In particolare, il Gruppo ha chiuso l’esercizio con un EBITDA ordinario pari a 17,9 miliardi di euro, in incremento del 10,8% rispetto ai 16,2 miliardi di euro del 2018. L’utile netto ordinario, sul quale viene calcolato il dividendo, ha raggiunto i 4,8 miliardi di euro, in crescita del 17% rispetto all’anno precedente.
Questa la relazione ufficiale. In pratica che cosa è successo? L’Enel ha chiuso il 2019 con i ricavi a quota 80,3 miliardi, in aumento del 6,1% rispetto all’anno prima. L’indebitamento finanziario netto alla fine del 2019 è stato di 45,2 miliardi, in aumento del 10% rispetto a dicembre del 2018.
Tuttavia, debiti o no, il dividendo per il 2019 ammonta a 32,8 centesimi per azione, in incremento del 17% rispetto ai 28 centesimi del 2018 e al dividendo minimo garantito agli azionisti.
L’assemblea, nel maggio scorso ha rinnovata anche l’autorizzazione all’acquisto e alla disposizione di azioni proprie, per un massimo di 500 milioni di azioni, rappresentative del 4,92% circa del capitale sociale, con un esborso complessivo fino a 2 miliardi di euro.
Da notare che nel novembre 2019 Enel ha presentato il Piano Strategico 2020-2022, con un obiettivo di EBITDA ordinario di Gruppo al 2022 di 20,1 miliardi di euro, rispetto ai 17,9 miliardi di euro del 2019 (+12%).
Enel prevede di estendere il dividendo minimo per azione per l’intero periodo 2020-2022: a) un dividendo per azione basato sul pay-out del 70% [rispetto all’utile netto totale]; b) un dividendo minimo per azione di 0,35 euro, 0,37 euro e 0,40 euro rispettivamente. Stappiamo le bollicine.
Tra l’altro va rilevato che le imposte sul reddito dell’esercizio si sono ridotte di 50 milioni di euro, grazie principalmente della riduzione della base imponibile IRES, dovuta all’esclusione del 95% dei dividendi percepiti dalle società controllate, e della deducibilità degli interessi passivi di Enel SpA in capo al consolidato fiscale di Gruppo in base alle disposizioni in materia di IRES (art. 96 del TUIR).
Come amministratori delegati, Crisostomo (Enel) e Descalzi (Eni), portano a casa circa 6 milioncini l’anno a cranio, però lordi. Entrambi sono oltre il 16° posto nella classifica degli stipendi dei manager di società italiane quotate. Insomma, dei miserabili.