«Qualche cosa, pur con molta lentezza, sta comunque cambiando. Sapremo domani sera fino a che punto». Questa è la chiusa dell’editoriale di Eugenio Scalfari, l’ex camicia nera divenuto esponente del Mul (movimento liberale universitario), ex monarchico, poi bancario e giornalista liberal, e infine profeta di “sinistra” e filosofo dell’eros. Con quanta lentezza e cosa stia cambiando in questo paese non dobbiamo attendere domani sera per saperlo. La lentezza è quella dei decenni, se non dei secoli, il cambiamento così indeterminato che nemmeno Scalfari sa bene in cosa consista, se non nella caduta improbabile di Berlusconi. Se i sondaggi sono veritieri, s’è vero che la Moratti sfiora il 50%, se non domani, fra quindici giorni sarà rieletta sindaco.
Questo non perché Giuliano Pisapia non sia un’ottima persona, un borghese dignitoso, ma perché la “sinistra” (cioè qualunque cosa non s’intenda per essa) dopo quasi un ventennio ha tardivamente compreso la natura del berlusconismo, ma resta tuttavia ipnotizzata e sconfitta dalla sua forza di semplificazione, dal suo ascendente psicologico che possiamo irridere quanto vogliamo ma che continua a far premio quando si vota. La sinistra accetta il “confronto” televisivo e riceve bastonate sul terreno più congeniale al berlusconismo, la diffamazione via etere. Ben gli sta!
Loro, quelli che dovevano essere i più ragguardevoli intenditori, se ne sono accorti troppo tardi, pensavano di addomesticare un gatto politicamente randagio e invece si trovano prigionieri nella gabbia mediatica di una tigre che divora i suoi domatori uno dopo l’altro. La falsa opposizione parla di gossip tutti i giorni, ma è ormai pacifico che l’accusa a Berlusconi di essere un puttaniere non gli sfila dei voti. Bersani insiste nel dire che dopo le elezioni si parlerà di lavoro, ma la sfiducia dilaga e i voti perduti a destra assai di rado approdano a sinistra mentre non è altrettanto vero per il contrario. Per quale motivo i vertici del Pd non sono andati il 12 maggio a sostenere la protesta dei pastori e dei piccoli commercianti sardi? Per lo stesso motivo per il quale il Pd ha abbandonato la Fiom e la protesta sociale. Il Pd vuole essere il partito delle partite Iva, ma è solo un partito delle partite perse.
S’è mai fatto Bersani un giro per i locali il sabato notte, ha mai parlato con quella generazione affossata, ripiegata nel vacuo divertimento e la propaganda del consumo, da un tempo libero che è vissuto solo come tempo vuoto? Per quale motivo dovrebbero votare e trovare interesse per un partito senza merito, senza idee, senza un progetto collettivo e abbastanza scaltro da illuderli? E se proprio dovessero votare, tra Bossi e Veltroni, tra Berlusconi e D’Alema, per chi voterebbero, un’altra volta per Serracchiani Debora?
Oggi,abbiamo fatto gli straordinari,...e che straordinari!
RispondiEliminaSaluti, da Luigi.
tenchiu, luigi
RispondiElimina"Il partito delle partite Iva è solo un partito delle partite perse". Magnifica definizione di un partito che è partito morto, e che non può che arrivare ancora più in basso di dove si trova. In mezzo a banchieri, padroni e finanzieri.
RispondiElimina