sabato 28 ottobre 2023

Il preludio

 

La Germania è in recessione. Ciò avviene nel contesto di quello che un rapporto del Guardian ha descritto come un “collasso della produzione manifatturiera”. Il capitalismo non è in grado di risolvere le proprie contraddizioni poiché sono consustanziali al proprio essere. Esattamente 100 anni fa, nell’ottobre 1923, seppur in un altro contesto, una profonda crisi economica e politica scosse le fondamenta della società tedesca.

Gli storici seguono tutti la stessa narrazione: a causa dell’iperinflazione, dell’impoverimento e della radicalizzazione, la repubblica democratica fu messa in pericolo dai tentativi di rovesciarla da sinistra e da destra ed è stata infine salvata dal coraggioso intervento di coloro che avevano responsabilità politiche e militari.

Le cose stavano diversamente, almeno per quanto riguarda le responsabilità. La crisi sociale aveva fatto a pezzi la facciata democratica della Repubblica di Weimar e mostrato ciò che era realmente: una copertura per la perdurante dittatura delle vecchie élite dell’Impero tedesco: i grandi industriali, i grandi proprietari terrieri e i militari.

C’è una serie televisiva, Babylon Berlin, che racconta molto bene, forse non avendone chiaramente le intenzioni, quel contesto sociale e politico. Vale più la visione di questa serie televisiva (Sky) che dieci puntate di Passato e Presente su Rai Storia condotte dal nostro Toynbee, vale a dire Paolo Mieli.

Il presidente del Reich, il socialdemocratico Friedrich Ebert, “salvò” la repubblica scatenando il Reichswehr (esercito) contro i lavoratori insorti, deponendo con la forza i governi socialdemocratici di sinistra in Turingia e Sassonia, quindi trasferendo il potere esecutivo nel Reich al comandante supremo del Reichswehr, generale von Seeckt, instaurando così di fatto una dittatura militare.

L’instaurazione di una tale dittatura era anche l’obiettivo perseguito da Hitler e dal generale Ludendorff nel novembre 1923, quando organizzarono un dilettantesco putsch a Monaco. I tempi non erano ancora maturi.

Dopo che il governo di Gustav Stresemann riuscì a tenere sotto controllo l’inflazione attraverso una riforma valutaria e l’economia si fu leggermente ripresa grazie all’aiuto americano, von Seeckt restituì il potere esecutivo al governo civile. Ma quello era solo un intermezzo. Il merito di quella riforma va a Hjalmar Schacht (1877-1970), nominato responsabile economico della Repubblica di Weimar e promosso presidente della Reichsbank. È inoltre, fatto molto rilevante, amico del capo della Banca d’Inghilterra, Montagu Norman. Insomma, una figura chiave della finanza tedesca degli anni Venti come lo sarà poi negli anni Trenta (*).

Quando la successiva grande crisi colpì la Germania con il crollo di Wall Street del 1929, la facciata democratica crollò definitivamente. Per due anni il politico del partito di centro Brüning governò con decreti d’emergenza, approvati dal presidente del Reich. Mentre la crisi continuava ad aggravarsi, la classe dominante non si accontentò più di un trasferimento temporaneo del potere esecutivo ai militari, ma nominò Adolf Hitler cancelliere e gli conferì il potere di dittatore. Il 1923 fu il preludio all’instaurazione della dittatura nazista nel 1933.

Ci pensò il regime hitleriano a risollevare le sorti economiche del Reich. Ancora una volta ritroviamo in primo piano Hjalmar Schacht (**), il quale ebbe un ruolo chiave anche nel reperire le risorse per il riarmo tedesco (ricordiamo che nel 1935 Londra firmò un trattato con Berlino che permetteva la ricostruzione della marina da guerra tedesca, alla faccia del recente convegno di Stresa). Fu infatti Hjalmar Schacht l’artefice dello schema finanziario che permise la ripresa tedesca e il riarmo, aggirando di fatto, con un artificio contabile, i limiti e le imposizioni che il Trattato di Versailles del 1919.

Lo schema, ideato nel 1934 dal ministro, prevedeva l’emissione di speciali obbligazioni a nome della Me.Fo GmbH, Metallurgische Forschungsgesellschaft m.b.H (Società per la ricerca in campo metallurgico), una società fittizia, inesistente nella realtà. Grazie all’emissione di tali cambiali, a guisa di titoli di stato (i cosiddetti Mefo-Wechsel), il Tesoro poteva rastrellare liquidità da impiegare per favorire la ripresa e lo sviluppo economico della Germania oltre che la produzione di armamenti per soddisfare i suoi piani di riarmo.

MEFO era dunque l’acronimo riferito a una scatola vuota, a nome della quale si emisero siffatte obbligazioni senza gravare sul bilancio pubblico e senza creare inflazione, in quanto tali cambiali erano “spendibili” esattamente come il denaro entro i confini nazionali. John Maynard Keynes, riprendendo un’osservazione fatta da Hubert Douglas Henderson, così si era espresso nel 1941 riguardo al sistema ideato da Schacht: «il fatto che tale metodo sia stato usato a servizio del male, non deve impedirci di vedere il vantaggio tecnico che offrirebbe al servizio di una buona causa».

Solo quando si ha a disposizione una moneta propria, vera o fittizia che essa sia, si possono fare certe cose. Questo non vuole essere un suggerimento, nella situazione attuale irrealizzabile, ma solo una riflessione.

(*) Dopo la sconfitta elettorale del partito di Hitler, novembre 1932, è bene rammentare che Schacht, pur non essendo mai divenuto formalmente membro effettivo del NSDAP, fu un patrocinatore del finanziamento a favore del partito di Hitler, soprattutto nella disperata situazione creatasi a cavallo tra il 1932-‘33.

A Colonia, dove risiedeva il banchiere Kurt von Schröder, il 4 gennaio 1933 arrivarono Hitler e von Papen per colloqui intesi a risollevare le finanze del NSDAP. A Norimberga, Walther Funk, dal 1938 successore di Schacht al ministero dell’economia, elencherà tra i sottoscrittori che garantirono allora i debiti del partito: Fritz Thyssen e altri affiliati dell’industria pesante, Emil Georg von Strauss della Deutsche Bank, Kurt Paul Schmitt e Eduard Hilgard delle assicurazioni Allianz, Friederich Reinhardt della Commerz und Privat Bank, la Deutsche Erdöl, cioè la più grande compagnia petrolifera della Germania.

Non servirono i contanti, bastarono le firme dei magnati. Goebbles annotò nel suo diario, dopo le parole di disperazione scritte nel dicembre 1932, questa frase: «La situazione finanziaria è migliorata all’improvviso». Questo conferma, ancora una volta, che l’ascesa non irresistibile al potere di Hitler percorse anche una via tutt’altro che elettorale.

Che fine fecero poi i finanziatori di Hitler? Il tesoriere del partito nazista Schwarz, curiosamente, non resistette all’interrogatorio degli Alleati e morì; von Schroeder fu interrogato, ma solo come testimone a Norimberga, e non disse nulla; Thyssen negherà quanto scritto in una biografia dal giornalista Emery Reves di essere “uno degli uomini più responsabili per l’ascesa di Hitler”; infine Schacht, dopo tre anni di prigione, fondò una banca ad Amburgo spergiurando che gli hitleriani si erano autofinanziati.

(**) Gli Usa, dopo aver lasciato che il dollaro si deprezzasse inusitatamente, volevano la liberalizzazione dei mercati allo scopo di favorire le proprie esportazioni e risollevarsi così dalla crisi (Reciprocal Trade Agreements Act del giugno 1934). La Gran Bretagna non aveva alcun interesse a togliere i propri dazi nell’area del commonwealth, mentre la Germania aveva un disperato bisogno di valuta estera e di credito. Una guerra commerciale contro il maggior partner economico, gli inglesi, sarebbe stata un suicidio; ma anche da parte inglese il commercio con la Germania era fondamentale per le esportazioni. Assistiamo così alla stipula di un accordo bilaterale di fatto contrario agli interessi “liberisti” degli Usa.

I punti nodali della manovra di Schacht furono: 1) l’accordo commerciale anglo-tedesco sui pagamenti del 1° novembre 1934, quindi lo «strano» – come lo definisce lo storico Adam Tooze – prestito concesso dalla Bank of England che consentì alla Germania di regolare l’enorme volume di crediti commerciali insoluti; 2) lo sganciamento dall’economia americana con il ritiro dal trattato di commercio e amicizia in atto dal 1923, poi il conseguente crollo delle ragioni di scambio tra Germania e Stati Uniti; 3) il tentativo concentrato di coinvolgere negli scambi tedeschi i produttori dell’Europa sudorientale e dell’America Latina che mettevano a disposizione materie prime e loro succedanei di cui aveva bisogno il Reich. Eccetera.

In buona sostanza intervenne un mutamento importante nella struttura delle importazioni ed esportazioni tedesche e quindi nelle relazioni con i diversi paesi, consentendo, per esempio al Brasile, di svincolarsi dalla visione di una zona emisferica di libero scambio teorizzata dal Segretario di Stato americano Cordell Hull. Del resto, com’è noto, tutta la storia del capitalismo, ma non solo, va letta anzitutto come storia delle relazioni commerciali e dei conflitti economici tra le diverse potenze.

1 commento: