quello politico il sistema rappresentativo dei partiti è in fase avanzata di decomposizione; i programmi sono omologhi e non potrebbero nemmeno essere radicalmente diversi; si vota pro o contro Berlusconi, pro o contro Sarkozy o la Merkel o Obama. A voglia Bersani a dire "noi siamo diversi, perché siamo contro il nucleare". Sono liberali, quindi per l’impiego folle degli idrocarburi, degli inceneritori, per gli impianti a biomasse e comunque non per un piano economico alternativo sul serio perché sennò la borghesia liberale non li vota, i salariati già votano lega e coloro che non sono più disposti a farsi prendere in giro restano a casa.

Sul piano economico anche la massaia più ingenua ha capito che comanda il capitale finanziario, le multinazionali, gli immobiliaristi. Insomma tutti tranne il “popolo sovrano”. Sul piano sociale è evidente il fallimento del riformismo, non perché non si produca abbastanza per tutti, ma perché si produce secondo gli interessi del capitale e poi perché i ricchi non sono disposti a pagare quanto dovrebbero per le tasse. Quando vai all’ospedale con la tua utilitaria per una cura, tu paghi il tiket, il tuo vicino di casa ci va con il Suv e non paga il tiket perché secondo i dati pubblicati per qualche ora nel 2008 da Visco il tuo vicino ha dichiarato 4.500 euro d’imponibile. Se hai qualcosa da ridire è perché sei invidioso. Ecco quello che siamo, dei fottuti invidiosi.