lunedì 2 ottobre 2023

La zecca

 

C’è bisogno di un cambio di scenario, di prendere una nuova direzione. Ogni tanto, sempre più spesso, penso d’intraprendere l’attività di correzione del passato. Vi è mai capitato? Certo che sì. È un desiderio che quasi sempre rimane allo stato larvale, di fantasia. Già dichiararlo comporta dei rischi.

Prima questione: da chi cominciare. C’è imbarazzo nella scelta. In ordine cronologico oppure secondo la classifica dei più fetenti, dei più meritevoli? Se cominciassi in ordine cronologico rischierei di trovare diverse assenze. Secondo classifica incontrerei difficoltà d’ordine pratico, diciamo logistico.

L’altro problema è di raggiungerli tutti, quantomeno alcuni di loro, quelli dai quali non si può prescindere. Prima che altri raggiungano te per farti smettere. Ad ogni modo devo darmi delle priorità, un elenco di nomi bisogna pur farlo. So già ovviamente chi mettere in cima alla lista.

Cazzo, quanti nomi. Ne ho cancellati alcuni. Ne restano sei. Dovrò avere cura di variare le modalità operative. Non dovranno stabilire subito un legame. Il tempo è dalla loro parte, dispongono di risorse scientifiche e tecniche, personale ampio, non bisogna sottovalutarli. Per allora spero di arrivare almeno a un buon punto nello spuntare la mia lista.

Per quanto ricordo, i suoi capelli colorati di biondo le cadevano sulle spalle e l’abbronzatura da vacanza metteva in risalto l’indaco dei suoi occhi. Sarà ancora bella com’era allora? Sicuramente avrà fatto carriera. Non sarà semplice avvicinarla, ci vorrà un buon motivo.

Attendo il mio turno prima di entrare nel suo ufficio. Poi, quando entro, lei ha in mano un foglio sul quale abbassa lo sguardo. Dice frettolosa: “Mi hanno detto che lei mi vuole parlare perché ha già avuto l’opportunità di trattare una pratica analoga con me. Mi rinfreschi la memoria, in quale occasione?”. Alza gli occhi e mi fissa.

Ho messo davanti a me sulla scrivania, nello spazio libero, l’elegante valigetta in pelle marrone chiaro che contribuisce a farmi sembrare quello che ho finto di essere. Comincio ad aprirla. Le dico: “Ti ricordi ...”. Certo che si ricorda, eccome, me lo conferma un suo piccolo ma significativo sobbalzo.

Le belle rughe sulla sua fronte ampia, si guarda intorno come se cercasse qualcuno o qualcosa. La sua espressione perplessa scompare, i suoi occhi passano dal pervinca all’azzurro. Sorride come sorrideva allora: “Ah, come va?”.

Le rispondo: “Ti ricordi quando mi hai detto: non siamo mica un servizio sociale”? Il suo accenno di sorriso svanisce. Sembra persa, la preoccupazione traspare nella sua voce: “Cose del passato, altri tempi e situazioni complicate, la vita va avanti ...”.

Taglio corto: “Sai cosa penso? Questo mondo è una merda e ciò che lo rende tale, ovviamente, è il modo in cui è organizzato, ma ciò che lo rende ancora più insopportabile sono le persone come te, persone troppo zelanti, individui che aggiungono crudeltà a crudeltà, insomma l’immenso esercito dei kapò”.

Le sue labbra si muovono ma non cerca di parlare perché dalla valigetta di cuoio ho tirato fuori la 357 magnum munita di silenziatore. Lei fissa la pistola.

Quando alza lo sguardo, non vede pietà nel mio.

L’ho incrociata ieri, per caso, è invecchiata abbastanza bene, stava assieme a quelle che ritengo sua figlia e sua nipote. Chissà da quanto tempo si gode la pensione. Mi ha visto e guardato una prima volta, e poi ancora, in tralice, seduta a un tavolino dello stesso bar dove sedevo anch’io, all’aperto. Forse non se n’è accorta, ma ho abbozzato un sorriso. No, pensavo, non varrebbe la pena fare quell’onore a una simile zecca.

1 commento:

  1. Io ho la fortuna di dimenticare questo genere di cose, altrimenti mi servirebbe un arsenale!
    Pietro

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