martedì 24 ottobre 2023

L’unica certezza che ci resta

 

Ne Il nome della rosa, Umberto Eco immagina che una terza parte del trattato Poetica di Aristotele, dedicata alla commedia e considerata perduta, sarebbe stata segretamente conservata in un’abbazia e occultata dall’inquietante monaco Jorge de Burgos. Alcuni storici stimano che appena l’1% della letteratura antica sia sopravvissuta. Un’immensità di scritti, conoscenze e creazioni letterarie è stata cancellata dal tempo e dalla mano degli uomini, non escluse le manine sante alla Jorge de Burgos, eppure ci sentiamo, curiosamente, eredi di questa spettrale ricchezza.

Avremo un giorno la possibilità di scoprire nei sinistri labirinti di un oscuro monastero o di una negletta biblioteca la terza parte del trattato Poetica di Aristotele o altri scritti da autori dimenticati dell’antichità? Anche solo qualche libro più moderno scampato al rogo inquisitorio. È il sogno di ogni bibliofilo, destinato a rimanere tale. Qualche “carta” sta riemergendo nel mentre si stanno digitalizzando i fondi bibliotecari, ma nulla di più che non sia il tentativo di scrutare all’interno dei rotoli papiracei inceneriti di Ercolano.

L’incendio della Biblioteca di Alessandria ha gettato nel nulla innumerevoli manoscritti, quelli attinenti in gran parte “la rivoluzione dimenticata” di cui ci parlò a suo tempo Lucio Russo, e non dobbiamo credere che questa disgrazia non ci colpirà mai più. Finora la distruzione delle opere culturali è stata quasi sempre provocata dalla mano dell’uomo. In Afghanistan i talebani hanno fatto saltare in aria i Buddha di Bamiyan; a Timbuctu i mausolei sono stati distrutti dagli jihadisti; a Palmira Daesh hanno fatto esplodere il tempio di Bêl; eccetera.

Il fanatismo religioso, nella specie quello islamico. Bisognerebbe chiedersi, nel caso della iconofobia islamica, perché si uccide di più per le immagini che per le idee? Tra l’altro, il Corano (sono tra i rari “occidentali” ad averlo letto) non dice assolutamente nulla sulle immagini, tanto che le raccolte di hadith o ash-shama’il (testimonianze scritte) descrivono, intorno al X secolo, perfino il sudore e i capelli bianchi di Maometto.

Ma non dobbiamo dimenticare, storicamente, l’azione del cattolicesimo in America Latina e altrove, né il vandalismo mercenario inglese in India e in Cina. Tuttavia esistono altre forme, più sottili, di occultamento e di censura, unitamente a quelle di controllo e inibizione, tanto che il solito Fahrenheit 451 rappresenta una cacotopia senza fantasia.

Nel caso è sufficiente portare l’istruzione a livello essenzialmente professionale (a che cosa mai serve il latino, per non dire il greco, geografia, filosofia, eccetera?) e lo standard culturale medio tipo quello della “ruota della fortuna”, avendo cura di agire adeguatamente su alcune funzioni psichiche peculiari attinenti la logica, l’attenzione (durata di uno sketch pubblicitario), la visione del mondo (di quali tipi di “segnale” S-R immettere si occupano selezionatissimi specialisti della comunicazione che devono privilegiare l’emotività e l’istinto) e la gestione della rappresentazione storica (come in questi ultimi tempi di guerra). Ovvio che va mantenuto anche un livello del sapere “difficile” e “sofisticato”, perfino lateralmente critico, ma questo sapere (che può giungere alle tecniche di dominio) deve avere un accesso prevalentemente elitario e oneroso (come il nuovo modello di sanità).

Sto divagando, come capita agli apostati ben nutriti del “sistema”. Più banalmente esiste la riesumazione da parte di qualsiasi lettore di un libro a lui sconosciuto, spesso ignoto perché non tradotto nella sua lingua. Quando capita una di queste “scoperte”, ci fa intravedere cosa dovettero provare gli esploratori quando si ritrovarono davanti ai resti di città abbandonate nella giungla, dimenticate al punto da essere diventate miti. La riscoperta di un dipinto, di un manoscritto o di una scultura perduta è un’emozione che sogniamo di vivere una volta nella vita, come Carter davanti alla porta della tomba di Tutankhamon.

Sto esagerando nell’analogia, me ne rendo conto, ma il nome di Carter mi serve per parlare d’altro. Non di Howard Carter, bensì Jimmy Carter, l’ex presidente degli Usa. Ho infatti “scoperto” un suo libro, non tanto recente, del 2006. Di solito, i libri pubblicati dagli ex presidenti degli Stati Uniti vengono subito tradotti anche in italiano, e spesso subiscono la stessa sorte dei libri di Bruno Vespa: pile del volume sono accatastate nelle librerie nella certezza di venderne a decine di migliaia di copie.

Non è stato il caso di questo libro di Jimmy Carter, non tradotto in italiano malgrado tratti un argomento che purtroppo è di attualità da decenni, ovvero la questione israelo-palestinese. E di tale questione Jimmy Carter è una delle persone più provvedute, dato il ruolo avuto di mediatore tra le parti.

Allora, quando il libro fu pubblicato negli Stati Uniti, scatenò feroci polemiche, anzi, brucianti accuse. L’autore fu accusato di antisemitismo, come spesso accade a chi prende posizione contro lo stato di fatto, ossia l’apartheid, instaurato da Israele in Palestina. Antisemitismo, mai termine fu così semanticamente improprio ed etimologicamente fuorviante. Semiti sono gli ebrei, ma ancor più gli arabi. Ancor più degli ebrei perché non è chiaro, non decisamente chiaro, quale sia l’origine degli ebrei attuali, quantomeno di molti di loro.

Già sollevare tale dubbio sull’origine degli ebrei moderni equivale ad essere classificati antisemiti, nel significato più turpe e infamante che ha assunto tale termine. Succede un po’ come con gli islamici, guai a sfiorare il Corano o Maometto. Che tale dubbio sugli ebrei moderni sia fondato oppure frutto di stravaganza di Arthur Koestler o di storici israeliani come Shlomo Sand, non ha importanza. È l’ipotesi stessa, il dubbio, che risulta intollerabile, degno di punizione. E quando i fanatici religiosi o politici non possono materialmente punire qualcuno, fanno come facevano i papi di Roma, emettono la loro bolla di scomunica a distanza.

L’unica certezza che ci resta al riguardo e fino a prova contraria, è che i nostri progenitori abitavano in Africa, non parlavano yiddish, Adamo non aveva l’obbligo di indossare la kipph ed Eva il hijab.

5 commenti:

  1. Carter antisemita, Bergoglio antiamericano e Guterres fiancheggiatore di Hamas. Più che Bradbury è Orwell.
    Pietro

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    1. A un livello più sofisticato è anche peggio di Orwell. Non si tratta tanto di una regia "occulta" (nulla a che fare con il complottismo corrente) ma di una specie di meccanismo interno, vorrei quasi dire di legge immanente al "sistema" stesso. quando arrivi a intuirne l'esistenza, e a verificarne gli effetti, vieni preso da sgomento, sconforto e impotenza, come mi confermava a sua volta un amico proprio oggi.

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    2. Accidenti....legge immanente al sistema stesso. No wayout.
      Sconforto e impotenza per tutti.
      Ciao cara

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  2. Probabilmente il quasi centenario Carter potrebbe dare utili e prudenti consigli a quel giovanotto di Biden per una saggia risoluzione della questione degli ostaggi israeliani, cosa infinitamente più importante di una rielezione presidenziale.
    (Peppe)

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