domenica 15 maggio 2011

Il volto di sempre



Gli Stati Uniti d’America, la “più grande democrazia del mondo”, fino alla fine degli anni Settanta del secolo corso hanno permesso che in un grande paese dell’Europa (un continente, per la parte occidentale, sotto controllo economico, politico e militare) quale la Spagna, si mantenesse al potere una dittatura fascista instaurata a suo tempo da Mussolini e Hitler; quindi che vigesse per decenni in Portogallo un’analoga dittatura. La "più grande democrazia del mondo" è la stessa che nello stesso storno di tempo organizzava un colpo di stato in Grecia mettendo al potere i colonnelli.

Ma il caso europeo più emblematico era rappresentato dall’Italia, trattata apertamente come una vera colonia Usa. Con ogni mezzo, compreso il terrorismo e le stragi, gli Usa hanno impedito al PCI di avere un ruolo governativo diretto. Sul piano economico strategico hanno contrastato qualunque iniziativa autonoma (tranne la Mafia) del nostro paese: i casi del nucleare, del petrolio, dell’elettronica, ecc. sono abbastanza noti.

Per quanto riguarda l’America Latina, gli Usa hanno appoggiato apertamente dittatori come Stroesner, Douvalier, Batista, Noriega, Somoza e molti altri. Gli Usa hanno organizzato e diretto il colpo di Stato in Cile abbattendo il legittimo presidente. In Asia la “più grande democrazia del mondo” è stata responsabile dei più efferati crimini su ampia scala del secolo scorso, sempre motivandone l’opera in chiave anticomunista. In Africa, in combutta con i colonialisti europei, ha fomentato un po’ di tutto. Il suo ruolo in Medio Oriente è noto.

Ma il ruolo più importante gli Usa l’hanno avuto e in gran parte lo conservano, a livello globale, sul piano economico e finanziario, poiché dove falliscono gli eserciti, il successo arride agli “economisti”. L’attività più tipica delle multinazionali (non solo Usa, s’intende) è quello di vendere know-how, tecnologie, prodotti raffinati e armamenti (non sempre di ultima generazione) indebitando i paesi sottosviluppati o più deboli, rendendoli cioè dipendenti (del caso della Grecia, tanto per non andare lontano, ne ho già parlato). I paesi poveri o deboli sono indotti a contrarre prestiti spropositati per il cui rimborso devono cedere il controllo sulle proprie risorse naturali e delle più importanti attività. Le multinazionali reinvestono i proventi dello sfruttamento di tali risorse e quelli sugli interessi del debito in infrastrutture e servizi (elettricità, telefonia, autostrade, banche e assicurazioni, media, acqua potabile) di cui detengono, attraverso partecipate, il controllo. Qualunque mezzo è lecito per questi scopi, non ultimo l’assassinio politico.

Sia pure in due parole assai schematiche, quello delineato è il vero volto dell’imperialismo qual è stato e quale si mantiene. Ogni paese, non solo quelli sottosviluppati o deboli, sperimenta ogni giorno l’insidiosa presenza di questa pirateria. La finanziarizzazione dell’economia da un lato, il sorgere di competitori del calibro della Cina dall’altro, negli ultimi decenni ha reso il ruolo dell’imperialismo, quello Usa in particolare e nonostante certe apparenze “declinanti”, ancora più aggressivo.

Di tale aggressività dell’imperialismo è prova evidente quanto sta avvenendo in Libia, un paese sottoposto a massicci bombardamenti che provocano morte anche tra i civili, distruzione e l’esodo di centinaia di migliaia di persone. Il dittatore e i suoi figli che fino a qualche mese fa venivano ricevuti con tutte le pompe nelle più importanti sedi istituzionali occidentali, sono ora braccati e uccisi dagli aerei e dai missili della Nato, denunciati a una corte internazionale di giustizia (che gli Usa mai hanno voluto riconoscere) e i beni libici congelati e in via di confisca. Questo dimostra ancora una volta che a dettare l’agenda politica internazionale non sono i fantocci eletti nelle “democrazie” occidentali.

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