Quando sarà passata questa buriana (in attesa della successiva), bisognerà pur parlare del perché e del come si è passati da una soluzione politica del conflitto israelo-palestinese che sembrava a portata di mano, a una netta convinzione, su un fronte e nell’altro, che il ricorso alla minaccia e alla violenza sia l’unico mezzo per ottenere concessioni da parte dell’avversario.
Di questo genere di strategia politica e della violenza islamista rimaniamo sopraffatti dallo stesso disgusto. Non solo del fanatismo religioso che produce o ispira la violenza, ma anche da quella politica della stupidità, del cretinismo, del calcolo miserabile. Due facce della stessa medaglia, una cosa che infine accomuna israeliani e palestinesi nella frustrazione per uno status quo infinito.
Netanyahu è l’esempio perfetto di questa deriva, di che cosa produce la politica quando strizza l’occhio al fanatismo religioso e identitario. Egli è stato uno dei principali favoreggiatori di Hamas in Palestina, avendo scientemente indebolito l’Autorità nazionale palestinese nei suoi apparati per delegittimarla nella sua stessa opinione pubblica, per poter poi dire a Washington: come posso concludere accordi se l’OLP ormai rappresenta una minoranza?
Hamas trova buon gioco nel fatto storico che Israele è una creazione dell’Occidente, e nell’apartheid cui sono sottoposti i palestinesi. Ma invece di inquadrare la questione palestinese storicamente e politicamente (cosa ovvia per il nazionalismo arabo), la inquadra dal punto di vista dell’identità araba e della religione (cosa che, con motivazioni opposte, fanno anche i sionisti).
Da qui si alimenta nei fanatici uno tsunami di bugie e superstizioni arcaiche, convinti che la loro fede abbia la risposta a tutto. Gli studiosi religiosi, con le loro idee semplicistiche e credenze infantili, sono fanaticamente convinti che la verità sia inscritta nei loro testi sacri, ma basta prendersi la briga di sfogliarli questi testi religiosi (tutti) per comprendere di che cosa si tratta.
Questa deriva è decuplicata dallo stordimento delle menti trascinate dai social network, che vomitano ogni giorno tonnellate di informazioni manipolate e false. Tuttavia, per quanto riguarda l’islamismo mutuato in terrorismo, trasformare le nostre società in campi trincerati non risolverà nulla né a breve né a lungo termine.
Jihadismo e sionismo religioso sono ideologie che mirano ad imporre la loro concezione teocratica del potere, e dunque vanno combattuti sul campo delle idee, nel non lasciare più senza risposta discorsi irrazionali e fanatici, così come nel non cedere più a pretese comunitarie abusive; e nell’azione politica concreta, vale a dire l’opposto dell’attuale politica estera americana e israeliana, dunque nel non lasciare più senza risposta le richieste di giustizia e diritti chi viene oppresso, e nel riprendere la strada degli accordi di pace.
Contro i coltelli degli islamisti, ma anche contro il rifiuto violento che non riconosce i diritti dei palestinesi. Se non si comprende questo, se continueremo a dividerci in fazioni pro e contro, i minuti di silenzio non basteranno mai.
Penso che l' internazionalismo non risolva solo la questione del fanatismo ma l'intreccio tra popolo, religione, territorio e Stato; il limite di questo progetto umanitario è dunque nella sua vastità.
RispondiEliminaMi sembra che storicamente le società multiconfessionali sono state tenute assieme sotto un dominio imperiale (un contro-esempio mediorientale è quello tragico del Libano) o col pugno di ferro delle dittature (vedasi la Siria). Avremo solo, purtroppo, nuove pulizie etniche perché vuolsi così colà dove si puote.
Grazie.
(Peppe)