venerdì 20 maggio 2011

Ora può andare, mr. Kahn


«Di ciò che esiste, non c’è più bisogno di parlare» (Le Monde, 19-9-1987).



È possibile che il direttore generale del FMI internazionale, noto donnaiolo di alto bordo, tenti di stuprare, in una suite di un hotel di New York, una cameriera e poi esca per andare al ristorante all’angolo a pranzo con la figlia? L’ho già scritto, è possibile, ma assai improbabile. Siccome non sappiamo nulla di come si siano svolti i fatti (c’è solo la deposizione della cameriera), né la versione dell’accusato e, sostanzialmente, nemmeno gli esiti dei rilievi e dei rapporti della polizia, l’attenzione, per il momento, va posta su ciò che è successo DOPO il fattaccio e che si crede di conoscere.

Di quello che è successo immediatamente DOPO l’incontro tra DSK e la cameriera, non sappiamo nulla. Così come non possiamo sapere nulla se è successo “qualcosa” PRIMA dell’incontro nella suite. Costei sicuramente sapeva chi era l’ospite della suite, dove entrava per rassettare, anche se riteneva che avesse lasciato l’albergo. Il NYT ci informa che il personale di servizio in quell’ala di albergo aveva a disposizione, in luogo idoneo, le foto dei personaggi di riguardo. DSK non era un ospite qualsiasi e nemmeno occasionale.

La cameriera dice di essere stata aggredita, mentre il presunto aggressore sostiene che era consenziente. Se fosse vero quanto sostiene DSK, la domanda da porsi, trattandosi di un personaggio di tale peso, è: chi altri sapeva dell’incontro, ed era veramente il primo incontro?  È da escludere allora che qualcuno abbia potuto approfittare della situazione, cioè di indurre la cameriera a denunciare il rapporto come un’aggressione? E anche non fosse andata proprio così, è da pazzi sostenere che DSK ha nemici potenti con mezzi per sfruttare un’occasione del genere? Basta leggere questo articolo dell’altro ieri del Wall Street Journal: «The Obama administration strongly signaled it was time for the International Monetary Fund to replace Dominique Strauss-Kahn as its chief, indicating that he can no longer be effective in his job».

Una cosa è certa, i giornalisti e il grande pubblico non possono essere informati dei grandi interessi in gioco. A meno che non si voglia tirare in ballo la propaganda sulla “più grande democrazia del mondo”, ignorando come gli Stati Uniti, dal punto di vista dei diritti umani, siano un paese da incubo con oltre due milioni di detenuti (in larga maggioranza di colore). E poi, qualcuno può immaginare un direttore dell’FMI americano arrestato e trattato a quel modo in Francia? Gli Usa sono quella spregiudicata oligarchia che colpisce chiunque in qualunque luogo del pianeta, ma per quanto riguarda i suoi prezzolati assassini, come Raymond Allen Davis, ne pretende la scarcerazione e il rimpatrio con tutti gli onori.

E veniamo infine alle modalità dell’arresto e di come è stata gestita la faccenda. Che essa sia frutto esclusivo delle circostanze e delle normali procedure, solo gli ingenui possono crederlo. A decidere di fermare e arrestare e di mettere alla pubblica gogna il direttore del FMI, politico di primo piano e candidato all’Eliseo non può essere stato, motu proprio, un semplice funzionario di polizia. Questi ha informato senz’altro i suoi superiori, i quali non sono degli sprovveduti e si sono resi conto di quale scandalo internazionale si sarebbe innescato con un simile provvedimento. Pertanto devono aver avuto il via libera “da chi di dovere”, non senza ragguagli sulle modalità pubblicitarie dell’operazione “vecchio porco”.

Ora che si è dimesso, la "giustizia" può seguire il suo corso "normale".

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