Possiamo mangiare carne senza sembrare assassini di animali? Possiamo criticare l’eccesso di carne senza sembrare dei vegetariani pazzi? È possibile criticare lo Stato e il governo d’Israele senza passare per antisemiti o contigui ad Hamas? Possiamo comprendere senza adorare? Possiamo criticare senza odiare?
Ieri sera, ho ascoltato un noto esperto di questioni internazionali, Lucio Caracciolo, pronunciare testuale questa frase: “Un diritto [internazionale] che non possa essere applicato, per definizione non è un diritto“. Reinhard Heydrich non avrebbe saputo dire meglio arrivando a Praga.
Caracciolo lo diceva mentre un altro ospite della trasmissione irrideva l’ONU e canzonava Francesca Albanese, Relatrice speciale ONU per la Palestina, per ciò che sosteneva. E che cosa diceva costei per meritarsi tanto sarcasmo? Si richiamava, com’è suo compito, al rispetto del diritto internazionale.
Sorvolo sul fatto che molti personaggi del palcoscenico televisivo mancano totalmente di gentilezza e che il mezzo dal quale si esibiscono è in gran parte un bidone della spazzatura a cielo aperto. Tra questi personaggi senza sfumature c’è Mario Sechi, uno tra i tanti che vogliono stabilire un quadro ideologico dal quale sia impossibile dissentire. Per dei tipi come questi, tutto dev’essere in un certo modo, anche il modo in cui appoggiare il sedere sulla tavoletta del water. Per il resto soccorrono i sondaggi, ai quali è affidato il compito di dimostrare che la maggioranza possiede la verità.
Insomma, spettacoli mediatici che fanno riflettere sul posto che ognuno occupa nella società come cittadino e nel teatro come spettatore.
In quel momento, per contrappunto e anche paradossalmente, m’è venuto in mente il tenente colonnello Picquart, il protagonista del film L’ufficiale e la spia di Roman Polanski. Come in ogni buona tragedia, il colonnello è l’eroe su cui poggiano le tensioni e le contraddizioni; colui che, essendo inizialmente antisemita e visceralmente legato all’esercito, poi, dolorosamente e fermamente indagherà, capirà, cambierà. È lui l’uomo chiave del caso Dreyfus, quello che ha corso i rischi maggiori; che ha affrontato da solo il suo destino di fronte a un’istituzione militare, la sua, muta e bugiarda.
Il film si conclude con un colloquio, undici anni dopo, tra Dreyfus, reintegrato nell’esercito ma senza aver recuperato in carriera ciò che gli era dovuto, e Picquart, ora ministro della Guerra. Picquart è impotente a soddisfare la giusta richiesta di Dreyfus. Se la lotta per la giustizia e la verità è stata vinta, ciò è avvenuto senza gioia, con troppa fatica, lasciando tutti più rigidi, più pesanti, più soli, più stanchi.
È la stessa cosa che capita a chi si oppone, come ognuno può ovviamente, all’andazzo attuale, senza peraltro aver vinto la partita come Picquart.
Grazie per l'articolo e per queste opportunità di riflessione.
RispondiEliminaPurtroppo chi persegue il male (ovvero interessi meschini ed egoistici) riceve subito la sua ricompensa e la verità arriva quando è ormai inutile.
PS: tornare a chiamare Ministero della Guerra il Ministero della Difesa è una necessità di chiarezza in tutto l'Occidente.
(Peppe)
purtroppo, come scrivevo alcuni giorni or sono, siamo a nostra volta ostaggi di un gioco più grande, vuoi che si chiami Hamas o sionismo
Eliminahttps://www.carmillaonline.com/2023/10/12/estetiche-del-potere-la-teledittatura-del-divertimento/
RispondiEliminaOppure liberarsi dal radice dall'odio
RispondiEliminaverso chiunque, dall'attaccamento ai pezzi di terra di qualsiasi parte dell'universo, della gelosia per chiunque abbia qualita' migliori delle nostre e continuare a essere felici per il fatto stesso di essere Umani
Non c'è nulla di male ad essere figli di un elettrotecnico.
RispondiEliminaSechi fa schifo per meriti propri
Neanche essere figli di un pastore 🙂
EliminaLei cita un film capolavoro, a mio modesto giudizio. Che avrebbe meritato più riconoscimenti. Ma, si sa, Polanski rischia la galera negli USA e in questi tempi di Me Too non vincerebbero una coppetta in un qualsiasi festival del cinema nemmeno colossi della regia di altri tempi.
RispondiEliminaPer il resto: come è difficile muoversi di questi tempi, sin dalla pandemia, per passare a Russia-Ucraina, poi a Israele-Palestina. Ma già da una ventina di anni il tifo da stadio ha preso il posto del civile e ragionato dibattito. Non solo in Italia.
Massimo
Hai ragione
Elimina"tipi come questui" mi piace, da ora in poi dirò sempre questui.
RispondiEliminaPietro
😄
EliminaIl successo di Hamas è fondamentale perché ha dimostrato che nonostante 70 anni di politica razzista e fascista e di spregevole colonialismo, la questione palestinese non può essere accantonata. La questione palestinese è come quella irlandese, gli irlandesi impiegarono quasi due secoli per ottenere la loro indipendenza. Un'ultima osservazione Israele e soprattutto la destra ha coltivato le relazioni con Hamas, pensando che quest'ultima abbandonasse la questione palestinese per seguire solo e soltanto un islamismo radicale.
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