mercoledì 30 settembre 2020

Il costo-opportunità secondo gli azionisti Enel ed Eni

 


Questo è il concetto di costo-opportunità.
Ora ognuno potrà calcolarlo sulle proprie bollette.

Nel corso del 2019 il titolo Enel ha registrato un incremento di valore del 40%, superando quota 7 euro, sovraperformando l’indice italiano (FTSE-MIB: +28%) e quello settoriale (Euro STOXX Utilities: +22%), ed è stato inoltre incluso nell’indice STOXX Europe 50, che raggruppa le cinquanta società a maggiore capitalizzazione in Europa.

In particolare, il Gruppo ha chiuso l’esercizio con un EBITDA ordinario pari a 17,9 miliardi di euro, in incremento del 10,8% rispetto ai 16,2 miliardi di euro del 2018. L’utile netto ordinario, sul quale viene calcolato il dividendo, ha raggiunto i 4,8 miliardi di euro, in crescita del 17% rispetto all’anno precedente.

Questa la relazione ufficiale. In pratica che cosa è successo? L’Enel ha chiuso il 2019 con i ricavi a quota 80,3 miliardi, in aumento del 6,1% rispetto all’anno prima. L’indebitamento finanziario netto alla fine del 2019 è stato di 45,2 miliardi, in aumento del 10% rispetto a dicembre del 2018.

Tuttavia, debiti o no, il dividendo per il 2019 ammonta a 32,8 centesimi per azione, in incremento del 17% rispetto ai 28 centesimi del 2018 e al dividendo minimo garantito agli azionisti.

L’assemblea, nel maggio scorso ha rinnovata anche l’autorizzazione all’acquisto e alla disposizione di azioni proprie, per un massimo di 500 milioni di azioni, rappresentative del 4,92% circa del capitale sociale, con un esborso complessivo fino a 2 miliardi di euro.

Da notare che nel novembre 2019 Enel ha presentato il Piano Strategico 2020-2022, con un obiettivo di EBITDA ordinario di Gruppo al 2022 di 20,1 miliardi di euro, rispetto ai 17,9 miliardi di euro del 2019 (+12%).

Enel prevede di estendere il dividendo minimo per azione per l’intero periodo 2020-2022: a) un dividendo per azione basato sul pay-out del 70% [rispetto all’utile netto totale]; b) un dividendo minimo per azione di 0,35 euro, 0,37 euro e 0,40 euro rispettivamente. Stappiamo le bollicine.

Tra l’altro va rilevato che le imposte sul reddito dell’esercizio si sono ridotte di 50 milioni di euro, grazie principalmente della riduzione della base imponibile IRES, dovuta all’esclusione del 95% dei dividendi percepiti dalle società controllate, e della deducibilità degli interessi passivi di Enel SpA in capo al consolidato fiscale di Gruppo in base alle disposizioni in materia di IRES (art. 96 del TUIR).

Come amministratori delegati, Crisostomo (Enel) e Descalzi (Eni), portano a casa circa 6 milioncini l’anno a cranio, però lordi. Entrambi sono oltre il 16° posto nella classifica degli stipendi dei manager di società italiane quotate. Insomma, dei miserabili.


Ehi tu, dove credi di andare?

 


È proprio vero, ormai apparteniamo tutti alla classe media mondiale in scarpe da ginnastica e con molto tempo per gli aperitivi: non ce ne importa di nulla, salvo cazzeggiare. E dunque può passare di tutto e non si sa più che cosa sia peggio, poiché quel tutto ha la stessa faccia da schiaffi ovunque e comunque. Neppure tra un fascista e un querulo critico “radicale” c’è più differenza. Se c’è bando per l’uno, vale anche per l’altro. Solo la critica laterale è ammessa, quella “costruttiva”, come ci blandivano a catechismo.

Se non è facile spiegare la differenza tra una truffa e un’opera d’arte, figuriamoci sul resto. Ecco perché un bidet esposto vale l’oro dei tramonti. Come fai a spiegare che se un tizio sostiene che il valore di una merce “discende dalla sua scarsità”, sta facendo passare un concetto col quale punta a stabilire ben altro? Che non si tratta, nel vortice indistinto delle chiacchiere, di resuscitare un’impolverata questione nominalistica. Ehi tu, che questa mattina ti sei alzato all’alba, dove credi di andare?

A lavorare? Bastano le macchine, non c’è nulla che abbia valore fatto dagli umani. Il valore è dato dalla scarsità, si crea sul mercato. Dormiamo, mangiamo e facciamo i nostri “bisogni” come duecentomila anni fa? Questa residua invarianza antropologica, come fu per quella estetica, durerà ancora poco; finiremo per fare anche quelle cose in digitale, con delle “app”. Anche per il sesso, l’igiene intima, per ogni cosa ce n’è sarà una, anzi, una serie. Mangiare e defecare come gli antichi è diventato un tedio da morire, dai. Anche pensare.


martedì 29 settembre 2020

Differenza tra diamanti e stronzate

 


Nel brano che riporto in esergo vi sono tante falsità quante parole. Ovviamente non vale la pena di occuparsi di tutte le parole, bastano quelle che costituiscono l’humus da cui prendono vita tutte le altre.

Questa perla: “se le risorse fossero illimitate nulla avrebbe valore”. Dunque sarebbe la scarsità a determinare il valore di una merce, ergo i diamanti sono scarsi e perciò hanno un grande valore, mentre le stronzate sono abbondanti ed è per questo che ci sono regalate senza limiti. 

* * *

La natura è la fonte di valori d’uso (di “risorse”), ma non ogni risorsa (valore d’uso) ha un valore. E però ciò non dipende dalla sua abbondanza o dalla sua scarsità (*).

Una cosa può essere valore d’uso senza essere valore. Il caso si verifica quando la sua utilità per l’uomo non è ottenuta mediante il lavoro: aria, terreno vergine, legna di boschi incolti, ecc. Altresì, una cosa può essere utile e può essere prodotto di lavoro umano senza essere merce, ossia senza diventare valore.

Se si prescinde dal valore d’uso dei corpi delle merci, rimane loro soltanto una qualità, quella di essere prodotti del lavoro. È soltanto la quantità di lavoro socialmente necessario, cioè il tempo di lavoro socialmente necessario per fornire un valore d’uso che determina la sua grandezza di valore.

Delle mele sull’albero, il petrolio nel sottosuolo, per quanto abbondanti possano essere, anche in quantità illimitata (come per esempio nel caso dell’Eden), sono potenzialmente un valore d’uso (cibo, carburante), ma fino a quando le mele non sono raccolte e il petrolio estratto, le une avviate alla distribuzione e l’altro distillato, tali risorse non diventano né un valore d’uso effettivo e tantomeno un valore (di scambio).

Pertanto, è il lavoro dell’uomo che diventa fonte di valori d’uso, e quindi fonte di ogni ricchezza, e nella società nessuno si può appropriare di ricchezza se non come prodotto del lavoro. Se dunque un membro della società non lavora egli stesso, vuol dire che egli vive di lavoro altrui e che si appropria anche della propria cultura a spese di lavoro altrui.

È esattamente quello che fanno da sempre tutti quelli che ritengono che “il valore non esisterebbe se la disponibilità di risorse fosse illimitata” e che dunque il valore “discende dalla scarsità delle risorse”.

Di quale cultura poi s’approprino costoro è tutto dire, vista la rozzezza e la mancanza di conoscenza concettuale con cui spacciano ancora di queste trivialità. Ma tant’è.

(*) Scriveva l’economista David Ricardo nei suoi Principi dell’economia politica e della tassazione:

«Vi sono merci, il cui valore è determinato esclusivamente dalla scarsità. Non esiste lavoro che possa accrescere la quantità di tali merci, e perciò il loro valore non può diminuire per un aumento dell’offerta. Rientrano in questa categoria statue e quadri rari, libri e monete scarsi, vini di particolare qualità che si possono ottenere solo da uve maturate in particolari terreni, in cui vi sia una quantità molto limitata. Il loro valore è del tutto indipendente dalla quantità di lavoro originariamente necessaria per produrli e varia con il variare della ricchezza e dei gusti di coloro che desiderano possederli (ISEDI, 1976 p. 8).»

Vediamo cosa dice Marx a proposito di tale questione:

«Una vigna che produce vino di qualità assolutamente straordinaria, vino che in generale può essere prodotto soltanto in quantità relativamente scarsa, frutta un prezzo di monopolio. Il coltivatore della vigna verrebbe a realizzare un plusprofitto considerevole da questo prezzo di monopolio, la cui eccedenza sopra il valore del prodotto sarebbe esclusivamente determinata dalla ricchezza e dalla preferenza dei bevitori altolocati. Questo plusprofitto, che qui sgorga da un prezzo di monopolio, si trasforma in rendita e in questa forma finisce in mano al proprietario fondiario, grazie al suo titolo che gli dà diritto a questa porzione della terra dotata di particolari qualità. In questo caso, quindi, il prezzo di monopolio crea la rendita.»

Questo spiega perché un dipinto di Raffaello non è venduto al suo valore intrinseco, ma al prezzo di milioni di euro, sfruttando il prezzo di monopolio; e spiega anche perché dei grappoli d’uva di una qualità rara, se non fossero vendemmiati e trasformati in vino con il lavoro umano, non solo non potrebbero essere trasformati in vino pregiato da vendersi a prezzi di monopolio, ma resterebbero a rinsecchire nella vigna.


Stigma diabolico

 

La guida del Dipartimento per l’istruzione inglese, emessa giovedì scorso per i dirigenti scolastici e gli insegnanti coinvolti nella definizione del curriculum di relazioni (?), ha classificato l’anti-capitalismo come una “posizione politica estrema” (chi decide?) e l’ha equiparata all’opposizione alla libertà di parola, all’antisemitismo (nientemeno) e all’approvazione di attività illegale (l’onanismo?).

Questo è il risultato di una banalizzazione storica che è stata spinta fino a pacificare il passato traumatico del capitalismo e a rimuovere le ragioni ampie e articolate che furono (sono?) alla base del pensiero socialista, comunista e anarchico. Non deve dunque stupire che si arrivi alle cretinate di cui sopra, al voler negare agibilità politica a chi contesta e si oppone, oggi in modo pacifico e legale, al sistema di dominio borghese (spero non vi sia bisogno spiegare che cos’è, ma sicuramente qualcuno s’è distratto).

Vero è che in Germania da decenni è in atto una discriminazione politica ancora più odiosa, vale a dire il cosiddetto Berufsverbot, ufficialmente Radikalenerlass, una legge federale che esclude dall’impiego pubblico persone dalle “idee politiche radicali o estremiste”. Per non parlare poi degli Stati Uniti d’America, laddove essere comunisti (o semplicemente l’accusa di simpatia e il sospetto di esserlo) è da sempre uno stigma diabolico.


lunedì 28 settembre 2020

Un paese serio? Ma mi faccia il piacere


Ricordo che per richiedere i vari bonus non era imposto nessun limite di reddito, bastava dimostrare la riduzione di almeno il 33% del reddito nel secondo bimestre 2020, fosse pure il reddito 2019 di un milione di euro. Pertanto l’hanno richiesto quasi tutti. Se poi si va a guardare i notai e altri professionisti che l’hanno richiesto c’è di che riflettere su un paese che non è per nulla serio, checché ne dica il presidente della Repubblica. Siamo invece un paese dove le cose sensate sono pura utopia.


Qualche nozione storica

 

Il 26 agosto il Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del Commercio Usa aveva aggiunto 24 aziende cinesi alla lista nera (Entity List). L’elenco è uno strumento utilizzato dal BIS per limitare l’esportazione, la riesportazione e il trasferimento (all’interno del paese) di articoli soggetti ai regolamenti sull’amministrazione delle esportazioni a persone, organizzazioni e società ritenute coinvolte, o che potrebbero comportare un rischio di essere coinvolte (!), in attività contrarie alla sicurezza nazionale o agli interessi di politica estera degli Stati Uniti.

Venerdì scorso il Dipartimento del Commercio Usa ha fatto sapere che le esportazioni destinate alla Semiconductor Manufacturing International Company (SMIC), il più grande produttore di semiconduttori della Cina continentale, rappresenterebbero un “rischio inaccettabile” perché potrebbero essere dirottate a uso militare, per cui e l’esportazione doveva ottenere il nulla osta del BIS del Dipartimento.

La decisione del Dipartimento del Commercio è stata sollecitata dal Pentagono che all’inizio di questo mese dichiarò che stava lavorando con altre agenzie per accertare se la società cinese dovesse essere inserita nella lista nera (Entity List) a causa di presunti legami con l’esercito cinese. Non risulta, al momento in cui scrivo e contrariamente a quanto affermano numerosi siti d’informazione, che il BIS abbia finora inserito nella lista nera lo SMIC, ma la decisione di richiedere speciali nulla osta di esportazione è un passo in tale direzione.

Sempre venerdì la SMIC ha dichiarato che produce semiconduttori e fornisce servizi esclusivamente per utenti usi finali civili e commerciali, e di non avere rapporti con l’esercito cinese e di non produrre per utenti finali e usi finali militari.

Al momento ci sono almeno 275 aziende con sede in Cina effettivamente bandite o sottoposte a restrizioni dagli Stati Uniti. L’obiettivo di fondo è quello di impedire alla Cina di sviluppare industrie ad alta tecnologia che gli Stati Uniti considerano una minaccia al proprio dominio economico e militare. Nei due anni e mezzo da quando è stata lanciata la guerra economica, tale obiettivo è diventato sempre più palese.

Fondata nel 2000, SMIC in luglio ha raccolto 6,8 miliardi di dollari nella sua offerta pubblica iniziale (IPO), più del doppio del suo obiettivo e la più grande IPO in Cina da 10 anni. L’importanza di SMIC, sul piano delle forniture (l’azienda importa il 50% dei suoi semiconduttori dagli Usa) e della complessa divisione internazionale del lavoro caratteristica dell’industria high-tech (è a sua volta fornitrice d’importanti aziende Usa), va ben oltre la vicenda di TikTok.

Da qui alle elezioni di novembre, anche su questo fronte ne vedremo di nuove. Il fatto che tali misure contro la Cina siano dettate dal Pentagono e dall’intelligence militare, piuttosto che dal Dipartimento del Commercio o dall’ufficio del Rappresentante per il Commercio, significa che comunque vada l’esito delle elezioni, l’atteggiamento degli Usa verso la Cina non è destinato a modificarsi.

Gli Stati Uniti stanno cercando di isolare la Cina dalla rete dell’economia globale, soprattutto nel settore dell’alta tecnologia. La situazione ricorda quella del periodo precedente la guerra tra Stati Uniti e Giappone nel 1941. Alla fine degli anni 1930, gli Stati Uniti imposero una serie di sanzioni contro il Giappone sulle forniture di petrolio e altre materie prima, rendendo indisponibili i beni dei giapponesi negli Stati Uniti, ciò che portò i giapponesi, dopo le loro proposte “A e B” e l’ultimatum “Cordell Hull note” di Washington, col quale si chiedeva tra l’altro al Giappone di uscire dal Patto tripartito, a cadere nella trappola di Pearl Harbor e del conflitto bellico.

Paradossalmente il caso vuole che l’attuale sottosegretario ad interim per l’industria e la sicurezza, a capo del BSI, si chiami Cordell Hull.

Possedere qualche vaga nozione storica a volte torna utile.

domenica 27 settembre 2020

Lo stato dell'arte (musicale)

 

Sul Domenicale di oggi, Mephisto Waltz lancia un grido di dolore per il protrarsi della chiusura dei grandi teatri d’opera, come il Metropolitan di New York, la Civic Opera House di Chicago, la Los Angeles Opera, la Canadian Opera Company, eccetera.

A riguardo dell’Europa, scrive: “... non sta meglio anche se in Italia i teatri si industriano nell’inventare soluzioni innovative. [...] Il Covid ha messo in luce una genia di ciarlatani, che all’unisono, nei troppi talk show, ce la cantano a modo loro senza alcun rispetto per l’intelligenza di chi ascolta. [...] In campo musicale non parliamo delle difficoltà per i giovani talenti, quando artisti e cantanti celeberrimi, direttori d’orchestra e solisti che da sempre vivono di cachet si trovano ora al palo. [...] Tanto è stato strombazzato e promesso, ma se il buongiorno si vede dal mattino crescono i dubbi sul come e quando la manna promessa arriverà”.

L’annuncio del Metropolitan Opera che cancellerà la sua intera stagione 2020-2021 è l’ultimo e più clamoroso effetto dell’impatto devastante dell’isteria pandemica sull’opera dal vivo e sui concerti. L’isteria è sostenuta anche dai più bassi motivi della campagna elettorale per le presidenziali, come del resto il grande clamore suscitato per gli episodi di razzismo, come se questi fossero una novità negli Usa e un fatto più crudo del solito.

sabato 26 settembre 2020

Caratteristiche dei deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia


In tal caso, si eguaglierà il numero dell'epidemia del 1957-60, quando allora la popolazione era il 40 per cento dell'attuale.

*

Dati aggiornati al 7 settembre.

L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni. L’età media dei decessi settimanali è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1^ settimana di luglio) per poi calare leggermente. L’analisi si basa su un campione di 35.563 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2.

Il 96,3 per cento dei pazienti deceduti per Sars-CoV-2 presentava patologie pregresse. In particolare il 62,6 presentava 3 o più patologie. Nelle donne il numero medio di patologie osservate è di 3,5; negli uomini il numero medio di patologie osservate è di 3,3.

Incidenza percentuale di alcune patologie nei pazienti:

29,5 diabete mellito-Tipo 2;

16,8 cancro attivo negli ultimi 5 anni;

20,5 insufficienza renale cronica;

28,0 cardiopatia ischemica;

23,4 fibrillazione atriale;

16,0 scompenso cardiaco;

10,6 ictus.

Il 3,8 dei pazienti non riportava patologie.

In 50 casi la diagnosi di ricovero riguardava esclusivamente patologie neoplastiche, in 113 casi patologie cardiovascolari (per esempio infarto miocardico acuto-IMA, scompenso cardiaco, ictus), in 46 casi patologie gastrointestinali (per esempio colecistite, perforazione intestinale, occlusione intestinale, cirrosi), in 125 casi altre patologie.

Questi dati sulla tipologia delle patologie sono stati ottenuti su 4.190 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,4 (mediana 3, Deviazione Standard 2,0).

La percentuale di morti con Sars-CoV-2 è stata, al 25 settembre, dello 0,059 della popolazione.

La frequenza dei decessi causati dai tumori nelle aree italiane coperte dai Registri Tumori (circa 70% della popolazione) è, in media, ogni anno, di circa 3,5 decessi ogni 1.000 uomini e di circa 2,5 decessi ogni 1.000 donne. Quindi circa 3 decessi ogni 1.000 persone, complessivamente circa 175.000. Si può affermare che, mediamente, ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore (calcolate su circa 41 milioni di abitanti).


venerdì 25 settembre 2020

Il mondo che sognavano

 

Leggo in rete pensose analisi sulla competizione militare e gli attriti tra Cina e Stati Uniti nel Mar Cinese, ossia nel contesto di una concorrenza strategica che si è molto intensificata negli ultimi anni. Ci si spinge, senza nominarle esplicitamente, a considerazioni sulle strategie tit-for-tat nell’ambito dei confronti operativi quotidiani nel Mar Cinese Meridionale, che è un po’ come sentire parlare di calcio al bar.

In genere si tratta di mostrare di avere un’alta stima del predominio marittimo degli Stati Uniti, fatto che peraltro non si può negare. Tuttavia, molto è cambiato nell’ultimo decennio, poiché la capacità militare della Cina è aumentata rapidamente e il progresso della marina e dell’aeronautica è stato notevole (ne ho accennato in questo post dieci anni fa e poi anche quest’altro sulle linee strategiche americane).

D’altro canto le forze aeronavali americane erano abituate a una presenza incontrastata nel Mar Cinese Meridionale e non hanno accolto di buon grado, ovviamente, l’ascesa marittima della Cina, la quale è il più grande stato litorale di quel mare e ha importanti interessi in gioco: sovranità territoriale, acque giurisdizionali, risorse petrolifere e vie di comunicazione marittime.

giovedì 24 settembre 2020

Operazione San Gennaro

 

Tutti sappiamo quanto siano devoti in generale i napoletani a san Gennaro. Dubito siano in molti invece a sapere che quel santo fu a suo tempo oggetto di ostracismo da parte sia dei Borbone che degli ecclesiastici locali, con l’accusa, gravissima, di parteggiare niente meno che per i “giacobini”, vale a dire per i repubblicani, i bolscevichi ante litteram. Di punto in bianco fu sostituito con sant’Antonio!

Il fatto trova menzione in diverse fonti, anche letterarie. Per esempio il gustoso episodio è ricordato da Stendhal, che descrive anche le atrocità cui furono sottoposti i repubblicani dalla regia canaglia, e riportato per esteso nel quarto volume de I Borboni di Napoli di Alessandro Dumas (ediz. 1862, pp. 49-50):

«S. Gennaro cui il miracolo erasi operato due volte con segni non equivoci di simpatia – la prima volta in favore dei francesi, la seconda volta in favore dei repubblicani – fu, grazie al Cardinal Ruffo, interamente detronizzato da S. Antonio, che come abbiamo detto, aveva il giorno della sua festa scoperto la congiura dei lacci. Già avendo perduto per tre quarti la sua popolarità, non faceva misteri di un ultimo impulso per far cadere S. Gennaro dall’alta posizione che erasi acquistata a Napoli e che conservava da trecento anni.

D’altronde il [17]99 era l’epoca dei detronizzamenti. La Francia aveva cacciato dal trono Iddio, Napoli poteva bene detronizzare S. Gennaro».

Il racconto di Dumas prosegue con dettagli ancor più esilaranti:

Quest’ultimo impulso fu dato dagli stessi impiastracarta che avevano dipinto l’apparizione di S. Antonio al Cardinale [Ruffo]; esposero un gran quadro nel quale S. Antonio, armato di verghe, flagellava S. Gennaro, fuggendo con una bandiera tricolore in una mano e nell’altra il famoso fascio di corde destinate ai lazzaroni [sottoproletariato locale].

I lazzaroni si recarono in massa alla cappella di S. Gennaro, la saccheggiarono dapprima, poi presero il busto del Santo, gli posero una corda al collo, lo trascinarono sul molo e lo gettarono in mare; Sant’Antonio fu eletto protettore di Napoli in sua vece.

Ma il curioso della cosa fu che un decreto reale sanzionò!questa sentenza dei lazzaroni, e con questo decreto S. Gennaro fu degradato dal suo uffizio di capitan generale dell’esercito Napolitano, di cui godeva l’assegnamento, mentre il Re non n’era che luogotenente; fu posto il sequestro sul suo tesoro e sopra i suoi beni di cui il Re s’impadronì senza scrupolo, osservando bene di non trasmetterli, come fosse stato giustizia, al suo successore S. Antonio.

L’operazione san Gennaro, degna della commedia napoletana, alla fine si concluse, manco a dirlo, con l’espropriazione del tesoro che finì nelle tasche di Ferdinando IV e probabilmente del suo entourage. Quanto alle atrocità cui andarono incontro i repubblicani, sulle generali sono raccontate da Stendhal, che tuttavia avverte il lettore di aver “soppresso con cura nel corso di questo racconto i particolari atroci”. Soggiungendo: “Robespierre non era stato l’amico della maggioranza delle sue vittime; le immolava ad un sistema probabilmente falso, ma non alle sue piccole passioni personali” (Roma, Napoli e Firenze, Laterza 1990, pp. 228-33).

Per chi volesse approfondire i motivi del fallimento della rivoluzione napoletana del 1798- 99, che chiariscono molto della sempinterna questione meridionale, consiglio un libro, scritto assai bene, da uno storico mite e simpatico che ebbi la fortunata occasione di conoscere e apprezzare più di quarant’anni fa: Angelantonio Spagnoletti, Storia del Regno delle due Sicilie, Il Mulino, 1997.


mercoledì 23 settembre 2020

Il suo vero volto

 

Honoré de Balzac notava che dietro ogni grande fortuna c’è un crimine. Oggi direbbe che dietro le fortune delle maggiori banche mondiali c’è una rete di criminalità, come emerge dai documenti del Financial Crimes Enforcement Network del Tesoro degli Stati Uniti, noto come FinCEN, ottenuti da BuzzFeed News e indagati dall’International Consortium of Investigative Journalists.

Questi documenti, riguardanti peraltro una piccola parte delle operazioni internazionali delle maggiori banche mondiali, dimostrano che tra il 1999 e il 2017 numerossissime transazioni sono state contrassegnate come sospette di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Come rivela l’indagine, il valore di 2 trilioni di dollari di transazioni sospette è “solo una goccia in un flusso molto più grande di denaro sporco che sgorgava attraverso le banche di tutto il mondo”. I file esaminati nell’indagine “rappresentano meno dello 0,02% degli oltre 12 milioni di rapporti di attività sospette che le istituzioni finanziarie hanno presentato a FinCEN tra il 2011 e il 2017”.

L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine stima che 2,4 trilioni di dollari di denaro illecito vengono riciclati ogni anno attraverso il sistema bancario, pari al 2,7% della Pil globale, ma solo l’1% del traffico illegale viene rilevato dalle autorità.

Le banche coinvolte sono alcune delle più importanti del mondo. In alcuni casi, hanno continuato a trarre profitto dal flusso di denaro sporco anche dopo essere state multate. Ciò che l’indagine FinCEN ha rivelato è che le attività criminali delle principali banche non avvengono a dispetto delle autorità governative, ma con la loro attiva collaborazione perché sono parte integrante dell’intero sistema finanziario.

210.000.000.000 di scambio

 

La nostra è una situazione storica dove il bischero qualunque crede sfacciatamente che lui soltanto sarebbe in grado di operare bene e assai meglio di altri. Nuovi personaggi che si dichiarano antielitari, mai attraversati dal dubbio, privi di cultura ed esperienza del mondo, sono saliti alla ribalta della storia approfittando di un’opinione pubblica ignorante e intossicata da un’informazione falsa e compiaciuta. Nella loro vertigine di onnipotenza puntano alla rovina di tutti, dimostrandosi più mediocri e pericolosi delle élite politiche precedenti, facendoci percepire in quale abisso siamo precipitati nel succedersi dei corsi e ricorsi della storia.

Sono queste le nuove leve politiche che dovranno decidere come spendere (e spandere) 210.000.000.000 di euro e dunque far da ponte verso il futuro, che invece ci inghiottirà tutti.

martedì 22 settembre 2020

Frega qualcosa?

 

Il primo settembre, S&P 500 era a 3.526 punti e ieri ha chiuso a 3.248, perdendo circa l’8 per cento; il Nasdq è passato in tre settimane da 12.292 a 10.858, perdendo quasi il 12 per cento. Frega qualcosa? Certo che no.

Parliamo di banche e di finanza illegale? Ah, allora siamo tutti degli esperti.

Potrebbero interessare una serie di rapporti pubblicati da BuzzFeed News che documentano il ruolo delle principali banche statunitensi e internazionali nel riciclaggio e nella circolazione di trilioni di dollari di organizzazioni terroristiche, cartelli della droga e criminali finanziari internazionali assortiti.

Quelle inchieste giornalistiche sono un’accusa non solo alle banche, ma anche ai governi e alle agenzie di regolamentazione occidentali che sono pienamente consapevoli delle attività illegali ma altamente redditizie delle banche.

BuzzFeed scrive che la sua indagine dimostra “una verità di fondo dell’era moderna: le reti attraverso le quali il denaro sporco attraversa il mondo sono diventate arterie vitali dell’economia globale. Un sistema finanziario ombra così ampio e incontrollato che è diventato inestricabile dall’economia legale”.

Uno dei rapporti spiega che “anche dopo essere stati perseguiti o multati per cattiva condotta finanziaria, banche come JPMorgan Chase, HSBC, Standard Chartered, Deutsche Bank e Bank of New York Mellon hanno continuato a trasferire denaro di sospetti criminali”.

Poi in banca ci fanno storie se dobbiamo cambiare un biglietto da 500 euro. Clicca qui e qui.


Nulla

 

L’autunno è già tra i piedi con un giorno d’anticipo rispetto l’equinozio.

Il sole dove abito era atteso per le 7.00 spaccate, ma non s’è visto.

Previsto a Venezia alle 6.58 e a Trieste alle 6.52.
Più a Est, a Napoli, alle 6.51.

Vergine: "Sarà una giornata promettente per nuovi incontri".
Col fruttivendolo e il beccaio?

Pensierino: neanche le cazzate non sono più quelle di una volta.

Che altro? ... nulla.


lunedì 21 settembre 2020

All’origine del revisionismo storico

 

Ispirazione e basi di classe della resistenza italiana

di Rossana Rossanda

La resistenza fu una lotta proletaria, un momento della lotta di classe, o una battaglia “nazionale” contro il fascismo e contro i tedeschi? Non è un problema di storia: è una bruciante questione politica, che corre sulle colonne dell’Unità da qualche settimana.

Il 28 aprile, scrivendo sull’antifascismo dei giovani, Paolo Spriano attacca aspramente i gruppi di sinistra che pretenderebbero di contrapporre una resistenza proletaria – “una resistenza che non ci fu” e che essi “inventano” ora – alla resistenza antifascista unitaria. Un compagno di Sesto San Giovanni protesta: “Ci fu una sola resistenza, e fu una resistenza proletaria”, non nel senso che soltanto la classe operaia vi partecipò, ma che “la parte proletaria della resistenza fu egemone”. Nell’Unità di domenica scorsa Spriano, documenti alla mano, risponde che gli dispiace ma purtroppo non è vero. “Non è vero nella realtà, non è vero neppure nelle intenzioni comuniste”.

Ma ha ragione Spriano? E con lui i dirigenti comunisti che da dieci anni a questa parte compiono un egregio sforzo di riduzione dell’intera storia del Pci a una storia di “partito nazionale”, chiuso nell’orizzonte della “rivoluzione democratico-borghese”?

domenica 20 settembre 2020

Fatto apposta per generare incertezza

 

Forse era il caso, in occasione del 150° anniversario di Porta Pia, di dichiarare il 20 settembre 2020 festa nazionale. Che tra l’altro cade di domenica, dunque senza far sgorgare lacrime ai soliti tutori delleconomia.

Fu festa nazionale dal tardivo 1889 fino ai Patti Lateranensi, firmati nel 1929 dall’anticlericale Benito Amilcare Mussolini, con esorbitante conguaglio a favore del vaticano, poi richiamati tra i principi fondamentali nella costituzione repubblicana, con l’avvallo di Togliatti e Terracini, infine rinnovati da Craxi nel 1984 con congruo benefit annuale, come ben sappiamo.

Quella data, scrive sul Domenicale Luigi Mascilli Migliorini, sancì la fine del Risorgimento e il completamento del lungo cammino che aveva portato gli italiani ad essere, come mai era accaduto prima, una nazione libera e unita, con Roma capitale. 

Vero che ancora una volta, come già quattro anni prima con l’annessione del Veneto, il merito andava alla Prussia, in tal caso grazie allo sgretolamento dell’esercito francese nella battaglia di Sedan. L’Italia diventava, seppur povera, una discreta potenza europea, spina nel fianco della Francia, come volle a suo tempo l’Inghilterra, e una fastidiosa minaccia per l’Austria, come, fino al 1866, auspicò Bismark.

Oggi l’Italia è una potenza economica europea (non si sa ancora per quanto), con alcuna corrispondenza sul piano dell’influenza politica e una sottomissione totale sul piano militare alla Nato.

*

A riguardo di SARS CoV-2, scrive Gilberto Corbellini sul Domenicale:

«Il virus sembra fatto apposta per generare incertezza e costringere a scelte economicamente e socialmente costose, anche in assenza di prove che tali misure saranno efficaci.

[…] Sul piano della percezione sociale, una mortalità non anomala fino ad ora rispetto quella di diverse pandemie influenzali, per non dire della Spagnola, ha spaventato soprattutto il mondo sviluppato che non ha più familiarità con una numerosità (relativa) di morti e la contagiosità dei contatti fisici in assenza di segni che denotino qualche rischio.

[…] Una volta impostata la gestione di una pandemia in modi paternalistici, è difficile tornare indietro, e questo è forse un fattore di rischio sottovalutato nel mondo occidentale: una non meno contagiosa paranoia emergenziale con la quale si possono giustificare paralisi economiche, segregazione sociali e politiche illiberali che avrebbero conseguenze devastanti.»

sabato 19 settembre 2020

La libertà di scegliere

 

«Da quanto tempo i marxisti annunciano che le contraddizioni interne del capitalismo stanno per farlo implodere?» È vero, però non bisogna mettere tutto e tutti nel mucchio della più abusata vulgata del “marxismo”.

Già nel 1850 Marx ed Engels si erano resi conto che nel biennio precedente “il progresso rivoluzionario non si fece strada con le sue tragicomiche conquiste immediate, ma, al contrario, facendo sorgere una controrivoluzione serrata, potente, facendo sorgere un avversario”.

E a riguardo della Parigi del 1871, Marx ebbe a scrivere che non si “attendevano miracoli dalla Comune. Essa non ha utopie belle e pronte da introdurre par dècret du peuple. Sa che per realizzare la sua emancipazione, e con essa quella forma più alta a cui la società odierna tende irresistibilmente per i suoi stessi fattori economici, dovrà passare per lunghe lotte, per una serie di processi storici che trasformeranno le circostanze e gli uomini”.

Di quale capitalismo stiamo parlando? Di un capitalismo che non esiste più da lunga pezza, così come la proprietà privata. Non l’ha abolita il “comunismo”, bensì il capitale stesso. La quasi totalità delle persone di che cosa può dirsi proprietaria? Nel migliore dei casi della propria abitazione, della seconda casa al mare o ai monti, forse della propria bottega (sempre più rare), del laboratorio, dello studio professionale? Pulviscolo.

Oppure proprietari del capannone dove impiegare 20, 30 o anche 50 dipendenti? Basterà che il principale cliente non rinnovi le proprie commesse, oppure non paghi alle scadenze, che la banca sospenda i propri fidi, ed ecco che al padroncino non resterà che appendersi ad una trave, come purtroppo accade non di rado. E sarebbe dunque questa la proprietà privata, diritto sociale a fondamento della nostra libertà nonché del capitalismo?

Già Hobson (1902), Lenin (1917) e Hilferding (1923) avevano posto in chiaro come quel capitalismo della “proprietà privata” si stesse trasformando in qualcosa di molto diverso, non nelle sue leggi, bensì come soggetto alle dinamiche del suo sviluppo, già ben comprese e illustrate dal vecchio con la barba.

venerdì 18 settembre 2020

In Italia, laggiù al Nord

 

In Italia i libri si leggono poco. Pochi i lettori, ma tra questi la maggioranza legge romanzi, libri di cucina e altra indifferenziata. Per favorire le librerie è stata tolta la possibilità di vendere on-line con sconti fino al 15%, imponendo un limite “politico” (max 5%). Per gli acquirenti occasionali questo significa nulla, per gli altri il danno è notevole.

Per gli editori arrivano sempre provvidenze governative di sostegno. L’ultima:

L’articolo 1 “Riparto di quota parte del Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali di cui all’art. 183, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020” al comma 1 prevede che “Una quota, pari a euro 30 milioni per l’anno 2020, del Fondo emergenze imprese istituzioni culturali di cui all’articolo 183, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n.34, è destinata al sostegno del libro e della filiera dell’editoria libraria tramite l’acquisto di libri”.

Anche la biblioteca del Comune dove l’Inps versa mensilmente la mia addizionale ha ricevuto il suo contributo ministeriale, di euro 10.000,90. Quando la burocrazia vuole essere pignola non si fa scrupolo dei decimali. Quali libri sono stati acquistati con questa congrua cifra? Conoscendo l’assessore alla cultura, soprannominato universalmente “birra e panini onti”, non c’era da farsi illusioni: ha delegato “altri” nella scelta. Conoscendo questi “altri”, c’era solo da disperarsi. Hanno acquistato letame. Solo quello, senza eccezione e come sempre.

A suo tempo, un celeberrimo giornalista, occupandosi non incidentalmente in un suo libro di questa laboriosa comunità, pose una domanda all’assessore alla cultura e tempo libero pro tempore (non l’attuale). Risposta riportata nel testo: “Boh” (p. 68). Passano gli assessori, ma la succitata sostanza non cambia.

Esiste anche un “gruppo di lettura” composto quasi esclusivamente da donne, con relativo whatsapp. È un vero peccato non poter pubblicare i messaggi che si scambiano. Esilaranti è dir poco, sul genere del film C’eravamo tanto amati: “Elide: Ho cominciato a leggere il libro che mi hai dato, ammazza che tosto! Gianni: tosto I tre moschettieri di Dumas?”. 


giovedì 17 settembre 2020

Ogni pettine trova i suoi nodi

 

Lo so, il tema caldo di questi giorni sono i soldi rubati dalla Lega. Almeno fino a domenica, poi si vedrà. Mentre sono già in molti a contare e ricontare quanti manifesti si stampano con tutto quel gruzzolo, mi permetto, davanti a mezza bottiglia vuota, di guardare un po’ i conti in casa d’altri.

La Federal Reserve statunitense si è assunta l’impegno con i mercati finanziari di mantenere i tassi d’interesse vicini allo zero per un tempo indefinito (quindi offerta di denaro facile) e di mantenere i suoi acquisti di attività finanziarie (compresa la spazzatura) a sostegno di tutte le aree del sistema finanziario.

Queste le decisioni prese nella riunione del comitato di politica monetaria della Fed di ieri e l’altroieri a ricalco di quanto annunciato il mese scorso al conclave dei banchieri centrali di Jackson Hole.

La Fed sa bene che il mercato speculativo va di pari passo con le aspettative e che bisogna nutrirlo con qualcosa. Ciò significa che il tasso zero continuerà per un periodo indefinito. Come ha notato Powell nelle sue osservazioni introduttive, la proiezione dell’ inflazione mediana del FOMC è dell’1,2% quest’anno, per salire all’1,7% l’anno prossimo e raggiungere il 2% nel 2023.

Vale la pena osservare che nei 12 anni trascorsi dalla crisi finanziaria globale, il tasso d’inflazione non è mai andato oltre il 2%, ed è improbabile che succeda nel prossimo futuro.

L’altra questione chiave nella cosiddetta “forward guidance” è la portata dello stimolo della Fed sui mercati finanziari. Al momento la Fed sta pompando denaro per un importo di 120 miliardi di dollari il mese, ovvero 1,4 trilioni l’anno. Ciò comprende 80 miliardi il mese di acquisti di buoni del Tesoro Usa e 40 miliardi il mese di debito garantito da ipoteca.

Powell ha affermato che questo tipo d’intervento è ben sopra dei livelli di supporto forniti ai mercati finanziari all’indomani della crisi finanziaria del 2008. Dalla gelata del mercato a metà marzo, la Fed ha acquistato quasi 2 trilioni di buoni del tesoro e circa 1 trilione di mutui garantiti, iniziando ad acquistare obbligazioni societarie.

C’è da chiedersi dove sarebbe oggi l’economia americana e quella mondiale senza questi massicci interventi della Fed e di altre banche centrali. Questo sostegno è stato il fattore principale nel riportare Wall Street ai suoi massimi record all’inizio dell’anno e nell’arricchimento delle élite finanziarie.

Il FOMC afferma che nel prossimo periodo la Fed aumenterà le sue disponibilità di attività finanziarie “almeno al ritmo attuale per sostenere il buon funzionamento del mercato e favorire condizioni finanziarie accomodanti”. Questo impegno è stato sottolineato da Powell nella sua conferenza stampa, ovvero quello di escludere qualsiasi riduzione del flusso di denaro (*).

Il potere monetario è sotto ricatto del mercato speculativo.

Powell ha dichiarato che quando sarà il momento, ossia “dopo che la crisi sarà passata, rimetteremo questi strumenti di emergenza nella cassetta degli attrezzi”. Fatto sta che nell’ultimo decennio quel momento non arriva mai.

Va ricordato che quando la Fed ha aumentato i tassi d’interesse quattro volte nel 2018 e ha iniziato a ridurre le sue partecipazioni in attività finanziarie, a Wall Street si è verificata una reazione così avversa che la politica monetaria tesa a rialzare i tassi è stata ritirata all’inizio del 2019, un anno prima che la pandemia colpisse.

Siamo a un fatto nuovo per dimensioni e portata: la crisi del sistema non è più una crisi di ciclo, bensì strutturale e di lungo periodo, con brevi sussulti e ampie ricadute. Non è sfociata finora in una debacle globale totale perché gli Stati vi fanno fronte sommando debito su debito. Ma ogni pettine prima o poi trova i suoi nodi.

(*) Sulle prospettive economiche americane, il FOMC ha affermato di aspettarsi una contrazione dell’economia del 3,7% per quest’anno, rispetto alle previsioni di giugno di una contrazione del 6,5%. Ha abbassato la stima del tasso di disoccupazione per la fine dell’anno dal 9,3% al 7,6%, ma ha potuto evitare di notare che 11 milioni di persone avevano perso il lavoro.


Quel genio della storia dell'arte


Una breve coda a un post recente che aveva ad oggetto i due maggiori vedutisti veneziani del Settecento, Canaletto e Bellotto (il Guardi e Carlevarijs meritano rispetto ma sono altra cosa). Rilevavo in quel post che il contestato utilizzo da parte di Canaletto della “camera obscura” era stato negato anche a margine della recente mostra londinese dedicata allo zio di Bernardo Bellotto. Ora leggo, nel catalogo della mostra milanese Canaletto e Bellotto, lo stupore della luce, presentata alle Gallerie d’Italia nel 2016, quanto scriveva la curatrice Bożena Anna Kowalczyk:

«L’utilizzo di strumenti ottici, professato e anche consigliato nel Settecento dai critici d’arte, porta a creazioni d’arte originali solo se si è capaci di “correggerne i difetti”, come lo era, notoriamente, Canaletto. Gli esperimenti condotti con lo strumento del museo Correr, ad iniziare da Teresio Pignatti, che confrontano gli schizzi dell’album della Galleria dell’Accademia di Venezia con riprese effettuate [dal Pignatti] con questo strumento mettono tuttavia indubbio il suo utilizzo da parte del maestro» (p. 72).

*

Una delle più memorabili frasi della storia dell’arte ebbe a pronunciarla Mr. Bean, nel film L’ultima catastrofe, quando a domanda su quale fosse la sua attività presso il museo egli risponde senza indugio: “Guardo i quadri”. Anch’io, si parva licet, come quel genio del Bean mi limito a guardare i quadri. Basta guardarle le opere del Canaletto per rendersi conto quanto ardita sia la tesi che vuole l’utilizzo sistematico della camera oscura da parte dell’artista di Cannaregio (*).

Escluso che l’abbia utilizzata per realizzare i suoi “capricci”, ovviamente, ma anche altre vedute dov’è palese la cosiddetta “prospettiva a cannocchiale”, che non ha alcun rapporto con la realtà effettuale. E ciò vale anche per Bellotto, laddove per esempio in un disegno (presentato alla mostra di cui sopra) il timpano del tempio in primo piano è riportato in una prospettiva per così dire “problematica”. A titolo esemplificativo La Piazza san Marco verso sud-ovest del Cleveland Museum, sembra ripresa con un fish-eye.

La camera ottica del Museo Correr (cm. 38 x 24,2 x 22,5), donata nel 1901 da Luigi Vason (famiglia di mediocri pittori: Francesco, 1819 – 1899, Antonio e poi Carlo) recante la scritta “A. Canal”, potrebbe essere realmente appartenuta a Canaletto, ma anche frutto di una trovata di qualche burlone. Comunque si tratta di una “scatola” talmente piccola, adatta sì ad essere trasportata agevolmente, ma con un vetro smerigliato di dimensioni tali che si può già da questo dettaglio escludere un sistematico impiego per i propri lavori da parte del Canaletto.

(*) La Corte Perina in Cannaregio, otturato il vecchio e basso sottoportico, che la metteva in comunicazione con calle della Malvasia e Calle dell’Oratorio, ora dà accesso alle stesse calli mediante un nuovo passaggio. Presso quella Corte, al 5484, abitava e morì Canaletto.

mercoledì 16 settembre 2020

A grandi domande, grandi risposte


«Il Movimento 5 stelle è di destra o di sinistra?».
16 settembre 2020, ore 20,53.

«Io credo che possa crescere una convergenza programmatica».
16 settembre 2020, un minuto dopo.

«Bisognerebbe andare, da parete del Partito democratico, persona per persona, soprattutto nei quartieri popolari di questo paese, a spiegare le ragioni per le quali le risposte della sinistra sono le uniche risposte che possono garantire le persone che soffrono di più».
16 settembre 2020, ore 21,05, con enfasi pateticamente convinta.

«Ho governato una città e so cosa significa governare».
16 settembre 2020, ore 21,08.

Reddito e pensione di cittadinanza, alcuni dati


Secondo i dati dell’Osservatorio statistico INPS, aggiornato all’8 settembre 2020, i nuclei beneficiari che hanno percepito almeno una mensilità di reddito o pensione di cittadinanza nell’anno 1919 sono stati rispettivamente 1.248.879 e 144.958, per un totale di 1.393.837 nuclei. Il numero delle persone coinvolte nel reddito e nella pensione sono state rispettivamente, 3.164.993 e 164.904, per un totale di 3.329.897 persone, per un importo medio mensile di 534,35 euro.

Ad agosto 2020 le richieste per reddito o pensione di cittadinanza sono state 1.464.835, quelle decadute 160.576, per cui i nuclei percettori ad agosto risultano 1.304.259, così suddivisi per aree: 802.588 nuclei (per oltre 2,024 milioni di persone) sono residenti tra Sud e Isole, 303.958 al Nord  (quasi 634 mila persone) e 197.713 al Centro (quasi 423 mila persone).

Su un totale di un milione e 168mila nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza, la maggior parte sono residenti in Campania (245.017 nuclei) e in Sicila (214.885), seguiti da Lazio e Puglia, dove in ciascuna delle due regioni lo ricevono circa 108mila famiglie. La provincia con più nuclei percettori resta Napoli (151.186) seguita da Roma e Palermo.

L’importo medio mensile è di 524 euro (562 euro per il reddito e 244 euro per la pensione.

Stando a questi dati, quasi il 6 per cento della popolazione residente in Italia riceve l’assegno per reddito (18 mesi per soggetti in età lavorativa, trascorsi i quali può essere rinnovato, previa sospensione di un mese) o pensione (riconosciuto agli over 67) di cittadinanza. Il conteggio non tiene conto del reddito di emergenza, (Isee sotto i 15mila euro) della durata di due mesi.

Le tabelle qui sotto per le tipologie di cittadinanza e gli importi (clicca per ingrandire).




Questi numeri ci offrono la dimensione del fenomeno, ma non ci dicono nulla in dettaglio sulla situazione sociale e lavorativa dei percettori del beneficio. Che tra costoro vi siano lavoratori in nero e pendagli da forca, è del tutto fisiologico (lesempio di certe pensioni dinvalidità e agricole è di per sé eloquente). Che anche in questo caso basti fotocopiare la legislazione europea più avanzata in materia di sostegno al reddito, al fine di calibrare meglio la misura e magari anche di estenderla a soggetti finora esclusi, pare una richiesta di buon senso, ma questo risulta in contrasto, come del resto molte altre cose, con esigenze di carattere politico.  

martedì 15 settembre 2020

Volevamo la rivoluzione


Siamo nel mezzo di due epoche e di due mondi, e non alle prese di una semplice trasformazione di ciò che è sempre esistito. Pertanto sarebbe il caso di non insistere su ciò che ci sarebbe da riformare del vecchio mondo, posto che non è realistico riformare un mondo che ci sta lasciando in eredità vecchie contraddizioni sul piano economico, sociale e geopolitico.

Volevamo la rivoluzione, ed essa è già qui da un pezzo. Non l’ha fatta il proletariato, alias la classe media occidentale, che anzi l’ha dovuta in gran parte subire e ne scopre ogni giorno l’essenza più tragica, come quando si perde il proprio lavoro; non l’ha voluta nemmeno la borghesia, che però vi si è adattata come sempre con furbizia traendone ogni vantaggio possibile.

Sarebbe sbagliato credere che si tratti solamente di una rivoluzione tecnologica che ci consente di comunicare e scambiare in tempo reale, di produrre in nuove forme e con altri alfabeti. Giustamente è stato osservato che si tratta di una rivoluzione antropologica. Come lo è stata, per esempio, quella tra il passaggio dal nomadismo alla stanzialità.

Per certi aspetti è una rivoluzione ancora più profonda e originale, poiché mette in discussione il ruolo stesso dell’umano nella società e nel mondo. Una rottura inedita rispetto a tutto il nostro passato storico.

Si apre un tempo incerto nel quale tutto può accadere. Spetterà alle circostanze, cioè al caso, decidere e favorire una cosa o l’altra; nel novero del possibile, ovviamente, il quale non accade mai necessariamente, ma secondo legge. Gli uomini possono adoperare tali leggi a proprio vantaggio. Ecco perché hanno ancora un ruolo, che non può essere delegato a nessuna “macchina”, per quanto possa simulare di essere “intelligente”.

L'attentato di Wall Street

 

L’11 settembre 1920, Sacco e Vanzetti furono incriminati per la rapina di South Braintree, accusa che li porterà sette anni dopo sulla sedia elettrica, seppure palesemente innocenti. Il 16 settembre, una potente bomba esplose a mezzogiorno davanti a Wall Street. È il periodo della Paura rossa (Red Scare), la strategia della tensione ante-litteram fomentata negli Stati Uniti, tra il 1918-1920, in concomitanza con i grandi scioperi (compreso il primo sciopero generale), i disordini di un nazionalismo esasperato, le rivolte razziali e i movimenti “nativisti” anti-immigrati.

La bomba era collocata in un carro trainato da cavalli, composta da circa 50 chili di dinamite e alcuni quintali di chiodi. Esplose verso mezzogiorno, trenta persone morirono nello scoppio, altre sei in seguito, 143 sono rimaste gravemente ferite, altre centinaia con esiti meno gravi. La maggior parte delle vittime erano impiegati. La Borsa interruppe ovviamente le contrattazioni.

I responsabili dell’attentato non furono mai individuati. Fu accusato un immigrato italiano, tale Mario Buda, da Savignano sul Rubicone, nel frattempo fuggito in Messico. Rientrato in Italia lavorò per conto dell’Ovra, il servizio spionistico del regime. Buda, morto nel 1963, si dichiarò sempre innocente.

Fu il periodo dei Palmer Raid e dell’ascesa di un certo J. Edgar Hoover, in un paese con marcati tratti reazionari, razzisti e classisti, con un fanatismo religioso aggressivo e la solita copertura mediatica. Un periodo storico poco conosciuto, come tutto ciò che riguarda la storia statunitense non filtrata da Hollywood.

I prudentissimi Morison e Commager, nella loro Storia degli Stati Uniti d’America, non fanno cenno dell’attentato, e però su quel periodo non possono esimersi dall’esprimersi così:

«Tanto perfetta sembrava quella civiltà, dominata dal mondo degli affari, a coloro che ne godevano i benefici, che risultava loro difficile capire come mai gente dabbene potesse trovarla in difetto, e le recriminazioni venivano ascritte a malignità o a mancanza di patriottismo. Nessun buon americano, pensavano, poteva criticare gli Stati Uniti; l’atteggiamento critico era già in sé un segno di antiamericanismo. Il nazionalismo, esaltato durante la guerra, assunse ora un aspetto di speciale virulenza. Si manifestava in un’incredibile varietà di modi: nella revisione della storia e dei relativi libri di testo, nell’ingiunzione agli insegnanti di pronunciare giuramenti di lealtà, nel diniego della cittadinanza ai pacifisti, nella deportazione degli stranieri, nella soppressione delle agitazioni economiche attraverso leggi contro il sindacalismo e contro gli anarchici, nell’epurazione dei corpi legislativi [venivano espulsi i rappresentanti socialisti] e di altre organizzazioni, nella denuncia dello spirito liberale nelle arti e in letteratura, nel rendere inoperante la difesa dei diritti umani sia nell’ambito dei singoli stati e nell’organismo federale» (vol. II, La Nuova Italia, 1961, p. 750).

Tutto ciò non rende ancora l’idea di ciò che accadde concretamente in quella nazione che amava e ama rappresentarsi come il faro della libertà e dei diritti umani.

 

domenica 13 settembre 2020

Una società derubata

 

Nel corso del Novecento sono falliti i sistemi che sostenevano d’ispirarsi al comunismo. Un fallimento la cui ragione si può riassumere nell’opposizione posta alle leggi dello sviluppo economico-sociale e nella teorizzazione di un automatismo transitivo tra struttura e sovrastruttura, fino all’implosione dell’Urss e dei regimi dell’Est, alla rinuncia cinese al maoismo per inserirsi nel processo storico mondiale.

 

Quanto al capitalismo, prendiamo atto della sua irreversibile crisi storica, vale a dire di come questo sistema mostri come le sue contraddizioni assumano ogni giorno di più un carattere di ostacolo assoluto, prefigurando una catastrofe sul piano della sostenibilità sociale, di quella ecologica e della contesa tra potenze imperialistiche.

 

Rapporti di proprietà e sviluppo economico sono diventati antitetici al punto che ogni tentativo di riforma si rivela inutile quanto aleatorio. Basti pensare all’impatto dell’innovazione tecnologica sull’occupazione, il parossismo finanziario e il mancato reinvestimento di una parte consistente dei profitti nella produzione e nel lavoro.

 

Tutto ciò se si ha cura di considerare che quali possano essere le forme sociali della produzione, lavoratori e mezzi di produzione restano sempre i suoi fattori imprescindibili.

 

L’organizzazione tecnica nei vari settori produttivi, garantita dai monopoli corporativi locali, ha rivelato nel lungo periodo la sua funzione conservatrice, dimostrando una volta di più che il capitalismo non può esistere senza rivoluzionare continuamente tutti i rapporti, gli strumenti e le forme del suo dominio.

 

L’investimento in capitale variabile è diventato in gran parte dei settori produttivi strategici di proporzioni quasi trascurabili in rapporto ai giganteschi investimenti fissi, con la progressiva caduta del saggio del profitto, la rapida concentrazione del grande capitale in poche mani, una lotta senza quartiere per il primato sui mercati.

 

Alcune scoperte fondamentali costituiscono la base di un’espansione tecnica di cui non si vede limite. Il loro rapido incalzare fa apparire obsoleto tutto ciò che appartiene al passato, tanto che, per esempio, non sono pochi quelli che ritengono i parlamenti surrogabili alle nuove tecnologie in favore della “democrazia diretta”.

 

Tuttavia è la stessa dimensione nazionale, soggetta a spinte regionalistiche da un lato e alle torsioni della globalizzazione dall’altro, a destare le maggiori preoccupazioni. Continua a prevalere l’antica contrapposizione tra potenze, anche di rango secondario, con la differenza sostanziale rispetto al passato, anche tragico, dell’inedita concentrazione di potenza distruttrice e annientatrice delle nuove armi.

 

Sarebbe pertanto necessario il costituirsi di un movimento globale contro le guerre in atto e per fermare la folle spinta dell’imperialismo e del nazionalismo verso il riarmo e la minaccia bellica. Un simile movimento potrebbe nascere solo sul riconoscimento che la guerra ha la sua fonte nel sistema degli Stati nazionali e negli interessi delle potenze imperialiste, ma nulla è oggi più lontano dal comune sentire di una società derubata dell’effettiva libertà di dibattito su questioni cruciali.