giovedì 10 marzo 2022

Incontro al tempo

 

Tra tante boiate, il titolo finora più appropriato.

«Tutta l’acqua del mare non basterebbe a lavare via una macchia di sangue innocente». Questa è una frase che mi rimbomba dentro da due settimane, appartiene a Isidore Ducasse, noto come Lautréamont, un poeta che piaceva a Guy Debord e molto a Raoul Vaneigem.

Se le devastazioni della guerra sono riprese in Europa ciò si deve in gran parte alla latitanza del pensiero critico, oltre ovviamente all’assenza di progetto politico, che della nullità di pensiero è una naturale conseguenza.

Non perché non si levino critiche per questo o quell’aspetto della società. Sono fin troppe per quantità, tuttavia laterali, frettolose e in fondo innocue. Inoltre s’è rinnegato troppo in fretta e senza distinzione tutto ciò che d’ideale, poniamo pure di utopico, reggeva e illuminava l’esistenza di generazioni, tanto che ci troviamo a vagare in un deserto come dei ciechi.

La politica è morta in Europa, e quando la politica non interessa più a nessuno viene a mancare la passione per la vita collettiva, e il terreno lasciato vacante diventa preda di personaggi tra i più mediocri, demagogici e inaffidabili.

Abbiamo lasciato che questa nullità intellettuale s’impadronisse degli animi, ci siamo accontentati di questa nullità. E ora ci sorprendiamo di essere pedine di un gioco più grande e assai pericoloso, che induce preoccupazione ma invoglia anche l’ipocrisia che proclama il “bene” come rimedio al “male”.

Il nostro mondo da decenni sta vivendo e subendo guerre senza che esse siano dichiarate, però denunciamo solo ora che l’incendio divampa in Ucraina (non più lontana da noi è la Libia, la Siria, il Libano o la Palestina), convinti che altrove le nostre bombe fossero lanciate in nome della più alta democrazia.

In realtà siamo prede della più volgare propaganda, costretti ad adattarci alle più stolte imposizioni, a sostituire il dubbio con la certezza e la realtà inventando a braccio. Vogliamo credere che non si sapeva dei rischi, delle condizioni e tensioni create ad arte perché si scatenasse una guerra ai confini europei della Russia. Ripropongo profetiche le parole dell’Istituto Affari Internazionali:

«È auspicabile, in particolare, che gli Alleati ridiano vigore all’impegno alla difesa collettiva; valutino se non sia meglio definire una prospettiva per il ritiro delle forze nucleari Usa dall’Europa, sviluppando parallelamente un sistema di difesa antimissile integrato; incalzino la Russia con proposte di collaborazione e dialogo, congelando i progetti di ulteriori allargamenti della Nato; facciano tesoro delle lezioni delle esperienze in Afghanistan e nei Balcani, accordando priorità alle capacità di stabilizzazione rispetto a quelle di intervento rapido; rinuncino all’idea che la Nato possa essere una sorta di “gendarme mondiale”, ma si sforzino di stabilire relazioni strutturate con Paesi e gruppi di Paesi terzi».

Considerazioni di 12 anni fa! Per contro abbiamo dato retta a chi raccontava una Russia silente e rassegnata fornitrice d’idrocarburi e altre materie prime, mentre nelle repubbliche che fino a pochi anni prima le erano appartenute si espandeva la NATO.

Non ha rilievo alcuno se l’espansione era accompagnata da missili o solo da sparute pattuglie di truppe, poiché tra l’altro non si viaggia più a dorso di mulo e vale il richiamo all’ormai famoso articolo 5 che stringe l’alleanza e detta le condizioni dintervento.

Questo ritorno della guerra in Europa è il segno che, nei paesi occidentali, quasi nessuno si preoccupa di pensare, di resistere all’occupazione delle menti da parte del nulla. Diceva Hegel: «Nel modo in cui una mente è soddisfatta, riconosciamo la portata della sua perdita».

Più di quanto si creda, oggi siamo a una svolta, a una conclusione e a un inizio, ma come andiamo incontro al tempo che ci aspetta?

1 commento:

  1. con l'Utopia:
    https://officinadeisaperi.it/materiali/gino-strada-un-mondo-da-sanare-da-il-manifesto/

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