Leggo in rete pensose analisi sulla competizione militare e gli attriti tra Cina e Stati Uniti nel Mar Cinese, ossia nel contesto di una concorrenza strategica che si è molto intensificata negli ultimi anni. Ci si spinge, senza nominarle esplicitamente, a considerazioni sulle strategie tit-for-tat nell’ambito dei confronti operativi quotidiani nel Mar Cinese Meridionale, che è un po’ come sentire parlare di calcio al bar.
In genere si tratta di mostrare di avere un’alta stima del predominio marittimo degli Stati Uniti, fatto che peraltro non si può negare. Tuttavia, molto è cambiato nell’ultimo decennio, poiché la capacità militare della Cina è aumentata rapidamente e il progresso della marina e dell’aeronautica è stato notevole (ne ho accennato in questo post dieci anni fa e poi anche quest’altro sulle linee strategiche americane).
D’altro canto le forze aeronavali americane erano abituate a una presenza incontrastata nel Mar Cinese Meridionale e non hanno accolto di buon grado, ovviamente, l’ascesa marittima della Cina, la quale è il più grande stato litorale di quel mare e ha importanti interessi in gioco: sovranità territoriale, acque giurisdizionali, risorse petrolifere e vie di comunicazione marittime.
Pertanto è del tutto naturale che, data la modernizzazione e l’aumentata potenza militare, siano attive nell’area sempre più piattaforme militari cinesi, e che dunque la Cina interagisca con la controparte americana come potenza matura. Sarebbe viepiù legittimo chiedersi che cosa ci faccia permanentemente la VII flotta statunitense sull’uscio di casa della Cina, ma nel merito sono noti gli argomenti sui vantati “interessi” statunitensi in ogni angolo del globo e dello spazio cosmico.
Bisogna tener conto, proprio nell’ambito dei confronti operativi quotidiani, che un’escalation a spirale è altamente possibile, nel senso che una provocazione di una parte inviterà inevitabilmente la rappresaglia dell’altra. E in fatto di provocazioni – sia detto senza simpatie per nessuna delle parti in causa – gli americani sono i soliti cowboy. Per esempio, da aprile all’inizio di maggio, hanno inviato diverse navi da guerra, tra cui la portaelicotteri d’assalto USS America LHA-6, nella cosiddetta “zona di stallo”.
Ecco dunque che il pericolo è concreto e l’idea di un conflitto militare gestito è fantasiosa. Tuttavia le parti in causa hanno così tante piattaforme d’arma ed entrambe sono grandi potenze nucleari, che la fattibilità di una soluzione militare è notevolmente diminuita. Bisognerà poi vedere se al Pentagono e alla Casa Bianca i nervi sapranno mantenersi saldi.
Per quanto riguarda il confronto delle forze militari delle due potenze, è del tutto pacifica l’attuale preponderanza statunitense, e però vanno considerate almeno due questioni al riguardo. La Cina può schierare le proprie forze su uno scacchiere circoscritto, non così gli Stati Uniti, le cui forze sono disperse praticamente su tutto il pianeta, basti pensare allo scacchiere europeo e mediterraneo.
L’altra questione riguarda le nuove possibilità d’attacco convenzionale.
Un aspetto del II conflitto mondiale, quello della tattica di guerra sottomarina, offre a mio avviso un parallelo storico di valutazione idoneo. La flotta subacquea italiana, sulla carta molto numerosa, ebbe successi limitati contro le navi inglesi, e quando si decise di cambiare tattica era ormai troppo tardi. I sommergibili italiani in genere operavano singolarmente, mentre, com’è noto, quelli germanici in Atlantico operavano spesso come “branco di lupi”. È un esempio questo di come la quantità possa trasformarsi in qualità.
Oggi una portaerei e la sua flotta di scorta può far fronte a un attacco missilistico, ma non validamente fino al punto di intercettare e neutralizzare un elevato numero di missili in arrivo contemporaneamente. I cacciatorpediniere pesanti cinesi e altri vettori subacquei e terrestri sono in grado di lanciare nell’insieme e contemporaneamente decine di missili balistici a medio raggio (DF- 26 e DF-21 a guida satellitare) contro un unico obiettivo. È sufficiente che uno di questi missili colpisca il ponte della portaerei per renderla non operativa, e con essa la sua flotta.
Sul tema è nata una controversia sulla capacità dei missili anti-nave cinesi di centrare l’obiettivo, nel caso una portaerei a una velocità di circa 30 nodi. Va considerato che un obiettivo delle dimensioni di una portaerei resta pur sempre vulnerabile in caso di un attacco plurimo di missili balistici a velocità ipersonica.
Quanto al problema demografico della Cina, segnatamente l’invecchiamento progressivo medio della sua popolazione, il problema esiste, ma va anche considerata la dimensione della sua popolazione e il bacino dal quale trarre forze giovani. In definitiva, insisto nel dire che al momento il tempo sta lavorando a favore della Cina, posta anche la situazione sociale e politica degli Usa, i quali devono rendersi conto che il mondo non è quello che sognavano trent’anni fa.
Manca sempre la Russia in questo tuo scacchiere, come mai?
RispondiEliminaNon mi sembra che si possa ignorarla.
Ciao
I russi non pagano abbastanza;)
EliminaSono disposti gli USA ad aprire un fronte sconosciuto dopo aver sviluppato armamenti per il MENA ed avervi giocato al tirassegno negli ultimi trent'anni? Vi sono altri attori insoddisfatti dell'ordine mondiale corrente che potrebbero sostenere la RPC e portare ad un allargamento del conflitto?
RispondiEliminaSono questi due interrogativi decisivi. Dal primo discende che Trump resterà in carica con la sua politica imprenditoriale, che adopera le sanzioni quale leva minatoria. Per il resto non vedo altri soggetti disposti alla carneficina oltre la distante Turchia ed il disperato Iran; dunque la guerra nel mar cinese meridionale mi sembra improbabile nel breve periodo (un lustro). Potrei però sbagliarmi, la Storia è il catalogo degli eventi inaspettati pur senza essere imprevedibili. (Peppe)
caro Peppe, domande lecite sia chiaro, ma l'ultima che hai detto è la migliore
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