martedì 8 settembre 2020

Dati sui quali eventualmente riflettere

 

Il cedimento di Wall Street, alla fine della scorsa settimana, rivela almeno alcune delle speculazioni dilaganti che sono state al centro dell’impennata del mercato dal suo crollo a metà marzo.

 

Motivo principale dell’impennata è stato il sostegno di tre trilioni di dollari fornito dalla Federal Reserve attraverso il suo intervento come sostegno per tutte le aree del mercato finanziario, insieme al suo impegno per mantenere i tassi di interesse estremamente bassi. Questa politica è stata garantita per un futuro indefinito il mese scorso, quando la Fed ha cambiato i parametri della sua politica monetaria rimuovendo la minaccia di aumentare i tassi d’interesse se l’inflazione fosse aumentata e la disoccupazione fosse diminuita.

 

Gli interventi della Federal Reserve hanno portato a un aumento degli indici di mercato fino ai massimi storici raggiunti all’inizio di quest’anno, concentrati sulle maggiori società statunitensi per capitalizzazione di mercato: Apple, Amazon, Alphabet (il proprietario di Google), Microsoft e Facebook con un valore combinato di oltre 8 trilioni.

 

Giovedì scorso l’indice Nasdaq è sceso di quasi il 5%, mentre S&P 500 del 3,5% e il Dow è sceso di oltre 800 punti ossia del 2,8%. Venerdì si sono verificati ulteriori ribassi, più contenuti, dopo che il mercato era sceso bruscamente all’inizio della giornata, ma poi si è ripreso leggermente nelle ultime ore di negoziazione, come del resto è successo ieri, lunedì.

 

Per avere un’idea di ciò che è successo nell’ultimo periodo è significativo l’andamento di Apple: il mese scorso la sua capitalizzazione di mercato ha raggiunto più di 2 trilioni di dollari, rendendola la prima azienda a raggiungere quel livello, avendo guadagnato più di 1 trilione in sole 21 settimane e 700 milioni nel solo mese di luglio.

 

Giovedì Apple ha registrato la perdita maggiore poiché le sue azioni sono diminuite dell’8%, cancellando quasi 180 miliardi di capitalizzazione di mercato, la più consistente avvenuta in un giorno per un’azienda statunitense. Ma l’entità di ciò che avviene è indicata dal fatto che questa perdita è maggiore della capitalizzazione di mercato di 470 delle 500 società elencate nell’indice S&P.

 

Questo indica almeno due cose: il mercato è fatto da un pugno di società, e l’allontanamento di questo ristretto gruppo dal resto del mercato. Stiamo parlando di un mondo della finanza e del mercato completamente cambiato nei suoi protagonisti, tanto che la scorsa settimana il gigante del petrolio e dell’energia ExxonMobil è stato rimosso dall’elenco delle 30 principali società che compongono l’indice Dow Jones. Si tratta della società con la più lunga presenza storica nel Dow: dal 1928 e fino al 2011 è stata la più grande azienda per capitalizzazione di mercato nel mondo!

 

Uno dei fattori chiave nell’impennata dell’alta tecnologia di agosto è stato l’uso di derivati ​​finanziari, in particolare le opzioni call. Un’opzione call è il diritto (non l’obbligo) di acquistare un’azione a un prezzo concordato in un momento futuro. L’acquirente è quindi in grado di realizzare un guadagno se il prezzo delle azioni supera il livello del contratto. In condizioni normali, le opzioni call sono in una certa misura bilanciate da opzioni put, un contratto per vendere un’azione a un prezzo concordato quando gli investitori cercano di proteggersi da potenziali ribassi del mercato. Particolari non secondari: per acquistare opzioni è sufficiente pagare solo il premium, non c’è la necessità di versare il valore intero del titolo; sono a scadenza e le eventuali perdite sono proporzionalmente più contenute rispetto all’acquisto di azioni.

 

Ad esempio, quando Salesforce ha prodotto utili da record, il titolo è balzato del 26%, rispetto a un aumento previsto del 6% se avesse battuto gli utili. Chiaro che c’è una grande scommessa collettiva con leva finanziaria sui grandi nomi tecnologici. Come in ogni gioco d’azzardo ci sarà alla fine chi resterà col cerino in mano, tipo la massa dei piccoli avventurieri che si affretteranno a vendere allo scoperto o acquistare put sulle azioni. D’altronde si vive una volta sola.

 

Negli ultimi mesi, per le azioni a grande capitalizzazione, in particolare su Apple e Tesla, c’è stato un massiccio acquisto di opzioni call, poiché gli investitori hanno puntato sulla previsione che il mercato continuerà a salire. Per esempio, la scorsa settimana il conglomerato finanziario giapponese SoftBank è stato uno dei principali acquirenti di opzioni call nelle società high-tech.

 

Si dice che Softbank abbia realizzato guadagni di trading di circa 4 miliardi di dollari.  Tuttavia la speculazione va oltre Softbank. Secondo Goldman Sachs, il valore nominale complessivo delle opzioni call su singole azioni statunitensi ha raggiunto un livello record nelle ultime due settimane, con una media di 355 miliardi di dollari al giorno, il triplo della media giornaliera tra il 2017 e il 2019.

 

I dirigenti aziendali sembrano essere meno fiduciosi. Secondo i dati compilati per il Financial Times, circa 1.042 amministratori delegati, direttori finanziari e direttori di società statunitensi hanno venduto azioni per un valore di 6,7 miliardi di dollari ad agosto, il livello più alto mai registrato da novembre 2015.

 

Questi sono alcuni dati sui quali eventualmente riflettere nelle pause pubblicitarie della telenovela sanitaria di Berlusconi e famiglia, quando non impegnati a valutare le dichiarazioni filosofiche di tale Azzolina Lucia da Syrakousai.

Nessun commento:

Posta un commento