Scrivevo il 21 marzo a proposito dell’affaire libico che la promessa di Obama «fatta ai parlamentari statunitensi» era che «"l'attacco Usa alla Libia sarà una “questione di giorni, non settimane”». Precisavo: «si ritrova l'eco delle dichiarazioni fatte a suo tempo dal criminale di Stato Donald Rumsfeld, che alla vigilia della guerra in Iraq aveva assicurato ai media: “Non posso dire se l'uso della forza in Iraq oggi durerà cinque giorni, o cinque settimane, o cinque mesi, ma certamente non durerà più a lungo di così”».
Ora l’omino di paglia della Farnesina, lo chaperon della signora Clinton, dichiara che vi sono "ipotesi realistiche che parlano di 3/4 settimane" per mettere fine a tutto. Bisogna intendersi: un mese per far fuori Gheddafi? È possibile qualunque cosa, persino la storiella su bin Laden, ma non è verosimile che una coalizione di fantasmi riesca a combinare qualcosa di buono in Libia. Gheddafi ha aperto alla trattativa, ma s’è risposto con l’uccisione di figli e nipoti del rais. Come esportatori di democrazia facciamo un po’ schifo, no?
Per quanto riguarda l’Italia poi, siamo un paese che non riesce a distinguere un povero da un evasore, quindi non possiamo permetterci di fare pronostici su nulla. Un mese è troppo persino per dire se durerà il governo Berlusconi, figuriamoci ipotecare il futuro degli altri. La nostra è solo una naturale disposizione alle smargiassate. Se Gheddafi durerà un giorno o un anno non dipenderà certamente da Frattini. Questa sola ipotesi farebbe ridere l’orbe intero.
L’ultima politica estera per noi l’ha fatta l’Inghilterra nel 1860. Poi la Prussia. Dopo solo pastrocchi. Le boutade servono solo a ingolfare i media di accanite polemiche mentre i nostri rapporti con la Libia sono quelli del 1911 e il prezzo della benzina sale.
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