giovedì 10 settembre 2020

Non posso scegliere

 

Pierre de Marivaux era nemico di Jean-François Marmontel, perché, citando una delle sue canzoni, costui aveva dimenticato una vocale; aveva scritto: Dio! Com’era bella! Invece che: O Dio! Com’era bella! (*)

 

Da qualche giorno, un tizio pieno di sé mi canzona anzitutto perché avrei parlato bene di Philippe Daverio, che egli sentenzia fosse “personaggio politicamente reazionario, culturalmente narcisista e socialmente repulsivo”. Insomma un animo miserabile.

 

Vero è che non ho parlato male di Philippe Daverio, perché non ne avevo motivo e anche perché non usa, per creanza, sparare ad alzo zero su persone che sono appena andate in cielo a ricevere la ricompensa delle proprie virtù. Viepiù mi sfugge come si possa considerare Daverio una persona “socialmente repulsiva”.

 

Vorrei scrivere solo per certe persone, ma ovviamente non posso scegliere quali. E saprei evitare benissimo quelle che non vorrei tra i piedi. Quelle le cui opinioni non sono mai sfiorate dal dubbio, che non sanno cos’è scrivere e l’ironia la sciupano con la loro pedanteria. Passano al setaccio ogni parola, cercano l’errore o la svista, anche presunti, per intervenire sentendosi in diritto di decretare la suspicione di tutto ciò che scrivo.

 

Domenica scorsa è stato preso di mira un mio aggettivo: nequizioso. Dice lo stesso saccente censore: il termine corretto è nequitoso. E fin qui siamo alle opinioni. Però non è stato questo il motivo del suo commento, invero un pretesto per insultarmi.

 

Avrei potuto liquidarlo con il silenzio o una sola parola, ma in quel momento non avevo sottomano il dizionario per scegliere la più adatta.

 

Nel caso di nequizioso, è stata una delle rare volte che, prima di scrivere, ho controllato. Alcuni dizionari riportano anche nequizioso e altri no. Tuttavia, anche se nessun dizionario ne facesse menzione, continuerò con l’uso di nequizioso, e tanto basti ai pedanti e ai livorosi.

 

P.S.: per tutti gli altri, la segnalazione di eventuali errori o castronerie è gradita e benvenuta. Siamo tutti peccatori, anche chi si crede in odore d’infallibilità.


(*) Scritto così in Stendhal, segnalo ad evitare chiose sulla preferenza tra o e oh.

10 commenti:

  1. Allora, sempre che faccia parte di tutti gli altri, ti segnalo un apostrofo di troppo.

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    1. cazzo, non è solo di troppo, ma è un errore grave su un singolare maschile. molte molte grazie

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    2. questo mi ricorda una lettera che un lettore inviò a Umberto Eco, nella quale giustamente, a mio modo di vedere, criticava una certa affermazione contenuta nella sua "Bustina".

      Sennonché, improvvidamente, il lettore scrisse "un'altro" con l'apostrofo. apriti cielo, fu il pretesto buono per Eco per dare dell'ignorante al lettore, ignorando a sua volta la critica mossagli.

      vero è che in una lettera, che si ha la possibilità di leggere e rileggere, una simile svista non dovrebbe capitare.

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    3. Ma scrivendo alla tastiera capita facilmente. Supponiamo che uno inizialmente scriva “un’anima miserabile”. Poi rilegge, e pensa che “animo” sia meglio. Corregge la “a” in “o”, ma fatalmente non rilegge una seconda volta. A me una volta è capitato in una email di una certa importanza, con una ventina di destinatari, tutti di cultura elevata. Rossore perenne.

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    4. ormai siamo in due in questo blog, io scrivo e tu correggi le castronerie.
      è infatti esattamente quello che è successo. stavo scrivendo quando mi hanno cacciato dalla stanza per fare le pulizie. ho modificato il testo col cellulare mentre innaffiavo le mie povere piante sempre assetate. poteva andarmi perfino peggio.

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  2. Dal mondo (egemone) anglosassone ci viene il neologismo "nazigrammar" e se ne sentiva davvero il bisogno. Pannella, qualunque opinione si abbia o avesse su di lui, diceva che i pedanti sono quelli che guardano l'unghia sporca del dito di chi indica la luna, e almeno lì aveva ragione. A me viene il sospetto che quando Socrate si opponeva all'uso della scrittura lo facesse anche perché sapeva che c'è sempre qualche pignolo in malafede. (Peppe)

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    1. Ho davanti agli occhi l'elenco cronologico dei ministri della pubblica istruzione dal 1861 a oggi. Mi domando se Francesco de Sanctis, Benedetto Croce, Cesare Correnti, Michele Amari, giù giù fino, se piacciono, a Aldo Moro e Sergio Mattarella, abbiano mai fatto gli errori di grammatica di una Fedeli o una Azzolina. E se per caso non ci sia una correlazione fra la cultura (di cui la conoscenza della lingua è indice sicurissimo) e i contenuti. Se riconoscere questa correlazione è nazismo, pazienza. Sarò nazista, senza essermene accorto. Ipotizzo, però, che questa povertà argomentativa, che si rifugia invariabilmente nella reductio ad hitlerum, sia anch'essa spia di cultura malcerta.

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  3. "Che dirvi? quando mi trovai tra quei miei piccoli amici senza parola, lo gnafalio, il telefio, il mezereo, e tutta quella gualda, mi si aprì il cuore. Procedetti, e principiarono i camepizi, le bugole, gli ilatri, i matalli, gli zizzifi anche, benché, a vero dire, guasti alquanto dall'exoasco o dall'oidio; e zighene e arginnidi (pafie o latonie) e le piccole depressarie passavano di luogo in luogo; e, accanto o sopra me, trochili e peppole, parizzole e castorchie, e l'aria era tutta uno zezzio, un zinzilulio." Il passo è tratto da un "racconto impossibile" di Tommaso Landolfi. Probabilmente un ricercatore di ghiottornie lessicali avrebbe optato, fra i due allotropi ("nequitoso" e "nequizioso"), per il secondo, a differenza di Giorgio Manganelli che preferiva il primo. Si consoli, dunque, cara Olympe, per l'immeritata compagnia. Viceversa chi, in nome della popolarità, fosse propenso a tenere sempre “basso” il proprio linguaggio, escluderebbe a priori la possibilità di un doppio linguaggio: possibilità tacciata spesso di infame snobismo intellettualistico. Chiaramente, è da escludere l’intellettualismo accademico di coloro che già Engels metteva alla berlina come “presuntuosi uomini colti, cui le questioni intricate restano insolubili per tutta la vita”, e che Marx bollava come “genî incompresi” e “sicofanti”. In altri termini, ciò che va stigmatizzato è il vezzo di ritenersi “intellettuali comunisti” anziché “comunisti intellettuali”: il che è una questione di sostanza, e non è solo un'opzione estetica legata alla scelta di una priorità lessicale tra sostantivi e aggettivi.

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  4. E' noto che gli anglofoni sono poco e male disposti a imparare le altre lingue. Ci sono però le eccezioni, come un americano che conoscevo. Trovandosi a possedere una rara skill, ne andava orgoglioso, e la ostentava. Di lui si diceva: non ha niente da dire, ma lo sa dire in sette lingue. Non so perché, dopo tanto tempo, mi viene in mente proprio adesso.

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